Torniamo ad occuparci del suicidio di Umberto Paolillo, l’assistente capo della polizia penitenziaria del carcere di Turi che il 18 febbraio 2021 si è ucciso con la sua pistola di ordinanza nella sua auto, poco lontano da casa. Di questa storia ce ne stiamo occupando da ben tre anni con mamma Rosanna che vuole giustizia perché sa che la decisione di Umberto è dovuta ai presunti soprusi subiti dal figlio durante gli anni di servizio.
La nostra inchiesta è andata avanti nel tempo ed emergono sempre più particolari sul clima che si vive nel carcere di Turi. Ne abbiamo parlato anche un ex infermiere, fino a poco tempo in servizio presso il penitenziario, che ci ha spiegato qual è l’ambiente del carcere, come si vive e quale comportamento hanno alcuni agenti nei confronti dei colleghi e dei detenuti.
“Dal 2018 al 2022 messo in condizioni di andare via. Mi trovavo benissimo, amici non solo tra colleghi, ma agenti penitenziari e anche detenuti. Solo due agenti venivano tormentati con scherzi, offese, derisi in pubblico. Uno era la buon anima di Umberto e l’altro è andato in pensione”. Ovvero colui che siamo andati a trovare a casa, che nel periodo dopo il suicidio di Umberto era sempre stato vicino a Rosanna, tanto che lei gli aveva regalato un orologio di Umberto. Un atteggiamento che poi è cambiato all’improvviso, ritrattando tutto ciò che invece aveva raccontato.
L’infermiere, come ci racconta nel video, è stato costretto ad andare via dopo che un giorno, all’improvviso, ha subito una perquisizione. “È stato un abuso perché dopo ho scoperto che non ci sono procedure nei miei confronti, nemmeno una denuncia. Quella sera mi hanno fatto spogliare e ho subito anche l’ispezione anale perché dicevano che io portassi droga in carcere. Cosa non vera. Dopo aver controllato in infermeria e in auto mi hanno minacciato dicendo che non sarei dovuto più andare perché se no avrei passato dei guai e che non avevano più fiducia in me. Secondo loro mi avevano informato dell’ispezione ma era tutta una montatura. Sono stato abusato dal vero comandante degli altri agenti. Era lui che aveva il pugno di ferro e gli hanno sempre dato via libera”. L’ispettore è colui che è stato condannato per le minacce che ha rivoto verso il nostro collega e se il suo comportamento era questo anche in carcere non è difficile pensare a come si vivesse in quel penitenziario. “Secondo me l’istigazione al suicidio è giusta. Umberto è stato istigato a farla finita. Gli avranno detto qualcosa che lo ha fatto impazzire”.