USB assolta dalla querela per diffamazione presentata dalle Ferrovie Appulo Lucane: “Finalmente c’è giustizia”

“Qualche tempo fa e precisamente a Gennaio 2022, le Ferrovie Appulo Lucane, essendosi trovata in improvvisa crisi di liquidità e dovendo provvedere al pagamento degli stipendi, dovette disporre l’accredito dello stipendio mensile con “bonifico urgente”, comportando che alcuni Lavoratori si siano visti addebitare il costo di 5€ conseguente all’adozione di tale scelta datoriale. Pertanto, come USB in prima istanza inviammo una ‘diffida’ alla FAL e successivamente, vista la mancanza di risposte, pubblicammo sulla nostra pagina Facebook il post ‘Alle Ferrovie Appulo Lucane i Lavoratori pagano per ricevere il proprio salario!’ nel quale dichiaravamo che a nostro avviso tali addebiti potevano ‘configurarsi come vera e propria appropriazione indebita’. E solo dopo aver pubblicato la notizia che le Fal ci inviarono una ‘nota’ in cui ammettevano l’errore senza però scusarsi con i Lavoratori. E noi, dall’altro canto ribadimmo: ‘meglio tardi che mai!’.  Ma evidentemente il Presidente delle FAL (azienda pubblica al 100%), non ‘contento’ del nostro operato, decise di QUERELARE la USB per diffamazione”. Inizia così il comunicato stampa a firma di USB LP Bari/BAT.

“Noi, come è giusto che sia, abbiamo ritenuto costituirci in giudizio, opponendoci, convinti di aver fatto il nostro lavoro a tutela e difesa degli interessi dei Lavoratori (non solo nostri iscritti)… E la giustizia, con i suoi tempi, ci ha dato ragione: il procedimento a nostro carico è stato ‘archiviato’ per «infondatezza della notizia di reato»! – si legge -. Il Giudice, accogliendo le motivazioni dei nostri legali Avv. Michele Bottalico e Avv. Francesco Daddabbo, oltre ad osservare che quella del “bonifico urgente” è stata una scelta, «imputabile esclusivamente al datore di lavoro e non portata preventivamente a conoscenza dei lavoratori e dei loro rappresentanti sindacali» che «ha indirettamente cagionato ai medesimi un lieve danno immediato (l’addebito di 5 Euro quale costo dell’urgenza) al contempo ingenerando il timore che detta onerosa modalità potesse divenire ‘al regola’», ha altresì specificato che «la nozione di critica, quale espressione della libera manifestazione del pensiero» è oramai ammessa dall’elaborazione giurisprudenziale «anche con toni aspri e taglienti, non essendovi limiti astrattamente concepibili all’oggetto della libera manifestazione», cosi come «ne consegue che la critica, a differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia… NON PUÒ, PER DEFINIZIONE, PRETENDERSI RIGOROSAMENTE OBIETTIVA E ASETTICA» concludendo che la nostra dichiarazione, a parere di FAL diffamatoria, ‘SI SIA INSERITA IN UN CONTESTO DI LEGITTIMA CRITICA, DA PARTE DI UN RAPPRESENTANTE SINDACALE, NEI CONFRONTI DELL’OPERATO DEL DATORE DI LAVORO’. FINALMENTE C’È GIUSTIZIA!”.

Bari, Emiliano a processo per diffamazione all’ex consigliere Cipriani. De Santis (PD): “Era arrabbiato con Salvini”

Il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, è a processa con l’accusa di diffamazione nei confronti dell’ex consigliere comunale Luigi Cipriani, presidente del movimento politico Riprendiamoci il futuro. I fatti risalgono al 13 settembre 2018 quando Emiliano nel programma “Viva l’Italia” su Rete 4, aveva insinuato un legame tra l’ex consigliere comunale di Bari, Luigi Cipriani, e il suo movimento politico con la criminalità organizzata operante nel quartiere Libertà. Frase che venne riportata da alcune testate giornalistiche locali.

