Due boccioli di rosa legati con una nastro rosa. Petali rossi come le macchie che puntellano un pezzo di strada vicinale dei Pigni, alla periferia di Gravina in Puglia, nel Barese. I fiori, il manto stradale bruciato. Li, Maria Arcangela Turturo, 60 anni e una vita fatta di lavoro e famiglia, è stata massacrata dal peso violento del corpo del marito. Che avrebbe tentato prima di bruciarla viva e poi di soffocarla con la forza dei suoi cento chili, rompendole le ossa della cassa toracica e strozzandole a mano nude, il cuore. Lei è morta dopo essere arrivata in ospedale e aver rivelato quanto le era accaduto. “Mi voleva uccidere”, ha sussurrato con un filo di voce prima di morire. Lui, Giuseppe Lacarpia, 65enne allevatore di bestiame da latte, è finito in manette. Sulle spalle un’accusa pesante: omicidio volontario premeditato. A incastrarlo sono state le ultime parole proferite dalla vittima e un video lungo 15 secondi, in cui il delitto è stato registrato in tutta la sua efferatezza. È successo la notte tra domenica e lunedì dopo una festa di compleanno.
La coppia rientrava a casa, ci sarebbe arrivata di lì a poco se l’uomo – come ricostruito dalle indagini della polizia – non avesse sterzato facendo finire l’auto su cui viaggiava con la moglie contro un muro. Un incidente che in realtà nascondeva un disegno criminale tremendo. Perché il 65enne, affetto da problemi neurologici, avrebbe dato alle fiamme la macchina dopo aver chiuso al suo interno la moglie. Lei, mentre il suo corpo, i suoi abiti e i suoi capelli bruciavano, ha trovato il modo di uscire dall’abitacolo. Claudicante e ustionata, ha cercato di fuggire da un destino che temeva. “Mi ucciderà”, aveva detto Maria Arcangela a una delle sue figlie qualche settimana fa. E ieri ci è riuscito. Perché mentre lei provava a mettersi in salvo, lui l’ha raggiunta e con forza brutale è saltato addosso schiacciandole, con le ginocchia e con le mani, costole e sterno. Lei urlava e lui la sopprimeva. A raccontarlo anche un filmato registrato da una coppia di fidanzati e da una terza persona, spaventati da un’auto che sputava fiamme.
“Ma che stai facendo?”, le parole che la giovane ragazza indirizzava al 65enne. Che dietro le sbarre ci era già finito più di dieci anni fa per aver provato ad accoltellare a morte uno dei suoi figli. “Mi voleva togliere davanti”, ha detto con difficoltà Arcangela a chi le puntava addosso il cellulare. “Mi voleva uccidere. Mi ha messo le mani alla gola”, ha ripetuto alla figlia quando è arrivata in ospedale. Poche parole bisbigliate, tra atroci squarci nel corpo che non le hanno lasciato scampo. La 60enne è morta in una sala del pronto accorso dell’ospedale di Altamura. In un ambulatorio vicino, i medici medicavano il marito: i graffi sul volto, segni del disperato tentativo di salvarsi della moglie. Le violenze non erano sconosciute nella casa in cui viveva la famiglia. Lo ha confermato agli inquirenti, anche una delle figlie della coppia. “Era violento, si ammazzavano di botte”, ha messo a verbale spiegando che le aggressioni erano iniziate quando i conti dell’azienda paterna, specializzata nell’allevamento di mucche e produzioni casearie, erano segnati dal rosso. “Da allora sono iniziati i litigi – ha riferito la figlia – e nel 2009 mamma, presa dalla disperazione, ha dato fuoco al trattore di papà”.
Arcangela aveva provato a salvarsi anche in passato. Litigava col marito e si rifugiava dalle figlie. A casa loro passava dieci giorni e poi tornava da lui. “Stava da me o da mia sorella dieci giorni e poi rientrava a casa”, ha continuato una delle figlie. In ospedale era finita già altre tre volte per le botte del marito. “Mia madre continua a preoccuparsi di lui”, ha aggiunto la figlia parlando con chi indaga. Un uomo con un passato fatto di condanne per reati contro il patrimonio e la persona e che nella mente di ha soccorso sua moglie, è sembrato un anziano seduto sul ciglio della strada accanto a una moglie moribonda di cui custodiva la borsetta.