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Schiave romene del sesso sulla Adelfia-Rutigliano: medici e avvocati aiutavano gli aguzzini

12 Aprile 2022
– Autore: Eleonora Francklin
12 Aprile 2022
– Autore: Eleonora Francklin

Non solo sfruttamento sessuale di giovani donne romene, ma anche un sistema collaudato che implica la collaborazione di medici e avvocati per garantire la permanenza in Italia e, in caso di gravidanza indesiderata, di aborti. Dalle indagini, che hanno portato all’arresto di 20 persone nell’operazione “Lover boys”, sono emersi ulteriori elementi sul sodalizio criminale italo-romeno.

Francesco Tesoro, secondo il pm D’Agostino “figura eclettica all’interno dell’associazione e destinataria di numerose richieste”, aveva agganci con avvocati che interpellava nel momento in cui capi, tra cui Alin Marius Ceaciru, lo contattavano per risolvere controversie legali, come ad esempio la residenza in Italia. Per farlo le giovani donne, ridotte in schiavitù, dovevano risultare essere state assunte con capacità di avere un reddito mensile. Un problema che si presentava ogni qual volta la Polizia interveniva sulle strade per i controlli. Dalle intercettazioni è emerso come l’avvocato interpellato da Tesoro fornisse i documenti giusti per ottenere la residenza.

Non solo avvocati, ma anche medici nel sistema criminale. Nel caso in cui c’erano gravidanze indesiderate venivano chiamati dei professionisti che, anche oltre il termine stabilito, facevano abortire le ragazze. È il caso di una 30enne che aveva rivelato di essere incita quando era già in stato avanzato. Dalle intercettazioni si è scoperto che la giovane era stata costretta a ingerire decine di pillole abortive che però non avevano dato l’effetto desiderato. Ed è lì che Ceaciru avrebbe spinto la giovane a dirigersi in ospedale inventandosi una perdita di sangue. Alle perplessità della donna, come si evince su Repubblica, il protettore le avrebbe detto “Mica ti posso avvelenare. Prendine altre 5 se non fa niente vai in ospedale. Quella è l’unica soluzione, che ti devio dare i calci nello stomaco?”.

In quel caso la donna, con febbre alta, arrivata all’ospedale avrebbe scoperto di essere già al settimo mese di gravidanza. La donna avrebbe dunque potuto partorire e lasciare il bambino in ospedale. Ed è qui che dalle intercettazioni si è scoperto come gli sfruttatori abbiano colto la alla al balzo per dare, molto più probabilmente vendere, il bambino a una coppia barese benestante. “Se partorisci e il bimbo nasce sano sei disposta a darlo a me? – le chiedeva la compagna del suo protettore – Quando sarà che gli dobbiamo fare il certificato di nascita, registrerai come padre mio marito”.