Nell’ultima udienza di ieri è toccato a Domenico De Santis, segretario regionale del Pd e vicecapo di gabinetto del presidente della Regione Puglia, testimoniare. “Emiliano era molto arrabbiato con il ministro Salvini per questo sgarbo istituzionale, perché invece di incontrare le istituzioni, il ministro dell’Interno fece un incontro politico”, le sue parole riportate da La Gazzetta del Mezzogiorno. Il processo è ormai alle battute finali, Cipriani si è costituito parte civile. Gli altri tre testimoni, l’ex sindaco di Bari Antonio Decaro, la presidente del Consiglio regionale Loredana Capone e il parlamentare Claudio Stefanazzi, non si sono presentati in aula per impegni istituzionali e saranno citati di nuovo per la prossima udienza in programma il 9 gennaio.

Bari, processo per diffamazione all’ex consigliere Cipriani. Emiliano si difende: “Era Salvini il destinatario”

Il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, questa mattina si è recato nel Tribunale di Bari per partecipare all’udienza a suo carico in cui è accusato di diffamazione nei confronti dell’ex consigliere comunale Luigi Cipriani, presidente del movimento politico Riprendiamoci il futuro. I fatti risalgono al 13 settembre 2018 quando Emiliano nel programma “Viva l’Italia” su Rete 4, aveva insinuato un legame tra l’ex consigliere comunale di Bari, Luigi Cipriani, e il suo movimento politico con la criminalità organizzata operante nel quartiere Libertà. Frase che venne riportata da alcune testate giornalistiche locali.

“Non avevo alcuna intenzione di ledere l’onorabilità di Luigi Cipriani. So perfettamente che è una persona perbene e personalmente non è mai esistita l’idea che avesse un minimo legame con la criminalità organizzata. La mia è stata una polemica politica con l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che aveva bypassato le istituzioni locali per fare un comizio davanti a un circolo del quartiere Libertà di Bari”, ha ricostruito Emiliano in aula.

“La scelta di Salvini l’ho presa come uno sgarbo istituzionale. Salvini era andato in un quartiere complicato in cui c’è una tensione etnica e criminale molto forte, ma senza passare prima dalle istituzioni – ha aggiunto -. Il presidente della Regione non attacca un ministro senza una ragione ferrea, infatti Salvini non mi ha mai risposto. Il destinatario delle mie dichiarazioni era Salvini”.

Meloni diffamata, il Pd si schiera con Canfora e “taglia la testa” al suo avvocato. Laforgia polemico: “Sarà un caso”

“Chi capita su questo profilo fb sa che non parlo mai del mio lavoro, se non per questioni che riguardano tutti. Non mi piace e non lo trovo opportuno. Non parlo qui neppure delle mie campagne elettorali, ho una pagina pubblica, da anni, dedicata alla politica. Oggi però devo fare una eccezione”. Inizia così il post pubblicato da Michele Laforgia, candidato sindaco alle prossime Amministrative a Bari di Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana e Italia Viva, sul suo profilo Facebook. L’episodio a poche ore di distanza dalla decisione del centrosinistra di andare separati al primo turno di voto, dopo il mancato accordo tra lo stesso Laforgia e Leccese, candidato sindaco del Pd.

“L’altro ieri è stato rinviato a giudizio per diffamazione aggravata in danno dell’attuale Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il Professor Luciano Canfora, che mi onora da molti anni della sua amicizia e della sua fiducia. Uno dei più grandi intellettuali italiani. L’ho accompagnato in aula perché è difeso da me, un avvocato di provincia – le sue parole -. Lo hanno scritto i giornali e lo hanno detto in tv. E ne hanno parlato anche sui social, ovviamente non tutti con favore. Agli avvocati capita spesso, non me ne faccio un cruccio. Ma quando ho visto questa foto mi è venuto un tuffo al cuore. È un post sul sito Instagram del Partito Democratico nazionale. Ci sono anche io, a destra della foto, ma senza testa. Sarà certamente un caso, una coincidenza. Ma a me ha fatto impressione lo stesso”.

