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Mafia a Bari, estorsione e spaccio di droga: al via il processo bis per 84 affiliati al clan Strisciuglio

21 Marzo 2024
– Autore: Redazione Quinto Potere
21 Marzo 2024
– Autore: Redazione Quinto Potere

Nella giornata di ieri si è tenuta, nell’aula bunker di Bitonto, la prima udienza del processo d’appello in cui sono coinvolti 84 imputati, condannati in primo grado a pene fino ai 30 anni di reclusione per diversi reati tra cui quelli di associazione mafiosa, traffico e detenzione di droga e armi, estorsioni a commercianti, lesioni e di una rissa avvenuta nel carcere di Bari nel gennaio 2016 in cui furono coinvolti 41 detenuti con lamette e taglierini e rimasero feriti anche alcuni agenti penitenziari.

Al termine della requisitoria nel primo processo, celebrato sempre nell’aula bunker del Tribunale di Bitonto, i pm Iolanda Daniela Chimienti e Marco D’Agostino avevano chiesto la condanna per i 135 imputati che avevano scelto il rito abbreviato (altri 15 sono stati rinviati a giudizio) invocando pene comprese tra i 20 anni e i 22 mesi di reclusione. La pena più alta, 30 anni, fu inflitta a Giuseppe Misceo detto ‘Peppino il fantasma’. Tra gli altri sono stati condannati a 20 anni di reclusione i boss Vito Valentino, Lorenzo Caldarola, Alessandro Ruta, Saverio Faccilongo, Vito Catacchio e Giacomo Campanale.

L’indagine di polizia e carabinieri, chiamata “Vortice maestrale”, ha ricostruito – anche grazie alle dichiarazioni di 21 collaboratori di giustizia – gerarchia e attività illecite del clan, dal 2015, per il controllo del territorio nei quartieri baresi Libertà, roccaforte storica del gruppo mafioso, San Paolo, San Pio-Enziteto, Santo Spirito e San Girolamo e nei comuni di Palo del Colle e Conversano. Tra gli episodi contestati ci sono un tentativo di intimidazione alla famiglia di un “pentito” della provincia, con 600 grammi di tritolo lasciati davanti alla porta di casa, aggressioni con mazze da baseball per donne contese, lettere dal carcere con ordini di uccidere, droga e telefonini fatti entrare nelle celle con fionde, droni o tramite parenti in visita. Gli imputati sono stati condannati a risarcire le parti civili: l’associazione Libera e il Comune di Bari.