“Non possiamo aspettare la perdita di una ulteriore vita umana perché si mettano in atto misure di salvaguardia idonee a garantire il diritto alla sicurezza degli operatori sanitari, così come previsto dalla legge.” – è quanto si legge nella lettera inviata oggi, a seguito dell’ennesima aggressione ad un operatore sanitario, dall’Ordine dei medici di Bari al Presidente della Regione Puglia, al Prefetto di Bari e al Direttore Generale della ASL Bari.
“Gli appelli, le denunce e le manifestazioni effettuate in passato dai medici per rivendicare questo diritto non sono stati sufficienti ad impedire la spirale di violenza che in questi giorni si registra nella nostra Regione”. – continua la lettera che sottolinea come da tempo gli Ordini e i sindacati abbiano “proposto modelli e soluzioni per fronteggiare il fenomeno, invero presente sull’intero territorio nazionale, della violenza nei confronti degli operatori”.
L’Omceo Bari considera urgente intervenire su almeno due profili di sicurezza: l’isolamento dei medici che operano nelle sedi di Continuità Assistenziale e il controllo di sicurezza nel momento dell’accesso alle strutture sanitarie e propone “l’accorpamento dei medici di un ambito territoriale in un’unica sede dopo le ore 22,00, in modo tale che i professionisti possano effettuare gli accessi domiciliari non più da soli”. Rispetto al secondo aspetto, occorre impedire “di introdurre armi od oggetti atti a offendere nelle strutture sanitarie, considerando che la dott.ssa Paola Labriola, a Bari, è stata uccisa con 57 coltellate nell’ambulatorio della ASL ove lavorava”.
L’Ordine ribadisce la propria disponibilità alla collaborazione con le autorità per l’adozione delle più idonee misure organizzative e di sicurezza, al fine di riportare la necessaria serenità negli operatori sanitari, e anche per garantire i servizi sempre più indeboliti dalle dimissioni di medici esasperati.