Bari, costringe la moglie a vivere al gelo in casa per risparmiare sulla bolletta: condannato 58enne

Un 58enne barese è stato condannato per violenza privata nei confronti della moglie. A denunciarlo è stata la stessa donna dopo la fine del rapporto.

L’uomo, secondo quanto denunciato dalla consorte, la obbligava a soffrire il freddo in casa per risparmiare sulla bolletta del riscaldamento. Termosifoni spenti nonostante le rigide temperature, scotch messo per sigillare gli infissi e uso limitato dell’acqua.

Dopo la fine del rapporto, è scattata la denuncia. Il gip lo ha condannato con una multa di 450 euro, la difesa ha presentato già opposizione.

Bari, l’omicidio Rafaschieri a Carbonara non era stato “contemplato”: cosa c’è dietro lo sconto di pena per Palermiti

Giovanni Palermiti e i suoi complici avevano «programmato da tempo di assassinare Alessandro Rafaschieri, colpevole dei tentativi di espansione criminale nel quartiere Madonnella» di Bari. Ma l’idea di uccidere suo fratello Walter «è maturata solo nella fase attuativa» del delitto, «e non era dunque stata contemplata al momento dell’ideazione del progetto criminoso». Queste le motivazioni con cui i giudici della Corte d’assise d’appello di Bari, lo scorso 30 ottobre, hanno escluso l’esistenza dell’aggravante della premeditazione e ridotto a 20 anni (dall’ergastolo) la condanna per Giovanni Palermiti, riconosciuto colpevole – insieme ad altri – dell’omicidio di Walter Rafaschieri e del grave ferimento del fratello Alessandro, vero obiettivo dell’agguato.

Il delitto fu commesso il 24 settembre 2018 nel quartiere Carbonara, i due fratelli furono raggiunti da colpi di pistola mentre erano a bordo di una moto. In favore di Palermiti, a cui sono state riconosciute le attenuanti generiche, ha giocato anche «il comportamento processuale», costituito dall’aver risarcito Alessandro Rafaschieri con 100mila euro «al fine di contribuire alle spese mediche necessarie per la sua riabilitazione dalle gravissime lesioni personali subite». Ma Palermiti ha anche ammesso la propria responsabilità nel delitto, e queste circostanze per i giudici sono «sintomatiche di un principio di ravvedimento» dello stesso Palermiti. In secondo grado i giudici hanno concesso uno sconto di pena anche per Filippo Mineccia (da 20 a 18 anni, anche lui ha risarcito Rafaschieri con 100mila euro), che avrebbe fatto parte del commando, e per l’ex collaboratore di giustizia Domenico Milella (otto anni dai nove anni e quattro mesi del primo grado), condannato per il concorso nell’omicidio.

Poliziotto diffamato, a Bari prescrizione per l’ex inviato di Striscia Mingo e sua moglie. Ma i due dovranno risarcirlo

È trascorso troppo tempo dalla data della presunta diffamazione nei confronti del poliziotto Gianluca De Stefano, per questo la Corte di Appello di Bari ha  dichiarato l’estinzione dei reati per prescrizione nei confronti di Domenico De Pasquale, ex inviato di Striscia La Notizia, e sua moglie, Corinna Martino.

Entrambi erano stati condannati a 2 anni e 6 mesi in primo grado. Il riferimento è alla conferenza stampa che si è tenuta nel 2016 in cui Mingo aveva sostenuto come le indagini sui servizi Mediaset, considerati falsi tra il 2012 e il 2013, fossero state pilotate, accusando l’allora l’assistente capo della polizia di aver “estorto dichiarazioni ai testimoni interrogandoli in un clima di assoluto terrore, manipolando anche i verbali”.

Accuse gravissime che costarono anche l’apertura di un’indagine a carica dello stesso poliziotto, poi archiviata. Dalle indagini è poi emerso che lo stesso Mingo e sua moglie hanno costruito una vera e propria macchina del fango contro De Stefano. La coppia è stata processata e condannata, i giudici della Corte d’Appello però ha dichiarato l’estinzione del processo, riconoscendo però le statuizioni civili e la condanna generica che apre la strada a una causa civile. I due imputati dovranno ora risarcire la parte civile con provvisionali di 10mila lei e 15mila lui per un totale di 25mila euro.

