Associazione di tipo mafioso, estorsione aggravata, rapina, detenzione e porto di arma da fuoco e reati in materia di sostanza stupefacenti. Sono queste le accuse che gravano su 14 soggetti ai quali la Polizia di Brindisi, dalle prime ore dell’alba, ha applicato l’ordinanza di applicazione della misura cautelare emessa il 9 agosto dal Tribunale del Riesame di Lecce, impugnata e poi diventata irrevocabile in Cassazione.
Il provvedimento, eseguito dagli investigatori della Squadra Mobile di Brindisi, con il supporto degli equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine “Puglia Meridionale” e del Commissariato di Mesagne, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Lecce, è il risultato di un’indagine che segue gli arresti già avvenuti lo scorso 14 luglio, e che ha permesso di accertare ruoli e competenze del gruppo malavitoso organico alla frangia brindisina dell’associazione di tipo mafioso “Sacra Corona Unita” e operativo nei quartieri Sant’Elia e Paradiso della città di Brindisi. In carcere sono finite sei persone che avevano ruoli apicali all’interno dell’organizzazione, di cui alcuni erano già detenuti per altra causa. Agli arresti domiciliari sono finiti altri sette soggetti, due dei quali anch’essi già ristretti per altra causa
Le indagine ha consentito di disvelare vari presunti episodi di estorsione ai danni di alcune attività commerciali del centro e della periferia di Brindisi costretti a pagare anche con cadenza settimanale, una somma di denaro definita “punto”. Gli investigatori della Polizia di Stato hanno altresì fatto luce su un presunto episodio di rapina avvenuto in un noto bar di Brindisi, nel corso della quale furono arrestati, in flagranza, i quattro autori materiali che agivano per conto di un esponente di spicco del clan malavitoso presente durante la rapina ma dileguatosi subito dopo in compagnia di un complice all’epoca non identificato, entrambi colpiti nella giornata odierna dal provvedimento cautelare. L’attività investigativa ha consentito, infine, di disarticolare una presunta rete di spaccio di sostanze stupefacenti riconducibile al clan malavitoso e di documentare come gli esponenti delle piazze di spaccio versavano probabilmente parte dei guadagni dell’attività delittuosa in favore della consorteria criminale sotto forma di “punto”.