Pescatori in protesta contro norme Ue. Bombe carta, fumogeni e agenti feriti al porto di Bari: 5 condanne

l tribunale di Bari ha condannato cinque pescatori, protagonisti della manifestazione dell’8 ottobre 2019 a Bari per protestare contro le direttive dell’Unione europea sulle dimensioni delle reti e del caro carburante, a pene comprese tra gli otto mesi e i due anni e due mesi di reclusione.

I reati a loro contestati, a vario titolo, sono di lancio di oggetti pericolosi, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e interruzione di pubblico servizio.

Nel corso della manifestazione, iniziata la mattina dal lungomare di Bari, circa 500 pescatori partirono in corteo dal molo san Nicola e arrivarono fino al varco della Vittoria del porto, lanciando fumogeni e bombe carta, ferendo agenti di polizia e carabinieri nel corso di alcuni tafferugli e impedendo per alcune ore l’ingresso e l’uscita dei mezzi dal porto.

Per cinque pescatori, imputati per la realizzazione di un corteo non autorizzato e (solo uno) per il rifiuto di fornire le proprie generalità alle forze dell’ordine, le accuse sono cadute per prescrizione. Quattro pescatori accusati di lancio di oggetti pericolosi, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate sono invece stati assolti “per non aver commesso il fatto”.

 

Traffico di droga tra Bari e provincia, 53 condanne e 478 anni di carcere: tra loro Filippo e Sabino Capriati – I NOMI

Sono 478 gli anni di carcere inflitti ai 53 presunti affiliati al clan Capriati di Bari Vecchia che tra il 2018 e il 2023 avrebbe esteso il controllo nei comuni del sud est barese tra cui Putignano, Castellana Grotte, Noci, Alberobello, Acquaviva delle Fonti e Locorotondo.

Si è chiuso nella giornata di ieri il primo grado in abbreviato del processo Partenone. Il gup Giuseppe Montemurro ha accolto integralmente le richieste dell’accusa condannando alla pena più alta di 20 anni (considerando lo sconto di un terzo per il rito), il boss Filippo Capriati, nipote dello storico capo clan Tonino. Condannati anche la moglie Angela Gianmaria (8 ann) e il figlio Sabino (16).

La pena di 20 anni è stata inflitta anche ai pregiudicati Emanuele Carrassi, Carlo Dilena, Giuseppe Lacalendola e Carmelo Recchia. Dieci anni di reclusione sono stati inflitti al collaboratore di giustizia Giuseppe Labrocca. L’indagine dei Carabinieri ha documentato ben 170 episodi di spaccio, oltre a episodi di riciclaggio, sequestro di persona e rapina, detenzione di armi, estorsione aggravata dal metodo mafioso.

TUTTE LE CONDANN. Francesco Antonacci, 7 anni e 4 mesi di reclusione; Alessandro e Giampiero Braia, 6 anni e 7 anni e 8 mesi; Cesario Ivan Caracciolo, 7 anni; Luigi Carrassi e Cosimo Di Lorenzo, 7 anni; Franco Fallacaro, 8 anni e 2 mesi; Giovanni Genchi, 15 anni e 4 mesi; Cesare e Sara Giliberti, rispettivamente 6 anni di carcere e 10 mesi e 7 anni; Ignazzi Giuseppe , 7 anni e 4 mesi; Rocco Labrocca, 16 anni e 8 mesi; Giuseppe Lovero, 8 anni; Giuseppe Mastrangelo, 7 anni e 8 mesi; Costel Razvan Mihalache, 8 anni; Daniele Morea, 4 anni e 4 mesi; Giorgio Notarnicola, 7 anni; Flavio Eugenio Pinto, 8 anni e 4 mesi; Pasquale Polignano, 4 anni e 6 mesi; Costantino Poliseno, 7 anni e 2 mesi; Annalisa Ronghi, 4 anni e 2 mesi; Davide Serafino, 7 anni. Nicola Aquilino, 7 anni di reclusione; Lorenzo Capodiferro, 6 anni e 10 mesi; Vito Di Mola, 7 anni e 4 mesi; Cataldo Pascale, 12 anni; Recchia Michele, 8 anni; Giuseppe e Vito Sportelli, 7 anni e 6 mesi di carcere e 3 anni e 2 mesi; Nicola Volpe, 4 anni e 4 mesi. Per Maria Colella (Polignano a Mare), 7 anni e 4 mesi. Giuseppe Colucci, 7 anni e 4 mesi; Nicola Console, 7 anni e 2 mesi; Fabio Posa, 7 anni e 4 mesi. Per Vito Corbacio (Monopoli), 15 anni e 3 mesi. Agli altri sodali baresi: Michele Fiore, 7 anni e 2 mesi; Daniele Greco, 17 anni; Mauro Di Pinto di Bisceglie, 6 anni. Ad Andrea Iacovazzo di Alberobello inflitti 7 anni. Condanna a 7 anni e 8 mesi per Vito Liuzzi; 4 anni per Gianfranco Giliberto; 7 anni inflitti a Marco Marinuzzi, Maria Mastrangelo e Antonia Piccolino: 4 anni e 2 mesi per Laura Rizzi.

