Un significativo passo avanti nella comprensione e nella cura del colangiocarcinoma intraepatico (ICCA) è stato compiuto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale di Gastroenterologia “Saverio de Bellis” di Castellana Grotte. Il CCA intraepatico è un tumore raro e altamente maligno, a prognosi sfavorevole, orfano di una terapia medica efficace. L’unica possibilità terapeutica è rappresentata dalla chirurgia limitata alla precocità della diagnosi, ma con una efficacia tuttora insoddisfacente per le possibili recidive.
Nuove speranze derivano dall’approccio basato sulla Medicina di Precisione che ha proposto l’impiego di nuovi farmaci biologici diretti contro specifici bersagli (mutazione dei geni IDH1 e FGFR2) utilizzabili nei pazienti con appropriate caratteristiche molecolari. Tale scenario si arricchisce oggi con lo studio portato avanti dai ricercatori del “de Bellis”, recentemente divulgato dalla prestigiosa rivista scientifica internazionale “Journal Experimental Clinical Cancer Research”.
“La nostra ricerca, spiega il direttore scientifico dell’Irccs pugliese prof. Gianluigi Giannelli, contribuisce a far luce sulla identificazione dei pazienti che potrebbero avvantaggiarsi di specifiche terapie in base alle caratteristiche molecolari. Il nostro studio dimostra che la via del segnale NOTCH stimola le cellule del CCA ad esprimere sulla loro superficie il recettore CD90. Inoltre, i pazienti con CCA intraepatico che esprime CD90 hanno una prognosi peggiore. Tuttavia, proprio questi sono i tumori che maggiormente traggono beneficio da una terapia con “Crenigacestat”, un farmaco che blocca la via del segnale NOTCH. Si tratta – prosegue il prof. Giannelli – di un eccellente risultato, se si pensa che la ricerca è stata finanziata da un progetto dell’AIRC iniziato soltanto un anno fa e supporterà questa attività per altri quattro anni, premiando l’incessante lavoro di un team di giovani ricercatori del nostro Istituto in sinergia con altri gruppi internazionali”.
Il farmaco, fin qui utilizzato in modelli preclinici, è attualmente in fase di sperimentazione clinica in diverse neoplasie solide e liquide, e questa ricerca contribuisce a rafforzare il razionale scientifico per avviare gli studi clinici in questo ambito. “Il nostro Istituto, in linea con l’orientamento della letteratura internazionale, si pone l’obiettivo di studiare strategie innovative per la personalizzazione della terapia nel campo delle malattie gastroenterologiche incluse quelle tumorali – sottolinea ancora il direttore scientifico del “de Bellis” – e aver individuato che un gruppo di pazienti, con una particolare caratteristica molecolare, la presenza del CD90, ha un andamento clinico diverso, rappresenta un ulteriore passo avanti nel percorso già avviato di decodificare i tumori passo dopo passo. Questa tipologia di ricerca tra l’altro si inserisce in un più ampio scenario che vede il nostro Istituto come unica sede in Puglia dove poter eseguire sperimentazioni cliniche di fase 1”.
Per il direttore generale Tommaso Stallone si tratta di “un altro risultato che consolida il “de Bellis” come punto di riferimento per le patologie gastroenterologiche non soltanto in Puglia. Il coinvolgimento massiccio di giovani ricercatori è una priorità del nostro Istituto che, conclude Stallone, si pone anche l’obiettivo di poter offrire una possibilità di carriera scientifica in linea con le migliori realtà internazionali, alle giovani leve contribuendo così a tamponare l’emorragia di cervelli, una realtà che svilisce e mortifica la nostra regione”.