“Sono stati mesi di persecuzione, offese raziali, minacce di morte. Ci hanno provocato fino al limite. Sappiamo che la reazione che abbiamo avuto è sbagliata e ci pentiamo di quanto fatto, ma bisogna anche capire il perché siamo arrivati a quel limite. Abbiamo avuto una reazione esagerata e per questo chiediamo scusa ma è stato dettato tutto dall’esasperazione. Anche noi abbiamo una dignità da difendere”. A parlare sono Alessandro e Marcello, i due fratelli di origine bulgara residenti a Venosa accusati di aver picchiato a manganellate una coppia di anziani e di aver avvelenato il cane del figlio disabile. Dopo la pubblicazione della storia raccontata da Giuseppe De Renzo, i due ci hanno contattati per fornirci la loro versione dei fatti che si discosta di molto rispetto a quella dell’altra famiglia. “Le minacce di morte sono iniziate quando io e la ex di Giuseppe ci siamo messi insieme. I genitori hanno incominciato a mandarle messaggi minatori, dove la appellavano in un brutto modo fino a che, un giorno, sono venuti a Sannicandro. Quel giorno la signora ha cercato di aggredire la mia fidanzata, mi sono messo in mezzo e il marito mi ha dato un colpo con una spranga. Sono caduto battendo la testa a terra. La mia ragazza era incinta e per l’agitazione ha perso il bambino”. “Si tratta di un questione di soldi – continua il fratello – la ragazza ha ottenuto una grossa eredità e loro ci hanno spinto ad aggredirli per essere risarciti. Ne siamo certi”. Secondo la famiglia De Renzo, l’aggressione è iniziata dopo che gli stessi avevano accusato la famiglia di origine bulgara di aver avvelenato il loro cane. “Non siamo assassini di animali. Quella foto si trova anche su Palermo Today. L’hanno presa dal web. È un falso. La stessa veterinaria ha detto che il loro cane non è stato avvelenato ma è morto per una malattia. Quella sera si sono presentati sotto casa, hanno iniziato a insultarci e ha sbattere la loro auto contro la nostra – spiega Alessandro -. Io per l’esasperazione ho picchiato il padre, ma non ho usato nessun arenese, come invece aveva fatto lui con mio fratello. Il cric lo abbiamo usato per colpire la loro macchina che nel frattempo colpiva la nostra. In quel momento è finita in mezzo al trambusto la signora. Siamo stati i primi a soccorrerla e dire di chiamare 118 e carabinieri. Sappiamo di aver sbagliato ad alzare le mani, soprattutto perché facciamo arti marziali, ma siamo stati esasperati ed eravamo ancora arrabbiati per la perdita subita da mio fratello”. Tra le varie cose che i fratelli ci hanno raccontato c’è anche quella che riguarda loro sorella di 14 anni. “Ha paura ad uscire di casa da sola. La guardano in maniera lasciva e viene spesso inseguita, ha paura anche perché queste persone dicono di essere ex ndranghetisti”. “Le persone provano odio e rancore nei confronti miei e della mia compagna. Le persone giudicano senza sapere. Se le autorità fossero intervenute subito tutto questo non sarebbe successo. Le denunce non sono servite a niente. Se li avessero allontanati da noi, non saremmo arrivati a questo punto. Adesso pur di finirla saremmo disposti anche a perdonarli, se ci chiedono scusa per quanto è accaduto e per la perdita che hanno causato. Una stratta di mano e finisce tutto. Se non saranno disposti a questo noi sappiamo che la verità prima o poi verrà fuori”. Ovviamente noi siamo sempre a disposizione della famiglia De Renzo qual ora vogliano aggiungere altri dettagli alla loro versione dei fatti. Sarebbe giusto fare chiarezza sull’accaduto.
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- di: Raffaele Caruso
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