“In una regione come la Puglia, dove l’agricoltura rappresenta uno dei settori trainanti l’economia, gli specialisti addetti a prevenire le avversità meteorologiche e fitosanitarie, a salvaguardia delle colture e per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, sono stati destinate a svolgere pratiche burocratiche, lasciando di fatto sguarnito un servizio fondamentale per le aziende”.
È quanto denuncia la Flai Cgil Puglia, che punta l’indice contro l’Arif e la Regione Puglia, che disattendono una legge approvata nel 2017. “Infatti dopo un faticoso percorso legislativo durato alcuni anni e mirato a non disperdere quelle professionalità, alla fine del 2021, ai sensi della legge regionale n. 33/2017, gli specialisti provenienti dai Consorzi di Difesa per la difesa delle produzioni intensive agricole, sono stati inseriti stabilmente in ARIF – si legge nel comunicato -. Ma destinati ad altre funzioni”.
“La 33/2017 è una legge che ha adeguato le funzioni regionali alla normativa nazionale e comunitaria in materia di difesa attiva e integrata delle colture agrarie, dalle avversità metereologiche e fitosanitarie in relazione a quanto previsto dal Piano di Azione Nazionale – spiega Antonio Gagliardi, segretario generale della Flai Cgil Puglia. Approvata con carattere d’urgenza – ma che la Regione Puglia, attraverso l’ARIF cui la norma stessa affida finalità e attività, stenta a garantire. Queste professionalità, per alcuni decenni, hanno rappresentato un fiore all’occhiello per la nostra regione, ritenute importanti nel circuito relazionale dei consorzi di difesa operanti sul territorio nazionale”.
“Oggi, nonostante la legge regionale sia effettiva da cinque anni, si assiste alla mortificazione di quelle professionalità che qualcuno in ARIF ha destinato alla formalizzazione delle pratiche burocratiche per la rigenerazione olivicola e l’espianto e il reimpianto di piante colpite da Xylella Fastidiosa. Tra l’altro, trattandosi di attività dematerializzate, potrebbero essere svolte presso le sedi territoriali di riferimento – aggiunge il segretario della Flai -. Invece assistiamo al trasferimento di quasi tutto il personale che operava nelle province pugliesi nella sede della direzione generale di Bari, caricandolo di costi esorbitanti dovuti anche al rincaro della benzina. I lavoratori sono costretti a raggiungere il posto di lavoro con i propri mezzi, essendo la stessa direzione generale ubicata in area non facilmente servita con i mezzi pubblici, quando in realtà le attività dovrebbero avere carattere territoriale e dunque esperibili dal personale operando nelle sedi periferiche dell’Agenzia, così come previsto dalla norma stessa”.
“Come se non bastasse, a quasi 5 anni di distanza dall’esecutività della legge, mancano i sistemi operativi di previsione e avvertimento sullo sviluppo delle avversità e i bollettini che, sulla base dei risultati delle elaborazioni dei modelli previsionali e delle reti di monitoraggio, forniscono informazioni sull’applicazione della difesa integrata. Senza considerare – sottolinea Gagliardi – che le stazioni della rete agrometereologica gestite da ARIF Puglia, secondo la 33/2017, avrebbero dovuto ampliare funzionalmente la rete meteo-idro-pluviometrica in capo alla Protezione Civile della Puglia per costituire la rete unica regionale alla quale integrare altre reti metereologiche gestite da enti diversi, quale ARPA Puglia. Nulla di tutto questo è accaduto”.
“In Puglia manca la piena applicazione della legge 33/2017 – denuncia ancora Gagliardi – soprattutto a beneficio delle imprese agricole che non ricevono la divulgazione dei dati agro-meteo-fitopatologici, resi obbligatori da norme nazionali. Nell’attuale condizione data, le operazioni colturali avrebbero potuto beneficiare di una pianificazione razionale ed oculata facendo risparmiare tempo e costi alle imprese che si trovano nella difficoltà di far quadrare il bilancio aziendale, anche in ragione dei costi di produzione fuori controllo legato al gasolio agricolo a oltre un 1,60 euro così come ai fertilizzanti, specie quelli a base azotata, hanno raggiunto livelli da capogiro. Evitare un solo trattamento o ottimizzare una sola operazione colturale può significare anche per un’azienda di modeste dimensioni risparmi per migliaia di euro. Con il rischio che le conseguenze di questi costi, ancora una volta, si scaricheranno in qualche modo sul lavoro, traducendosi come da prassi in fenomeni di sotto-salario e di sfruttamento lavorativo”.