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Mafia e riciclaggio, in 28 a processo a Bari: tra loro esponenti del clan Parisi avvocati e imprenditori

16 Giugno 2022
– Autore: Redazione Quinto Potere
16 Giugno 2022
– Autore: Redazione Quinto Potere

La gup di Bari Ilaria Casu ha rinviato a giudizio 28 imputati, tra i quali i tre avvocati baresi Massimo Roberto Chiusolo, Fabio Mesto e Pierdomenico Bisceglie (interdetti per un anno dalla professione per quattro episodi di trasferimento fraudolento di valori) al termine dell’udienza preliminare ‘Levantè sul presunto riciclaggio, anche all’estero, di denaro derivante da attività illecite, di evasione fiscale e frode sulle forniture di carburante.

Il processo inizierà il 20 settembre. Nel procedimento sono coinvolti anche un commercialista, Francesco Paolo Noviello, diversi imprenditori, oltre a esponenti del clan mafioso Parisi di Bari, accusati a vario titolo di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alle frodi fiscali, al riciclaggio e all’autoriciclaggio dei relativi proventi nonché al trasferimento fraudolento di valori, al contrabbando di prodotti energetici, alle estorsioni, al traffico di sostanze stupefacenti e alla detenzione illegale di armi con aggravante mafiosa.

Complessivamente gli imputati per i quali la Dda aveva chiesto il rinvio a giudizio erano 79. Per i 19 che hanno scelto il rito abbreviato, tra i quali Emanuele Sicolo, noto come “il killer” del clan Parisi e i pluripregiudicati Antonio Paolo Zefferino e Luigi Spinelli, ritenuti ai vertici del presunto sistema illecito ideato dall’imprenditore bitontino Francesco Giordano, i pm hanno chiesto condanne tra i 20 e i 2 anni di reclusione (20 per Zefferino, 18 anni e 4 mesi per Spinelli, 11 anni e 10 mesi per Sicolo, 10 per Giordano).

Altri 33, tra cui Noviello, hanno chiesto di patteggiare pene comprese tra i 4 anni e i 22 mesi di reclusione. Nel processo sono costituiti parte civile il Ministero dell’Economia e Finanza e l’Agenzia delle Entrate. L’inchiesta della Dia e della Gdf, coordinata dai pm Fabio Buquicchio e Bruna Manganelli, ha accertato un volume di affari ritenuto illecito pari a circa 170 milioni di euro, realizzato attraverso un sistema di aziende consorziate, società cartiere e frodi fiscali nei settore della commercializzazione di carne e idrocarburi, con la complicità dei professionisti compiacenti e, nella fase della «monetizzazione», della criminalità organizzata barese che avrebbe poi reinvestito parte dei proventi nel narcotraffico.