Ciò che leggo dalle carte sull’inchiesta che ha portato all’arresto di Giacomo Olivieri, sua moglie consigliere comunale Maria Lorusso e decine di altre persone, mi ha lasciato per qualche momento sotto shock. Le carte, tuttavia, dicono solo una parte della realtà di quel periodo buio a cavallo tra la fine del 2018 e la metà del 2019. Per la verità non è stato meglio fino al momento della vendita del Quotidiano Italiano, nel 2020. Drammatico alla stessa maniera, ma per altri motivi. Non ci siamo piegati ai desiderata di Olivieri, come leggo. Lo abbiamo assecondato, tenuto a bada e contenuto. Decine di volte la sue richieste sono rimaste inevase o se l’é viste largamente modificate. Un atteggiamento spesso al centro di discussioni anche accese. E quando era nella fase di delirio, essendo suo il giornale, pubblicavamo a firma della redazione. Certo, ne ero il direttore, ma in quei casi si può fare davvero poco. Come per decine di altri quotidiani la linea politica la traccia l’editore.
Molti vivono e si riconoscono per l’essere di parte. Noi, al netto di quel periodo, ci siamo sempre impegnati a essere legati solo alla verità. E anche in quel periodo, le nostre inchieste non sono state influenzate da quel delirio di onnipotenza. Il blitz di cui abbiamo dato notizia a giugno del 2019, niente aveva a che fare con le indagini dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Olivieri. E il finanziere che ci ha passato la notizia, pubblicata ovviamente dopo l’esecuzione del blitz, non è più o meno infedele, così è stato definito, di tutti i carabinieri, poliziotti, finanzieri, dipendenti pubblici che, a vario titolo, ci informano di notizie che altrimenti resterebbero non dette. Esattamente come succede in una qualunque redazione.
Nel periodo incriminato, poi, mi viene contestato di non aver rispettato la sospensione di due mesi inflittami dall’Ordine dei Giornalisti per una serie di 8 segnalazioni accumulate in 5 anni, di cui due giudicate passibili di sanzione. Anche in questa occasione si trattò di due storie che nulla avevano a che fare con la vicenda. Nessun video, nessun articolo firmato per quel lungo periodo, coi danni che questo comporta, ma la frequentazione della redazione, per coordinare e contenere le attività private della testata giornalistica. E come previsto fu nominato un altro direttore, non un prestanome, ma un collega di assoluto valore, rimasto in carica ben oltre quel periodo e la cessione del quotidiano.
Le carte non disvelano tutto ciò che in quel periodo abbiamo fatto, la lotta al malaffare, all’abusivismo, allo spaccio di droga e a qualunque attività illecita, contrastate dal primo minuto senza mezzi termini e senza fare sconti a nessuno. Solo a Olivieri per l’inchiesta sulla Multiservizi, così come hanno fatto altri colleghi quando i loro editori sono stati coinvolti in alcune inchieste. L’elenco è lungo. In conclusione, per quanto può servire ciò che conoscevamo o abbiamo visto, restiamo a disposizione della Magistratura nel caso di ulteriori approfondimenti.
Editoriale
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