Fallimento società Sintesi di Modugno: chieste 4 condanne dai 7 ai 4 anni di reclusione – I NOMI

La Procura di Bari ha chiesto quattro condanne, dai sette ai quattro anni di reclusione, per altrettanti imputati accusati di bancarotta fraudolenta relativamente al fallimento della Sintesi, società di Modugno (Bari), dichiarato nel 2014.

La pena più alta è stata chiesta per l’ex amministratore delegato, il 53enne napoletano Roberto Martana, mentre la condanna a quattro anni è stata chiesta dal pm Lanfranco Marazia per i dirigenti di altre società (Spiridione De Micheli, Giuseppe Pace e Giorgio Viva) che avrebbero contribuito a vario titolo alla distrazione del patrimonio societario.

Martana, in particolare, avrebbe distratto 1,25 milioni del ramo d’azienda della società (costituito da dipendenti, un software e i relativi know how, marchio, attrezzature e clientela) attraverso la cessione a una srl, poi liquidata, detenuta al 100% da Sintesi, «con evidente danno per i creditori sociali», come si legge dal capo d’imputazione.

Ma Martana, secondo quanto ricostruito dalla Procura, avrebbe anche falsificato i libri e altre scritture contabili della società, esponendo passività inesistenti e «aggravando il dissesto» di Sintesi, anche attraverso la distrazione di alcuni software in favore di altre società.

Infine, l’ad non avrebbe consegnato ai curatori fallimentari i documenti della società dal 2011 in poi e avrebbe falsificato i libri contabili «rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio» di Sintesi.

I fatti contestati risalgono agli anni tra il 2009 e il 2014, la Procura contesta anche le aggravanti del danno patrimoniale di rilevante gravità e di aver commesso più fatti previsti dalla legge fallimentare. L’udienza è stata aggiornata al 15 maggio per la discussione delle difese

Traffico di droga a Bitonto, il boss Domenico Conte assolto in appello. Ridotte altre 27 condanne

La Corte d’Appello di Bari ha annullato la condanna a 16 anni, assolvendolo «perché il fatto non sussiste», nei confronti del boss di Bitonto Domenico Conte (assistito dalla legale Marianna Casadibari), condannato in primo grado in abbreviato nel 2022 perché ritenuto uno dei capi di un’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga nel nord Barese insieme a Roberto Dello Russo, Paolo Ficco e Giambattista De Sario.

La Corte d’Appello ha poi confermato e ridotto altre 27 condanne, tra cui quelle di Dello Russo, De Sario (entrambi da 20 a 14 anni) e Ficco (da 20 a 12 anni). I Comuni di Bitonto e Terlizzi e la Regione Puglia erano costituiti parte civile.

L’associazione, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe operato sui Comuni di Bitonto e Terlizzi per agevolare proprio il clan Conte, ritenuto una «propaggine» del clan Capriati di Bari.

Nell’ambito di questa inchiesta, coordinata dalla Dda di Bari e condotta dai carabinieri, in 27 furono arrestati a gennaio 2020. Per Conte è stata recentemente annullata dalla Cassazione una condanna a 20 anni per il suo presunto coinvolgimento nell’omicidio della sarta Anna Rosa Tarantino, 87enne uccisa per errore a Bitonto il 30 dicembre 2017.

Lavori in ritardo, irruzione negli uffici Arca a Bari. Pc all’aria e minacce ai dipendenti: condannate zia e nipote

Zia e nipote di 50 e 24 anni sono state condannate con due decreti penali e con due multe da 500 euro per aver fatto irruzione e seminato il panico negli uffici baresi dell’Arca Puglia, in via Crispi. 

L’episodio il 19 gennaio 2024 quando le due donne si sono presentate sul posto chiedendo di mandare qualcuno nell’alloggio popolare di via Umbria nel quartiere San Paolo, a causa di alcuni problemi all’impianto elettrico.

