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Le società, i mutui e l’attico in via Melo: così Olivieri “riciclava” i soldi del 5 per mille della sua Fondazione onlus

1 Marzo 2024
– Autore: Redazione Quinto Potere
1 Marzo 2024
– Autore: Redazione Quinto Potere

C’è anche la Fondazione Maria Rossi al centro dell’impero di Giacomo Oliveri su cui gli inquirenti stanno cercando di fare chiarezza. Si tratta di una fondazione creata nel 2005 per assistere pazienti disabili gravi e malati oncologici, ma che in realtà non ha svolto chissà quante attività benefiche, anzi. La Fondazione è stata prima amministrata da Olivieri e poi da un suo prestanome. La Fondazione ha avuto lo status di Onlus nel 2011 e dal 2012 ha iniziato a percepire i fondi derivanti dal “cinque per mille”, soldi che Olivieri avrebbe utilizzato per tornaconto personale. Quanti in totale? Ben 1.768.931,73 euro, questa è la cifra intascata dalla Fondazione dalla gente convinta che fossero destinati alla beneficienza, ma così non era.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini, la Fondazione Maria Rossi Onlus sarebbe diventato un mezzo per effettuare diverse operazioni finanziarie e immobiliari. Un esempio è la villa di Polignano con la quale Olivieri ha “trasferito buona parte del suo patrimonio immobiliare in favore della Fondazione, traslando contemporaneamente su di essa il pesante onere connesso al pagamento del mutuo ipotecario che è rimasto (sebbene in parte) a carico dello stesso ente”, come si legge nelle carte. Un passaggio chiave riguarda proprio il cinque per mille e le donazioni, “erogate alla Fondazione per scopi sociali ma in realtà distratte da Olivieri per scopi personali”.

“La Fondazione Maria Rossi Onlus, nata con scopi benefici, è risultata sin dall’inizio al diretto servizio di Olivieri Giacomo che l’ha gestita come fosse cosa propria, in spregio ai fini istituzionali e sociali per cui era stata costituita”, si legge ancora nelle carte. I soldi donati dai contribuenti “ignari” di tutto venivano utilizzati per il “pagamento delle rate di un mutuo”, per “acquistare l’appartamento in Bari, via Melo” e per “finanziare le altre società a lui riconducibili precostituendosi titoli verosimilmente fittizi”.