Daniela e Alceste, figli maggiori di Francesco Cavallari, il fondatore delle Case di cura riunite, volevano eliminare definitivamente la parola “mafia” dalle loro vite. In questi anni i familiari di Cavallari, morto a 83 anni a Santo Domingo, sono stati additati come i parenti del re della sanità barese che pur di fare affari era sceso a patti con la mafia. Per questo motivo Daniela e Alceste, tramite i loro legali gli avvocati Gaetano Sassanelli, Vittorio Manes, Mario Malcangi e Valeria Volpicelli, hanno deciso di chiedere alla Corte d’appello di Lecce di revisionare il processo nel quale il padre patteggiò la pena di un anno e dieci mesi di reclusione per associazione mafiosa, corruzione e reati fiscali. Ottenuta la revisione, ieri, in tarda serata, i giudici dopo una discussione durata per ore hanno revocato la sentenza emessa dal gup di Bari nel 1995, divenuta definitiva nel ’96, assolvendo l’ormai defunto Francesco Cavallari dall’accusa di associazione mafiosa. Commozione da parte della famiglia del manager per i risultati ottenuti e tanto sperati da Cavallari quando era in vita.
Con questa decisione adesso gli eredi potranno iniziare una battaglia legale per la restituzione di una parte dei beni da 350 miliardi di lire sequestrati e confiscati, potranno chiedere anche un risarcimento allo Stato dato che alcuni dei beni sono ormai irrecuperabili. Cavallari ripeteva che “nella vita ho fatto tante cose, nel bene e nel male, ma non mai stretto accordi con i mafiosi”. E dopo quasi 27 anni è stata ottenuta l’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa. “Come difensori oggi c’è molto poco di cui esser contenti perché si è certificata la più grossa ingiustizia consumata nel nostro distretto di corte di appello, senza che la vittima di questa ingiustizia abbia potuto assistere al suo riscatto. Il dottor Cavallari è stato lasciato morire in esilio come il peggiore dei mafiosi ed oggi invece è stato finalmente ufficializzato quel che in realtà tutti sapevano e cioè che mafioso non lo è mai stato. Se quella è stata l’operazione speranza questa è stata l’operazione verità” sottolinea l’avvocato Sassanelli.