I Carabinieri del Comando Provinciale di Bari hanno eseguito, come riportato ieri, un’ordinanza applicativa di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale di Bari su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nella quale vengono riconosciuti gravi indizi di colpevolezza nel procedimento a carico di quattro persone accusate a vario titolo dell’omicidio aggravato in concorso di Biagio Genco, il 32enne scomparso da Altamura il 17 novembre 2006. Il suo cadavere non è mai stato trovato.
In carcere sono finiti Giuseppe Antonio Colonna “il fighetto”, Michele D’Abramo il “Terribile”, Giovanni Sforza “Washington” e Nicola Cifarelli. I 4, tutti di Altamura, sono accusati anche di detenzione e porto illegale di armi, con l’aggravante del metodo mafioso. Sono stati loro a eseguire il piano messo a punto dai fratelli Mario e Bartolo D’Ambrosio. Il primo è un collaboratore di giustizia e si è autoaccusato del delitto, il secondo invece è stato assassinato nel settembre 2010.
Nel giorno del suo compleanno Biagio Genco rimase vittima di una trappola, solo per aver messo in discussione la leadership del clan D’Ambrosio all’epoca dei fatti potentissimo sul territorio. Nella vicenda però è coinvolto un altro protagonista, si tratta di Giuseppe Bruno che si ritrovò sul luogo dell’omicidio. “Là non ci doveva stare, quando vide che avevamo sparato sbiancò e rimase immobile. Altre persone al posto nostro lo avrebbero ucciso ma noi sapevamo che era una brava persona e un devoto a mio fratello. Del resto, a Bartolomeo nessuno poteva dire di no”, la ricostruzione di Mario D’Ambrosio. A Bruno fu ordinato di rimanere in silenzio e così fece, ma rimase coinvolto nella vicenda, trascorrendo tre anni in carcere e uno ai domiciliari, prima di affrontare diversi processi fino all’assoluzione piena. “È vero, io potevo dirlo anche nel 2006 che era stato Mario D’Ambrosio ma che ne sapevo come funzionava con loro due in giro ad Altamura… Io ho una famiglia…”, le sue parole dopo la sentenza della Cassazione.