Omicidio Palazzotto a Bitritto, Assunto condannato a 14 anni di reclusione: “Ha agito con violenza inaudita”

Torniamo ad occuparci della morte del 27enne Giovanni Palazzotto, ucciso all’alba del 20 novembre 2022 all’esterno di un bar a Bitritto. Ad ottobre scorso Francesco Assunto, il 31enne gestore dell’attività, è stato condannato alla pena di 14 anni di reclusione. La sentenza è arrivata al termine del processo con rito abbreviato.

Secondo la ricostruzione dell’accusa Assunto avrebbe “infierito in maniera continuativa con la forza fisica e con continui insulti contro la vittima non mostrando pietà nemmeno quando quest’ultimo era in fin di vita ed evidenziando totale insensibilità perfino dinanzi al cadavere”. Palazzotto si trovava in stato di agitazione per aver assunto alcol e droga. Il 31enne riuscì a bloccarlo, dandogli anche sei pugni, e lo immobilizzò a terra, facendo pressione con un ginocchio sulla schiena, fino all’arrivo delle forze dell’ordine. Proprio quella pressione esercitata con forza e a lungo, per ben 16 minuti, secondo l’accusa è risultata fatale.

Sono state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado. Secondo il gup Giuseppe Montemurro, Assunto ha agito “con una violenza sproporzionata e gratuita” e non si fermato “neppure quando Palazzotto agli occhi di tutti i presenti era ormai completamente inoffensivo, con un atteggiamento di sfida e risentimento, dimostrando lucidità e freddezza e un intento punitivo”.

Secondo il gup “è vero che non può ritenersi che Assunto mirasse a procurare la morte di Palazzotto, ma è senz’altro da ritenersi provato che abbia protratto l’azione di neutralizzazione certamente sproporzionata e gratuita, pur a fronte dell’evidenza, da tutti i presenti percepita, del possibile epilogo nefasto poi verificatosi che aveva concretamente non soltanto previsto ma voluto”.

Omicidio Caprio a Bitonto, condanna confermata per Fabio Giampalmo: 21 anni di reclusione per l’ex pugile

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 21 anni nei confronti di Fabio Giampalmo, il 23enne di Bitonto (Bari) a processo per l’omicidio di Paolo Caprio, ucciso a pugni davanti a un bar di una stazione di servizio di Bitonto il 5 settembre 2021.

La Suprema corte ha quindi confermato la sentenza emessa prima dalla Corte d’assise di Bari nel giugno 2023 e poi dalla Corte d’assise d’appello un anno dopo, rigettando la richiesta dei difensori di Giampalmo (e della stessa Procura generale) di riqualificare il fatto come omicidio preterintenzionale. Quella notte, Giampalmo colpì Caprio con «una raffica letale di pugni” al volto e al capo, come scritto nelle motivazioni della sentenza di secondo grado. I giudici dell’appello, nella sentenza confermata oggi dalla Cassazione, hanno rilevato “l’allarmante capacità a delinquere» di Giampalmo, considerato “soggetto particolarmente esperto nell’arte del combattimento” che «decideva di aggredite improvvisamente una vittima ignara di dover subite, senza alcuna precedente discussione, una raffica di colpi micidiali». Giampalmo, poi, non avrebbe mostrato “alcuna forma di resipiscenza», agendo «con estrema lucidità» e “non comune spregiudicatezza».

«La ragione che ha portato l’imputato ad aggredire con una tale violenza il Caprio era a dir poco banale», scrivono ancora i giudici, e l’unica colpa della vittima sarebbe stata quella “di portarsi presso il gazebo (del bar, ndr) e sedersi» insieme a un amico «alle spalle delle compagne di Giampalmo» e di un suo amico. Giampalmo è stato anche condannato al risarcimento dei danni nei confronti dei familiari della vittima costituiti parte civile, difesi dagli avvocati Massimo Chiusolo e Rossana Fallacara.

