Tra tutte le interviste che vi abbiamo proposto finora, quella a Patrizia, è quella che potrebbe essere in assoluto più utile a chi affronta i demoni della depressione e ai loro familiari. Per trent’anni la donna, madre, moglie, professionista tutta d’un pezzo, ha lavorato come pedagogista in una comunità. Un lavoro impegnativo, stressante. Nonostante tutto Patrizia mai avrebbe immaginato di poter cadere come tanti altri nell’abisso della depressione. Nessuna voglia di uscire, di curarsi, di badare alla sua famiglia e con tanti pensieri brutti in testa, compreso il desiderio di farla finita una volta per tutte.
Un peso sul cuore, per qualcun altro sulla testa o sullo stomaco, senza intravedere in nessun modo un’alternativa a quella reclusione forzata. E nel frattempo vedere la famiglia sgretolarsi, senza neppure rendersene conto. Un disastro umano, diventato negli ultimi tempi la principale causa di mortalità nel mondo. Si muore di depressione più di quanto si muoia di cancro. Nell’abbraccio di Patrizia abbiamo avvertito tutto il peso della sua condizione e della nostra responsabilità, ben lontana dal codice deontologico del nostro mestiere, troppo vecchio nelle regole per riuscire a essere davvero al servizio dei bisogni della gente.
Ringraziamo Patrizia per il coraggio di averci chiamato e per aver vinto l’indecisione. Ascoltate ciò che la depressione può provocare e non confondetela con una normale tristezza, con l’apatia di un momento no. L’idea di Patrizia è quella di creare un’associazione che possa aiutare pragmaticamente tutte le persone depresse e i loro familiari, potendo ricevere aiuti concreti. Un’idea che continueremo a portare avanti, convinti che se ne debba parlare – seppure con le giuste modalità -, perché i drammi, qualunque dramma, non passano per il solo fatto di non averne parlato. Grazie Patrizia, non smettere mai di combattere.