La maggioranza del consiglio regionale, guidata da Michele Emiliano, fa un passo indietro in merito alla reintroduzione del trattamento di fine mandato, abrogato ai tempi del governatore Nichi Vendola. Durante una riunione dei capigruppo si è deciso di non discutere della reintroduzione del Tfm nell’ultima seduta consiliare. Una norma che avrebbe potuto fruttare per ogni consigliere un assegno di oltre 30mila euro a fine legislatura, per raggiungere anche i 100mila euro per i consiglieri in carica dal 2013, perché con valore retroattivo.
Sulla questione, dopo giorni di silenzio, è intervenuto il governatore Michele Emiliano che ha invitato i suoi a non votare la legge, nonostante abbia riconosciuto il Tfm come un diritto paragonandolo al trattamento di fine rapporto di un lavoratore subordinato. “Avete inteso riproporre la legge e questo sta provocando una mobilitazione di cittadini che sono contrari all’accantonamento della vostra liquidazione da parte della Regione, anche se le vostre aziende datrici di lavoro, a causa dell’aspettativa concessavi per il mandato elettorale, hanno dovuto smettere tale accantonamento. Ancora una volta non avete spiegato all’opinione pubblica che la Regione Puglia (assieme all’Emilia Romagna) è l’unica assemblea legislativa a non accantonare la liquidazione come avviene per ogni altro lavoratore. Vi chiedo di soprassedere al voto e di affrontare questa vicenda a viso aperto, senza timidezze o vergogna”.
Un paragone che ha mandato su tutte le furie la Cgil Puglia. “Come spesso accade – sottolinea Gigia Bucci, segreteria generale della Cgil Puglia – il presidente recita tutte le parti in commedia. Sul trattamento di fine mandato scrive una lettera a sé stesso, perché è forse necessario ricordare che prima di essere presidente è consigliere regionale. Emiliano avrebbe dovuto rispondere a tutti i cittadini. Sui toni e sui contenuti della lettera c’è poco da dire. Siamo di fronte a un atto che nuoce alla democrazia, che allontana ancor più politica e istituzioni. Non si può confondere, artatamente, il diritto al trattamento di fine rapporto di un lavoratore al trattamento di fine mandato di un rappresentante delle istituzioni. A mio avviso è un’operazione politica vergognosa se andiamo a guardare poi le dimensioni degli indennizzi”.