Lidia Poët è stata la prima donna iscritta all’ordine degli avvocati di Torino, ma non la prima avvocatessa d’Italia. Quel primato spetta invece a Giustina Rocca di Trani. La denuncia dell’avvocato Cecilia Di Lernia, assessora alla Legalità e alla Polizia locale del Comune di Trani, accende la polemica sulla serie di sei episodi, diretta dalla regista barese Letizia Lamartire e sbarcata su Netflix dal 15 febbraio, con Matilde De Angelis nel ruolo della giovane laureata in legge a Torino, costretta a fare da assistente al fratello perché non può esercitare l’avvocatura in quanto donna. “Ho inviato due e-mail a Netflix, sin qui senza ricevere risposte. Ho scritto in qualità di avvocato la loro verità narrativa non è la verità storica”, afferma la Di Lernia.
La Poët ha svolto la professione tra la fine dell’800 e i primi decenni del ‘900 e ha recitato un ruolo importante nella battaglia per consentire alle donne di esercitare la professione di avvocato, ma già tre secoli prima, nella seconda metà del 1400, l’aveva anticipata proprio Giustina Rocca. Anche l’Unione Europea nel 2022 ha dedicato la sua torre più alta a lei, mentre William Shakespeare si ispirò a lei per il personaggio di Porzia di Belmonte nel Mercante di Venezia. “Mi fa specie che invece ci sia una serie che offre un messaggio sbagliato – aggiunge la Di Lernia -. Ci siamo confrontati in particolare con alcune componenti del nuovo consiglio dell’Ordine, sentiamo la figura di Giustina Rocca come parte integrante della nostra professione. Non vogliamo che passi un messaggio all’insegna del provincialismo. A Trani è nata anche Maria Festa che era madre di nove figli e ha esercitato la professione forense nel 1500. E in città c’è ancora Palazzo Lambert, costruito nel 1420 dalla famiglia Palagano, dove lei ha vissuto. Tra le civiche benemerenze e c’è anche il premio Giustina Rocca che viene conferito a tutte quelle donne che lasciano un segno nei vari settori del vivere civile. Vogliamo consentire la conoscenza di questa figura del 1400 ad ampio raggio. Sarebbe bello che anche questi grandi colossi avessero piena consapevolezza del fatto che le loro rappresentazioni sono un viatico per la cultura e che quindi le informazioni trasmesse devono essere corrette, altrimenti porteranno a una conoscenza errata”.