Bari, Canfora rinviato a giudizio per aver diffamato Giorgia Meloni: la premier sarà ascoltata in aula

Il giudice Antonietta Guerra ha rinviato a giudizio il filologo e storico Luciano Canfora, imputato per diffamazione aggravata nei confronti della premier Giorgia Meloni. I fatti risalgono all’11 aprile 2022, quando Meloni era parlamentare dell’opposizione e il presidente del Consiglio in carica era Mario Draghi.

Canfora, invitato a parlare nel liceo scientifico ‘Enrico Fermi’ di Bari nell’ambito di un incontro sul conflitto russo-ucraino, definì Meloni “neonazista nell’anima”, “una poveretta”, “trattata come una mentecatta pericolosissima”. Il processo comincerà il 7 ottobre dinanzi al giudice monocratico Pasquale Santoro. Il rinvio a giudizio, chiesto dalla Procura, è stato ritenuto necessario perché la vicenda “merita una integrazione probatoria approfondita non compatibile con la struttura di una udienza predibattimentale”, le parole dell’avvocato Michele Laforgia che ha inoltre annunciato la presenza della presidente Meloni in aula come persona offesa durante il dibattimento.

La premier Giorgia Meloni ha chiesto un risarcimento dei danni di 20mila euro allo storico e filologo. La richiesta è contenuta nell’atto con cui Meloni, difesa dall’avvocato Luca Libra, si è costituita parte civile nel processo per cui stamattina si è svolta l’udienza predibattimentale.

Canfora a processo per diffamazione a Bari: la premier Meloni chiede 20mila euro come risarcimento danni

La richiesta è contenuta nell’atto con cui Meloni, difesa dall’avvocato Luca Libra, si è costituita parte civile nel processo per cui stamattina si è svolta l’udienza predibattimentale. La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio di Canfora, mentre il suo difensore, (avvocato Michele Laforgia) ha chiesto che venga prosciolto.

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“Meloni neonazista”, la premier porta Canfora in aula a Bari: sarà assistita dal sottosegretario Delmastro

Lo storico Luciano Canfora, 81 anni, è a processo a Bari con l’accusa di aver offeso “la reputazione di Giorgia Meloni”, durante un incontro che si è tenuto al liceo scientifico Fermi nel 2022 sul conflitto tra Russia e Ucraina. L’udienza è fissata al prossimo 16 aprile, la Premier è assistita da Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, mentre il difensore di Canfora è Michele Laforgia, che resta ancora in corsa nonostante la scelta del Pd di puntare su Leccese per rappresentare il centrosinistra alle prossime amministrative di Bari.

“La leader di Fratelli d’Italia, poveretta, trattata di solito come una mentecatta pericolosissima, essendo neonazista nell’animo si è subito schierata con i neonazisti ucraini”, le parole pronunciate da Canfora durante l’incontro. La Meloni non ci ha pensato due volte e ha deciso subito di querelare Canfora. Lo storico ha precisa in seguito che “dire neonazista non significa dire nazista”. “Neonazista è, ad esempio, l’atteggiamento di chi usa le navi da guerra per respingere i migranti. Si tratta di comportamenti piuttosto recenti di una dirigente politica che ha le sue idee, secondo me troppo forti, sul terreno fondamentale della migrazione in atto nel Mediterraneo e su cui, a suo tempo, abbiamo sentito parole tremende. Neonazista è uno che non accetta e non rispetta l’unità del genere umano e che riguardo al fenomeno migranti si esprime in maniera bellica. Coloro che scappano dalla Libia sono esseri umani da rispettare altrettanto degli ucraini e non da respingere con le cannoniere. Questa è la mia obiezione e la ragione per la quale io approdo al concetto di neonazista, perché rassomiglia a quell’atteggiamento mentale secondo cui alcuni esseri umani sono di serie B”, ha precisato in seguito. E questo verrà ripetuto in aula dallo stesso Canfora.