Omicidio a Taurisano, uccide la moglie con 29 coltellate. Il killer pestato in carcere: “Qui non sei gradito”

Sarebbe stato aggredito violentemente da un gruppo di detenuti all’interno della sua cella, nel carcere di Taranto dove era da poco arrivato in seguito al suo trasferimento dalla casa circondariale di Foggia.

L’episodio è avvenuto una settimana fa, ma è stato reso noto nelle scorse ore. La vittima è Albano Galati, il 57enne di Taurisano (Lecce) che il 16 marzo 2024 uccise la moglie Aneta in casa con 29 coltellate, ferendo la vicina di casa dove la donna si era rifugiata per sfuggire alla furia omicida del marito. L’uomo sarebbe stato vittima di una spedizione punitiva anticipata, al suo arrivo, da forti minacce che lo esortavano ad andare via perché «non gradito».

A darne notizia in una nota sono i suoi legali, Luca Puce e Davide Micaletto, che si dicono «allibiti e amareggiati per un episodio di violenza selvaggia che poteva e doveva essere prevenuto da chi ne aveva il compito e il potere».  Galati avrebbe riportato forti traumi lacero-contusi al volto e varie contusioni al corpo che gli avrebbero provocato difficoltà di deambulazione e di respirazione.

Si trovava nella sezione destinata ad accogliere i detenuti comuni, dove era stato destinato «come se non fosse difficile immaginare – commentano i due legali – che, a causa del reato contestatogli, sarebbe stato immediatamente attenzionato».

Per i due legali si tratta di un episodio di «una gravità inaudita» che implica «evidenti responsabilità gestionali», e annunciano che sarà l’avvio di opportuni approfondimenti al Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), inoltrando ogni istanza istruttoria anche al ministro della Giustizia Nordio. Il processo a carico di Galati non è ancora iniziato. Dopo l’aggressione è stato trasferito in un’altra sezione.

Pestaggio in cella tra detenuti diventa virale sui social, Sappe: “Si sta scherzando con il fuoco” – VIDEO

“Quello che il SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria cerca di spiegare a parole e con qualche foto di poliziotto massacrato di botte, (che alla fine non interessa a nessuno), viene fuori in tutta la sua spietatezza da un ennesimo video girato da detenuti (in un carcere che non conosciamo), che sottopongono un altro compagno di camera ad un trattamento di sottomissione con un pestaggio nemmeno tanto pesante”. Inizia così il comunicato stampa del Sappe, il Sindacato Autonomo della Polizia Penitenziaria.

“Quel video può essere stato girato in qualsiasi carcere della nazione poiché è quello che accade realmente nei nostri penitenziari, anzi in tantissime altre situazioni c’è più violenza e sangue; tutto ciò grazie alla volontà di una certa politica che in questi anni ha di fatto consegnato le carceri ai detenuti più violenti e prepotenti, salvo poi preoccuparsi di prendersela con il calendario della polizia penitenziaria dopo averla umiliata, delegittimata, ridotta ai minimi termini negli organici – si legge nella nota -. Che la situazione fosse questa lo denunciamo da molto tempo, con i violenti e prepotenti che non vengono quasi mai puniti, con la stragrande maggioranza di detenuti più deboli che vengono sottomessi ai desideri di questi ultimi. Come pure le migliaia di telefonini sequestrati ogni anno non preoccupano quasi nessuno nonostante questo permetta ai boss di poter dirigere i loro affari dal carcero, oppure divertirsi con video su tik tok, a cui si sono aggiunti i droni express che fanno entrare di tutto. Bene, speriamo che questo video faccia capire che si sta scherzando con il fuoco, e che i primi a subire tutti ciò oltre ai detenuti che vorrebbero avere la possibilità per reinserirsi ma che vengono sopraffatti in qualsiasi modo, sono i lavoratori della polizia penitenziaria per poi finire con i problemi di ordine pubblico che una situazione esplosiva potrebbe provocare. Purtroppo gli unici che potrebbero mettere fine a tutto ciò è la polizia penitenziaria, ma come dicevamo prima è stata resa impotente e ridimensionata da chi voleva che i poliziotti indossassero un camice invece della divisa. Le carceri sono praticamente svuotate di poliziotti per cui i detenuti che hanno tutto il tempo e lo spazio di fare quello che vogliono, sia con le buone o con le cattive sottoponendo a loro i più deboli oppure massacrando di botte proprio gli agenti, per cui abbiamo fatto anche un calendario. Il SAPPE si augura che questo video risvegli le coscienze ed indigni l’opinione pubblica, il colle, il governo, poiché un paese civile si vede anche dalle carceri che non possono essere il far west per i delinquenti più violenti ed incalliti che rimangono quasi sempre impuniti. P.s. il video sarebbe stato girato da altri detenuti che ha volutamente riprendere il tutto per far capire chi comanda, per poi con inaudita spavalderia metterlo in rete”.