Taranto, neonato abbandonato vicino ai bidoni: 25enne condannata a 2 anni. Escluso il tentato infanticidio

La 25enne georgiana, che il 12 agosto 2023 abbandonò il figlio neonato accanto ad alcuni cassonetti in via Pisanelli a Taranto, è stata condannata a 2 anni per abbandono di minore. Secondo i giudici non c’era la volontà di uccidere il piccolo e per questo non è stato riconosciuto il tentato infanticidio, come richiesto dalla Procura che invoca una pena di 4 anni.

Assistita dai legali, la donna ha spiegato di aver avuto paura di perdere il lavoro di badante presso la signora anziana che accudiva, a causa della nascita del piccolo. Il piccolo fu trovato da alcuni passanti, allertati dal pianto. Era rinchiuso in una busta, in cui è stato trovato un foro. “Per farlo respirare”, aveva asserito la donna in udienza. Versione ritenuta legittima dal giudice, che ha escluso l’accusa più grave di tentato infanticidio. La donna al momento è ospite di una comunità cittadina, che le presta assistenza nelle cure al figlio.

Milano, studente pugliese picchiato in stazione prima del test d’ingresso: 7 anni a uno degli aggressori

Sette anni di carcere in abbreviato per uno degli aggressori dello studente che, lo scorso settembre, arrivato a Milano dalla Puglia per sostenere il test d’ingresso al corso di laurea di professione sanitaria, è stato picchiato e rapinato, alle 8 di mattina, dopo essere sceso dal treno, alla Stazione Centrale.

A deciderlo è stato oggi il gup Alberto Carboni che ha inflitto una pena ben superiore ai 4 anni e 4 mesi chiesti dalla pm Ilaria Perinu, al netto dello sconto previsto dal rito. Il giudice ha, invece, mandato a processo gli altri due coimputati dopo aver rigettato la loro richiesta di abbreviato condizionato.

Imprenditori uccisi 24 anni fa a Brindisi: carcere a vita per i fratelli Enrico e Cosimo Morleo

Sono stati condannati alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno, rispettivamente della durata di un anno e tre anni, i fratelli Enrico e Cosimo Morleo, di 58 e 59 anni, accusati di avere ucciso a Brindisi, con l’aggravante del metodo mafioso, gli imprenditori Salvatore Cairo e Sergio Spada, entrambi attivi nel settore del commercio delle pentole e degli articoli per la casa.

I giudici della Corte d’assise di Brindisi hanno assegnato a titolo di provvisionale “immediatamente esecutiva” 1,5 milioni di euro in favore dei parenti delle vittime. I resti di Salvatore Cairo, scomparso il 6 maggio di 24 anni fa, sono stati trovati in un pozzo della zona industriale della città il 20 dicembre dell’anno scorso. Era stato uno dei due fratelli, Enrico Morleo, a dichiarare nel corso dibattimento celebrato davanti alla Corte di assise di aver “fatto a pezzi” il cadavere di Cairo, ma di non averlo ucciso. Il corpo di Sergio Spada fu trovato invece il 19 novembre 2001, poche ore dopo la scomparsa, nel piazzale di un’area di servizio dismessa sulla tangenziale di Brindisi. Secondo la Procura di Brindisi, che per i due fratelli aveva chiesto l’ergastolo, Enrico sarebbe stato l’esecutore materiale di entrambi gli omicidi, mentre il fratello Cosimo il mandante in quanto avrebbe voluto liberarsi di due concorrenti nei suoi affari legati alla vendita di articoli per la casa.

Aggressione razzista a Parco Rossani, processo bis per il 20enne Blasi: Corte d’Appello deve ricalcolare la pena

La condanna a 8 anni di reclusione inflitta in primo grado al 20enne Alessio Blasi, per l’aggressione razzista del 5 aprile 2002 ai danni di un giovane di origini senegalesi a Parco Rossani, era stata ridotta a 3 anni dalla stessa Corte d’Appello di Bari. La Cassazione ha poi annullato con rinvio la sentenza di secondo grado, impugnata sia dalla Procura generale di Bari che dalla difesa dell’imputato.

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