Gravina, imprenditore pianifica con boss agguato allo zio: 6500 euro per scaricare un caricatore. Tre arresti – VIDEO

Un imprenditore di Gravina in Puglia, motivato da un desiderio di rivalsa nei confronti dello zio – ritenuto colpevole di condotte aggressive verso alcuni membri della famiglia nell’ambito di dissidi per motivi ereditari e di vicinato – si è accordato con un esponente di spicco della criminalità organizzata locale, pianificando un’azione intimidatoria mirata a colpire l’auto della vittima con diversi colpi di arma da fuoco.

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Bari, Corte d’Appello ribalta sentenza del Tribunale: restituita la villa da 300mila euro alla figlia del boss Di Cosimo

La villa dal valore di 300mila euro, situata a Torre a Mare e confiscata lo scorso giugno dal Tribunale di Bari, è stata restituita dalla quarta sezione penale della Corte d’appello di Bari alla figlia del 69enne pluripregiudicato barese Giuseppe Di Cosimo, ritenuto al comando del clan Di Cosimo nel quartiere Madonnella di Bari. La villa era stata lasciata tramite testamento da Savino Lastella, ex braccio destro di Di Cosimo morto nel 2013, perché molto legato a lei. È stato accolto il ricorso dei legali dopo la sentenza del Tribunale di Bari: secondo la prima tesi l’intestazione della villa era fittizia, la struttura era stata comprata direttamente da Di Cosimo e il testamento era solo un modo per far ritornare l’immobile nella disponibilità del 69enne.

Secondo i giudici della quarta sezione penale della Corte d’Appello però “non può ritenersi provato che il denaro per l’acquisto della villa di Torre a Mare sia stato fornito da Di Cosimo, che non ha alcuna valenza lo stretto legame di fiducia tra lui e Lastella e che è possibile che Lastella abbia deciso di lasciare in eredità la sua villetta alla figlia di Di Cosimo perché le era affezionato”. 

Bari, sequestrato microtelefono nel carcere minorile: figlio di un boss sorpreso mentre lo usa in cella

Un giovane di 24 anni detenuto nel carcere minorile di Bari è stato sorpreso dagli agenti della polizia penitenziaria mentre, all’interno della sua cella, stava telefonando con un microcellulare. L’apparecchio, il cui uso è vietato per i reclusi, è stato sequestrato. È quanto fa sapere la confederazione autonoma italiana polizia penitenziaria riferendo quando accaduto ieri sera.

Secondo quanto riporta la nota del sindacato, il 24enne “figlio di uno capo storico di un clan barese era nel vano bagno della sua cella mentre provava a parlare con l’esterno attraverso il cellulare che nascondeva con una mano”, fa sapere Mimmo Mastrulli, il presidente del Cosp sindacato che fa parte della confederazione.

“Il giovane è in carcere per diversi reati contro la persona e il patrimonio – aggiunge – e aveva un microcellulare completo di scheda che sono stati recuperati grazie alla bravura degli agenti”. Il sindacato chiede una “maggiore attenzione” per l’istituto di pena minorile dove “continuano a registrarsi proteste anche se in forma minore rispetto ai giorni scorsi”, conclude Mastrulli.

Il boss barese Campanale è grave in carcere, l’appello della moglie: “Vita sbagliata ma ha il diritto di essere curato”

Il boss Giacomo Campanale, 53enne di San Girolamo, si trova in carcere da 10 anni e rischia un’ulteriore condanna a 20 anni per traffico di droga e mafia. Le sue condizioni di salute sono gravi. L’uomo, detenuto nel carcere di Poggioreale dal 2019, si trova ora sulla sedia a rotelle ed è alla prese con un crollo vertebrale e con un’insufficienza respiratoria.

I suoi legali da tempo stanno chiedendo la detenzione domiciliare o in alternativa il trasferimento in una struttura di cura. Una perizio medico-legale ha infatti accertato l’incompatibilità con il regime carcerario. “Mio marito rischia di uscire dal carcere morto. Forse ha scelto un percorso di vita sbagliato, ma questo non toglie il suo diritto a essere curato – l’appello della moglie riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno -. In carcere è entrato con le gambe sue e adesso sta su una sedia a rotelle. In queste condizioni non può stare in carcere. Parla al telefono con difficoltà, chiede di andare in ospedale. Non voglio che un giorno di questi arrivi la telefonata che mio marito è morto. Di chi sarà allora la responsabilità se succede qualcosa a mio marito? Per il cognome che ha non ha diritto a curarsi”.

Già dal 2018 furono rivelate una serie di “patologie ad evoluzione cronica, non più soggette a miglioramenti”. La perizia medico-legale stabilì la “non compatibilità con il regime carcerario allorché l’infermità sia di entità tale per cui lo stato detentivo contribuisce, con ragionevole prevedibilità, a causare un peggioramento delle condizioni del soggetto o di non miglioramento o, pur non incidendo sulla evoluzione della infermità, sia però motivo di sofferenza non conciliabile con la salvaguardia dei diritti delle persone”. Da sei anni la situazione non è cambiata, recentemente a causa di una grave crisi respiratoria è stato trasferito in ospedale dove è rimasto per 40 giorni. Due giorni dopo il rientro in carcere, è stato di nuovo trasportato in ospedale d’urgenza. I giudici ancora non si sono espressi sul caso.

 

Mafia, sequestrati beni al boss Rocco Moretti: è ritenuto capo e promotore della Società foggiana

La Direzione investigativa antimafia di Foggia ha sequestrato beni mobili ed immobili e diversi rapporti finanziari per un valore complessivo di circa 400mila euro nella disponibilità – anche per interposta persona – di Rocco Moretti, ritenuto boss della mala foggiana, detenuto in regime di 41 bis. Il provvedimento, emesso dalla corte d’appello di Bari su richiesta della procura generale, è stato disposto a seguito delle condanne definitive per estorsione (4 anni e 8 mesi), associazione mafiosa ed altro (10 anni e 8 mesi).

Moretti era imputato nel processo Decimazione. Le indagini hanno permesso di ricostruire – spiegano gli investigatori – gli introiti percepiti dall’intero nucleo familiare e di ottenere riscontri in merito all’illecita provenienza dei beni derivanti soprattutto dalle estorsioni. Moretti è ritenuto capo, organizzatore e promotore, dell’associazione mafiosa denominata Società foggiana. Gli accertamenti patrimoniali hanno consentito di rilevare una evidente sproporzione tra i beni posseduti rispetto ai redditi dichiarati.

Mafia a Bari, il “re delle rapine” Angelo Falco finisce in carcere: la visita di Olivieri a casa sua mentre è ai domiciliari

L’attività investigativa svolta ha ampiamente dimostrato come il 62enne attinto dal provvedimento giudiziario sia un soggetto dalla notevole caratura criminale, ritenuto contiguo al clan “Parisi”, costantemente impegnato nel tessere relazioni criminali, nonostante stesse scontando una pena in regime di detenzione domiciliare.

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