In 26 anni di mestiere ho scritto diverse volte “vivo per miracolo” raccontando la dinamica di un incidente stradale. Dopo narrazioni indirette e indiscrezioni raccolte in alcuni casi andando sul posto di numerosi schianti, posso dire con certezza di essere stato miracolato insieme a mia moglie e ai miei due figli. Sono un cattolico praticante e per di più eravamo diretti all’Incoronata, dopo essere stati a San Giovanni Rotondo e a Monte Sant’Angelo, ma ciò che è successo ieri, intorno alle 15.30 sulla strada statale 89, che collega Manfredonia a Foggia, non ha altra definizione: un miracolo.
Per chi conosce la strada, ci eravamo immessi da poche centinaia di metri sulla statale, quando all’improvviso ho notato un piccolo oggetto sulla corsia di sorpasso. Viaggiavamo a una velocità di circa 90 chilometri all’ora. Non avendo riconosciuto di cosa si trattasse, sono stato indeciso fino all’ultima frazione di secondo: continuare la corsa o provare a scansare quell’oggetto. Ho decido di schivarlo, ma non ci sono riuscito. Dopo aver sentito il colpo è scoppiata la ruota posteriore destra. L’auto è partita, ho provato a tenerla andando di controsterzo, ma non è stato possibile evitare almeno tre testacoda e altrettante carambole contro i guardrail sui due lati della carreggiata. Qualche contusione, pochi taglietti e uno shock difficile da superare. Stiamo tutti bene. Probabilmente la velocità contenuta ci ha permesso di restare in vita, ma sarebbe potuta andare molto peggio. Ecco perché non penso ad altro che al miracolo. Ce lo hanno detto in tanti. La cosa miracolosa, tuttavia non è stata tanto quella, ma ciò che è accaduto dopo. L’auto, una robusta Peugeot 5008, si è fermata di traverso sulla corsia di sorpasso.
Chiunque fosse sopraggiunto dalla statale avrebbe potuto travolgerci e rischiare la vita allo stesso modo. Dietro di noi, invece, c’erano marito e moglie. Lei agente della Polizia Locale di Monte Sant’Angelo. Insieme ad altri due automobilisti si sono fermati e mi hanno permesso di mettere l’auto in sicurezza. A quel punto sono intervenuti i colleghi in servizio a Manfredonia. Sono rimasti lì a fare sicurezza e rincuorare mia moglie e i bambini, mentre cercavo di capire come risolvere tutto il resto. Un altro miracolo è capitato quando ho chiamato il carro attrezzi, non quello dell’assistenza, non uno del posto, ma Catucci, a Bitritto. Donato si è mostrato una persona di grande umanità, un uomo e un professionista capace di comprendere ciò che ci era accaduto. L’auto è da buttare. Non so da dove iniziare, pur avendone bisogno per continuare a lavorare. Ciò che ci è capitato, però, mi ha insegnato ancora una volta, qualora ce ne fosse stato ulteriore bisogno, che è l’uomo a fare la differenza, che siamo noi a decidere come comportarci in situazioni come questa per dare sollievo a quanti sono in difficoltà. Noi abbiamo incrociato fin dal primo istante persone di grande umanità, capaci di farci sentire meno soli e intimoriti.