“Buongiorno signor Antonio, io sono la moglie di un collaboratore di giustizia. Mio marito era il boss di Napoli”. Inizia così la telefonata che qualche giorno fa il nostro direttore ha ricevuto sul suo numero di telefono. Dall’altra parte c’è una donna che ci ha chiamato per raccontare la sua verità e la sua versione dei fatti, dopo la testimonianza fornita da Sofia.
“Siamo collaboratori di giustizia. Non è vero che Roma non ti aiuta, non è vero. Mio marito è uscito dal programma, abbiamo avuto 130mila euro di buonuscita, come la chiamano noi – racconta -. Ci siamo comprati un appartamento, mio marito lavora da quando è uscito dal programma. Guadagna 4mila euro al mese. Il lavoro lo ha trovato da sé, anche se mio marito è come se stesse ancora in carcere. Ha gli orari solo per andare al lavoro, poi il sabato e la domenica può uscire tutto il giorno con la famiglia. Come se stesse scontando metà della pena a casa. Quando sono andata via da Napoli, avevo due bimbi piccoli come la signora. Roma mi ha trovato il lavoro, te lo trovano se vuoi lavorare. Io ho accettato con tutto che prendevo 1370 euro. Roma mi pagava l’affitto, io pagavo solo la luce e il gas. Io sono andata al lavoro. Chi vuole lavorare sotto il programma, puoi lavorare. Ti ho chiamato con lo sconosciuto perché ho paura, non è vero che Roma ti abbandona su tutto. Chi dice il contrario fa danni sotto il programma. Ci sono alcune regole. Nessuno deve sapere dove stai, nessuno dei familiari può entrare a casa tua e non ti puoi spostare dal posto dove loro ti mettono”.