Molfetta, il boss Felice De Simine denuncia lo Stato italiano alla Cedu: “Violato il diritto a un processo equo”

Il boss molfettese Felice De Simine, 53enne con precedenti per strage, omicidio (in concorso con altri) e tentato omicidio, ha deciso di denunciare lo Stato italiano alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La vicenda riguarda la condanna a 7 anni e 9 mesi di reclusione per tentato omicidio passata in giudicato a dicembre 2022, a 15 anni dai fatti commessi nel 2007. I suoi legali, gli avvocati Massimo Chiusolo e Claudia Terlizzi, hanno presentato ricorso per violazione dell’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, cioè la disposizione sul diritto a un processo equo.

“Il processo celebrato a carico del ricorrente – si legge nel ricorso – ha violato il diritto del De Simine di essere giudicato in tempi ragionevoli, con il rispetto delle garanzie difensive e del contraddittorio”. In particolare, la difesa ha lamentato come l’udienza d’appello sia stata fissata non solo a quasi 10 anni dalla prima condanna, ma anche “in assenza della disponibilità del fascicolo”: tutto il materiale del primo grado, infatti, era sparito. Il fascicolo fu ricostruito parzialmente solo due giorni prima dell’udienza, poi conclusasi con una nuova condanna. “I pochi atti ricostruiti – continua il ricorso – non erano presenti che due giorni pima, essendo giunti il 2 dicembre a fronte di una udienza celebratasi il 4 dicembre” 2020. Atti che, rilevano gli avvocati, “non erano certi quanto a contenuto con riguardo ai motivi d’appello, mentre risultavano mancanti totalmente” dell’interrogatorio difensivo dell’incolpato, strumento con cui De Simine aveva cercato di spiegare i motivi dell’aggressione. Le decisioni della Corte d’Appello di Bari e della Cassazione, quindi, avrebbero “determinato una gravissima ed irreparabile lesione del diritto di difesa del De Simine sotto diversi profili”. “Non solo il processo non si è svolto in termini di ragionevole durata – si legge ancora – ma altresì l’imputato non ha potuto disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa”.

Bari, la denuncia dal Policlinico: “Mio padre malato da giovedì è su una barella al Pronto Soccorso”

“Vorrei segnalare dei gravi malfunzionamenti al Pronto Soccorso del Policlinico di Bari. Mi presento con mio padre, affetto da mieloma multiplo, un tumore maligno. Combattiamo da due anni questa malattia e passiamo più tempo in ospedale che a casa per le terapie. In un mese ho dovuto accompagnare mio padre per due volte al Pronto Soccorso”. Inizia così il racconto inviato da un nostro lettore alla nostra redazione. “Sia la prima che la seconda volta ha ricevuto lo stesso trattamento. La prima volta precipitiamo per un’emorragia nasale, viene messo in codice azzurro e rimane seduto su una poltrona per 48 ore – si legge nella lettera -. Chiedendo delle spiegazioni mi hanno sempre risposto che erano incasinati e che ci sono pazienti più gravi di lui, rispondendomi in modo maleducato senza neanche ascoltare la mia richiesta. La seconda volta invece, a distanza di un mese, viene portato in ambulanza incosciente e lasciato su una poltrona in sala d’attesa sempre incosciente per mancanza di ossigeno causa polmonite. Dopo svariate ore finalmente lo fanno entrare in Pronto Soccorso e chiedo di entrare con lui perché incapace di intendere in quel momento, non mi fanno entrare e insisto per rimanere affianco a lui perché non capiva neanche dove si trovava. Chiamano la Polizia lì presente senza prima controllare i suoi parametri nonostante cercavo di spiegare la sua gravità, loro si preoccupavano solo di farmi uscire fuori. Nel frattempo cambia anche il turno e la dottoressa di quel turno non l’ha neanche visitato. Finalmente lo visitano e lo fanno entrare nella stanza arcobaleno (alleluia). Non mi fanno entrare e la situazione si è degenerata, mio padre incosciente purtroppo sputa addosso ad un infermiera e mi vengono a chiamare d’urgenza dicendo che mio padre è ingestibile. Tutto questo non sarebbe accaduto se mi ascoltavano o visitavano subito il paziente”.

“Credo di capire benissimo quando una persona è molto occupata e quando si parla di problemi personali al lavoro o di vacanze. Durante i 5 giorni in pronto soccorso, (scandaloso) per mancanza di posto letto, mio padre rimane senza ossigeno e ogni informazione che chiedo ho il timore che mi rispondono male. Per non finire un infermiere oppure OSS lo vedo che barcollava, mi avvicino e sento odore di alcol nonostante il suo stato di ebbrezza è stato l’unico ad ascoltarmi e rispondere alla mia domanda adeguatamente. I bagni si trovano fuori dal reparto del pronto soccorso e per arrivare un paziente che deve attraversare la sala d’attesa del pronto soccorso rischiando di essere infettato da altre persone presenti. Un altro argomento importante da sollevare sono le attrezzature mancanti che gli infermieri vanno in giro per il pronto soccorso a cercare – conclude -. Ascoltando le lamentele del personale fanno almeno 50 ore di straordinario per mancanza di personale forse è questo il problema. Da giovedì mio padre sta ancora in pronto soccorso in una barella e pieno di dolori, qualsiasi domanda esposta agli infermieri, mi rispondono scocciati: ‘non preoccuparti’ oppure ‘tra un po’ arriva il medico’. Non avevano neanche i medicinali come i cerotti per la terapia del dolore e li hanno iniettato la morfina senza sapere neanche rispondere alla mia domanda di quanti mg, e che la morfina va in contrasto con il cerotto. Finalmente martedì pomeriggio lo ricoverano in medicina generale e sembra ricevere le cure necessarie. Spero questa mia segnalazione serva almeno a risolvere queste gravi e preoccupanti problematiche, non solo per mio padre ma anche per fare capire alle autorità competenti che ci sono delle grosse lacune nella nostra sanità”.

Il coro della chiesa intona “Cenere” di Lazza, la denuncia da Modugno arriva su Trash Italiano: delirio sui social

La pagina solo su Instagram conta circa 4,4 milioni di followers. Le polemiche non sono mancate e subito si è innescata una diatriba social che ha coinvolto lo stesso Lazza. C’è chi premia l’originalità e invita il cittadino a dire di quale chiesa si tratti per andarci e chi è d’accordo con il suo sfogo.

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