Ci sono voluti quasi trent’anni di controversie giudiziarie per dimostrare l’estraneità di Luca Marinelli, classe 1977, all’omicidio di Angelo Di Benedetto, avvenuto la sera del 2 giugno 1996 nella piazza di Valenzano. L’episodio era stato ritenuto dagli inquirenti la reazione del costituendo Clan Strisciuglio al tentato omicidio di Vittorio Scavo, avvenuta la mattina stessa sempre a Valenzano. Dell’omicidio Di Benedetto erano stati originariamente accusati, oltre a Marinelli, anche Armenise Michele, Cariola Luigi, Giangregorio Pietro, Strisciuglio Sigismondo e Lamura Pasquale.
Nello stesso procedimento erano imputati, per l’omicidio di Molfetta Michele avvenuto a Bitritto il 18 febbraio 1993, tra gli altri, anche Lopiano Giuseppe, classe 1976, e Ladisa Giuseppe, classe 1977. Le prime indagini, originariamente archiviate, furono riaperte nel 2008 e si giunse così all’udienza preliminare celebratasi nel 2015 innanzi al GUP del Tribunale di Bari che assolse Strisciuglio Sigismondo e Cariola Luigi, condannando alla pena di 30 anni per omicidio premeditato Armenise Michele, Lamura Pasquale e Giangregorio Pietro. Con la stessa sentenza fu dichiarata l’incompetenza funzionale per Luca Marinelli, che all’epoca dei fatti era minorenne. Stessa sorte toccò a Lopiano Giuseppe e Ladisa Giuseppe, anch’essi minorenni all’epoca dell’omicidio Molfetta.
In sede di Appello, la Corte di Assise ha poi assolto Lamura Pasquale e dichiarata la prescrizione per Giangregorio e Armenise, in quanto ritenuta insussistente l’aggravante delle premeditazione, atteso il breve lasso di tempo tra la reazione e la causa della stessa. Ottenuti gli atti per competenza, hanno preso corso le indagini a carico di Lopiano e Ladisa per l’omicidio Molfetta e di Marinelli Luca per l’omicidio Di Benedetto, innanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori. Ovviamente, a fronte dell’esclusione dell’aggravante della premeditazione riconosciuta con Sentenza della Corte di Assise di Appello, la Procura Minorile avrebbe potuto archiviare per prescrizione anche nei confronti di costoro. Per evitare che ciò avvenisse, decise per il rinvio a giudizio contestando, per contro, la sussistenza dei motivi abietti e futili, che rende – oggi – il fatto imprescrittibile e punibile con l’ergastolo.
La Difesa, rappresentata per tutti e tre dall’avvocato Giuseppe Benvestito, ha scelto di perseguire la strada del dibattimento e non di riti alternativi. Alla prima udienza innanzi al Tribunale, si è avuta la sentenza di proscioglimento per Lopiano Giuseppe e Ladisa Giuseppe, perché si è dimostrato che, al momento dell’omicidio Molfetta, erano entrambi detenuti presso l’Istituto Minorile Fornelli di Bari. Il processo è proseguito a carico del solo Marinelli. Terminata l’istruttoria dibattimentale, durata un quadriennio e che ha visto nuovamente scorrere investigatori, periti, testimoni e collaboratori di Giustizia, il processo si è concluso con l’assoluzione del Marinelli per non aver commesso il fatto, pur a fronte della richiesta di condanna da parte della Procura. Si resta in attesa di conoscere le motivazioni nei prossimi 90 giorni.