Femminicidio a Gravina, Lacarpia si toglie la vita in carcere a Bari. Dubbi sulla morte: aperta inchiesta

La Procura vuole vederci chiaro sulla morte di Giuseppe Lacarpia, il 65enne che si è tolto la vita nella sua cella del carcere di Bari nella notte tra lunedì e martedì. L’uomo era stato arrestato con l’accusa di aver ucciso la moglie, la 60enne Maria Arcangela Turturo, a Gravina.

Lunedì aveva fatto visita per un’ora alla tomba della moglie nel cimitero di Gravina, dopo aver chiesto e ottenuto il permesso. Poche ore dopo si sarebbe tolto la vita in cella. La figlia, dopo aver “festeggiato” sui social la morte del padre, ha poi precisato: “Non è un festeggiamento, è giustizia per la mia mamma. Sono tutte preghiere fatte per lei”.

Le indagini dovranno stabilire se ci sono state falle nel sistema di sicurezza e se il suicidio poteva essere evitato. In passato Lacarpia infatti aveva già tentato due volte di togliersi la vita, senza successo, tanto da finire anche in ospedale. Bisogna capire anche perché ad esempio non è stata disposta la sorveglianza a vista per 24 ore. Sul corpo verrà effettuata l’autopsia.

Il carcere di massima sicurezza, le 4 telefonate al mese e il procedimento dell’Ordine: la nuova vita di Olivieri

Olivieri, interrogato lunedì a Bari, ha fatto già ritorno nel carcere di massima sicurezza di Lanciano. Trattandosi di fatti di mafia, Olivieri si trova lì perché deve trascorrere la custodia cautelare nel circuito della cosiddetta alta sicurezza. È rinchiuso in una cella doppia della sezione Alta Sicurezza 3, il regime è durissimo e sotto solo al 41bis.

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Femminicidio a Taurisano, tenta il suicidio in carcere: il 56enne Albano Galati trasferito in isolamento

Albano Galati, il 56enne di Taurisano che si trova in carcere con l’accusa di aver ucciso la moglie Aneta Danielczyk colpendola con 20 coltellate, ha tentato di togliersi la vita in cella. Per questo è stato trasferito in isolamento. L’autopsia effettuata nei giorni scorsi ha accertato che sul corpo della 50enne polacca sono state inflitte 20 coltellate. Solo una è stata fatale, ovvero quella che ha reciso l’arteria del braccio destro. Dall’esame è emerso anche che l’uomo ha utilizzato un taglierino, rinvenuto spezzato in casa, oltre ad un coltello da cucina.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Albano Galati si è recato in un bar del Paese a bere whisky dopo l’omicidio con le mani ancora sporche di sangue, prima di presentarsi in commissariato e confessare quanto fatto. L’uomo, che ha ferito anche la vicina di casa a cui la vittima aveva chiesto aiuto per sfuggire alla furia omicida del marito dal quale si stava separando, ha manifestato in commissariato uno stato di alterazione psicofisica, si è sentito male e ha perso i sensi. Una volta rinvenuto, dopo l’intervento di un’ambulanza, è stato interrogato dai pm ai quali ha detto di non ricordare nulla, neanche perché si trovasse lì in quel momento. Galati era da poco in cura in un Centro di igiene mentale al quale si era rivolto spontaneamente dopo aver perso il lavoro in seguito a problemi di salute per cui aveva dovuto smettere di lavorare. La difesa è pronta a chiedere l’autorizzazione per una perizia psichiatrica e sembra essere decisa sulla pista dell’incapacità di intendere e di volere.

Maxi inchiesta a Bari, indagini verso la fine: Olivieri scrive nel carcere di massima sicurezza il suo memoriale

Per Michele Piscitelli e Mirko Massari, accusati di aver venduto il proprio voto all’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, la custodia in carcere è stata sostituita con quella ai domiciliari. Nelle prossime ore sono in programma le ultime discussioni sui ricorsi, poi le indagini si chiuderanno.

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