A un anno dalla condanna, la famiglia di Paolo Labriola, la psichiatra uccisa nel Centro di salute mentale del quartiere Libertà, non ha ancora visto un centesimo del risarcimento dovuto dalla Asl di Bari, responsabile civile. Come sottolinea il marito della dottoressa a Repubblica, nei mesi scorsi è stato comunicato un problema burocratico per la liquidazione del risarcimento. “Noi non abbiamo bisogno di quei soldi, ma credo che tempi così lunghi siano incettabili in altre situazioni, quando ad aspettare il risarcimento è una famiglia con difficoltà economiche”.
Nel processo l’ex direttore generale della Asl, Domenico Colasanto, era stato condannato per omicidio colposo a 3 anni e 6 mesi, l’ex funzionario Alberto Gallo, per falso nella compilazione di rischio, a 3 anni. Secondo l’accusa, la cui tesi è stata accolta dal giudice di primo grado, le omissioni dei due hanno reso il centro insicuro, permettendo al paziente Vincenzo Poliseno di uccidere la dottoressa Labriola con 57 coltellate, condannato a 30 anni di reclusione.
Dopo la condanna l’ex dg e la Asl sono stati condannati a risarcire il marito Vito Calabrese, i tre figli della vittima, la madre, la sorella e l’ex marito. I giudici hanno disposto un ri9sarcimento di 50mila euro a ciascuno dei 4 famigliari conviventi e 30mila a ciascuno dei non conviventi, per un totale di 290mila euro. Risarcimento che dovrebbe diminuire dopo il decesso della madre della dottoressa.