La risposta è stata prevedibile e alle due viene detto che l’intervento non può essere immediato e che le tempistiche sono piuttosto lunghe. La 50enne spinge il divisorio in plexiglass e il monitor del pc verso l’addetta allo sportello, poi entrambe decidono di scavalcare il desk, di salire sulle sedie, di oltrepassare la postazione e di accedere ai piani superiori dalla parte posteriore.

Tutto è stato documentato dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza. Arrivate al primo piano, insultano e minacciano anche il presidente Pietro De Nicolo, prima dell’arrivo sul posto di una pattuglia della Polizia.

I reati ipotizzati dalla Procura sono quelli di interruzione di pubblico servizio di undici minuti e di violenza ad un incaricato di pubblico, per zia e nipote è arrivata la condanna alla pena pecuniaria di 500 euro. La zia non si è opposta e ha ammesso il suo comportamento, la nipote ha impugnato il decreto penale.

Milano, studente pugliese picchiato in stazione prima del test d’ingresso: altre due condanne

Il Tribunale di Milano ha emesso altre due condanne, rispettivamente a 8 e 6 anni di reclusione, per l’aggressione e la rapina subita da uno studente pugliese lo scorso settembre.

Il giovane si trovava in Stazione Centrale per sostenere il test d’ingresso al Politecnico. La sentenza, emessa con rito abbreviato condizionato, si aggiunge alla condanna a 7 anni inflitta lo scorso dicembre a un terzo complice. Le motivazioni sono attese entro 90 giorni.

Scu, 270 anni ad affiliati del clan Lamendola-Cantanna. Tra loro Pancrazio Carrino: ha minacciato due magistrate

Pene da un massimo di 20 anni di reclusione ad un minimo di un anno sono state inflitte dal gup del tribunale di Lecce, Alcide Maritati, nel processo originato dall’inchiesta ‘The Wolf’, condotta dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce e dai carabinieri della compagnia di San Vito dei Normanni.

Oltre 250 anni il totale delle condanne, in primo grado, nei confronti di 22 persone accusate a vario titolo dei delitti di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi da fuoco e da guerra, violenza privata, lesioni personali, estorsione.

Gli imputati sono riconducibili, secondo l’accusa, al clan Lamendola- Cantanna, della Sacra corona unita, che avrebbe operato in provincia di Brindisi. Il presunto sodalizio criminale si sarebbe reso responsabile negli anni della gestione di droga e di almeno cinque tentativi di estorsione ai danni di imprenditori della zona.

Il gup Maritati ha condannato a 20 anni di reclusione Gianluca Lamendola, 35 anni, ritenuto capo e organizzatore del presunto clan mafioso. Fra i condannati c’è anche Pancrazio Carrino (13 anni e 4 mesi): il 42enne è imputato in un altro procedimento perché accusato di minacce di morte e violenza, aggravate dal metodo mafioso, nei confronti del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia, Carmen Ruggiero, e della giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Maria Francesca Mariano. Entrambe le magistrate sono finite sotto scorta. Per l’associazione Libera, che si è costituita parte civile, è stato riconosciuto un risarcimento di 100mila euro.

Imbavagliato, incappucciato e legato al tavolo: confermati tre ergastoli per l’omicidio Montinaro – NOMI

La Corte d’assise d’Appello di Lecce ha confermato il verdetto di primo grado per l’omicidio di Donato Montinaro, il falegname in pensione di Castri (Lecce) trovato senza vita in casa l’11 giugno 2022 percosso, legato e incappucciato, vittima di una rapina.

I giudici (presidente Teresa Liuni) hanno inflitto tre ergastoli e una condanna a 27 anni per i quattro imputati, accusati di omicidio volontario aggravato in concorso.

Ergastolo dunque confermato per Patrizia Piccinni, 49 anni di Alessano, con isolamento diurno di 18 mesi; per Angela Martella, 59 anni di Salve, con isolamento diurno per un anno; e per Emanuele Forte, 32 anni di Corsano con isolamento diurno per un anno.

Ventisette anni sono invece stati inflitti ad Antonio Esposito, 40 anni di Corsano, a cui sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche in quanto considerato l’unico ad aver collaborato all’accertamento della verità e ad aver mostrato un reale pentimento. Per tutti è stata disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Bari, corteo funebre in “stile Gomorra” per Christian Di Gioia: chieste 10 condanne. Il Comune vuole 250mila euro

La Dda di Bari ha chiesto 10 condanne, a pene da un anno e nove mesi a due anni e otto mesi, per altrettanti imputati finiti a processo (in abbreviato) per il corteo funebre di moto fatto il 24 giugno 2023, a Bari, dopo i funerali di Christian Di Gioia, il 27enne morto a causa di un incidente stradale con lo scooter due giorni prima nel quartiere Japigia di Bari.

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