“Per me non è stato Michele, lui è sempre stato buono. Per me non è stato lui, quello che dice non è vero”. Così Vincenzo Romano, un amico d’infanzia di Michele Misseri, che questa mattina si è presentato davanti alla villetta in via Deledda 22, ad Avetrana, dove fu uccisa Sarah Scazzi, avendo saputo della scarcerazione di zio Michele che ha scontato una condanna a 8 anni di reclusione per la soppressione del cadavere della nipote, e ha beneficiato di una riduzione detentiva di 596 giorni. Non era solo. In tanti si sono radunati davanti alla villetta, chiusa al traffico e presidiata dalle Forze dell’Ordine. In paese c’è chi da tempo è pronto ad accoglierlo “per fare con lui una partita a carte”, chi afferma che “ha espiato la sua pena ed è giusto che torni alla sua vita, lavorando nei campi se è quello che desidera fare”, e chi dice “basta al circo mediatico” perché “vogliamo conservare la nostra tranquillità”. L’ingresso dell’abitazione è coperto da un telo nero sfilacciato. Sembra che nei giorni scorsi sia stata ripulito l’interno dell’abitazione e sia stata ripristinata la corrente elettrica. Una cognata ha portato dei vestiti puliti. Ma per ora Misseri non tornerà lì.
“Sono contento – ha aggiunto Romano, assediato dai cronisti – del ritorno in libertà di Michele. Gli ho scritto più volte, quasi ogni mese, mi ha raccontato la sua vita in cella, che cucinava per gli altri detenuti. Nelle lettere non parlavamo della vicenda giudiziaria anche se lui ha ripetuto in tv di essere il colpevole. Lo sto aspettando, se vuole può venire a casa mia. Può darsi che l’abbia preso mio figlio dal carcere ma ho saputo anche che si era offerto un prete di accompagnarlo”. Nelle lettere, Michele gli “chiedeva dei suoi terreni. Quando arriva qui – ha detto Vincenzo Romano – si occuperà prima di tutto di sistemare la casa. Penso che voglia venire a vivere qui. Mai una parola comunque su moglie e figlia. Diceva che era stato male in carcere, ma ora potrà tornare a lavorare nei campi, a cui continua a tenere molto”.