Leporano, uccisa la 73enne Silvana La Rocca: il figlio Salvatore D’Ettori confessa l’omicidio

Salvatore D’Ettori ha confessato di aver ucciso la madre Silvana La Rocca, la 73enne trovata senza vita ieri sera a Leporano. L’uomo non ha retto dopo essere stato incalzato dai carabinieri e ha ammesso le sue responsabilità. Ora è in stato di fermo e gli sarà contestata l’accusa di omicidio volontario.

Sul cadavere della donna, ex insegnante in pensione, sono state rinvenute coltellate al ventre. Era stato proprio lui ad allertare i carabinieri perché preoccupato dalle sue mancate risposte. La 73enne viveva da sola, era vedova da diverso tempo dopo che suo marito, ex dipendente Ilva, era morto nel 2002 a causa di un incidente sul lavoro.

Nonni disperati dopo il suicidio del figlio, l’appello alla ex nuora: “Facci vedere la nipotina”

Abbiamo incontrato Roberto e Apollonia, due nonni che da tanto tempo non vedono più la nipotina Aurora. Da quando il loro figlio Mario ha deciso di farla finita. Dopo il tragico evento i due hanno manifestato alla compagna tutta la loro vicinanza, per i primi tempi tutto è andato per il verso giusto, ma qualcosa poi è cambiato all’improvviso.

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Bari, viola il divieto di avvicinamento dal padre: figlio arrestato dopo la segnalazione del braccialetto elettronico

Nei giorni scorsi la Polizia di Stato ha dato esecuzione, su richiesta della Procura Generale, ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dalla Corte di Appello di Bari, quale aggravamento della misura del divieto di avvicinamento, nei confronti di un uomo ritenuto responsabile di violazione delle prescrizioni imposte dalla misura cautelare di cui era destinatario.

L’uomo, a seguito di minacce e maltrattamenti, non poteva avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dal padre (tra cui abitazione e luogo di lavoro) ed aveva l’obbligo di mantenere dal medesimo una distanza di almeno 300 metri. Ai fini del monitoraggio di quanto prescritto dall’Autorità Giudiziaria, gli era stato anche applicato il “braccialetto elettronico”.

L’allarme del braccialetto e le segnalazioni del padre relative a ripetute violazioni delle prescrizioni imposte, hanno consentito l’emissione del provvedimento cui i poliziotti della Squadra Volante hanno dato esecuzione. Dopo le formalità di rito e su disposizione dell’Autorità Giudiziaria, l’uomo è stato accompagnato nel carcere di Bari.

Gravina, uccide la moglie a mani nude: Lacarpia accoltellò 15 anni fa suo figlio. Soffre di problemi neurologici

Ha dato fuoco all’auto su cui si trovava la moglie e poi, quando la donna ricoperta di ustioni è riuscita a uscire dalla vettura in fiamme, l’ha raggiunta e bloccata e uccisa a mani nude. Con questa accusa è stato fermato dalla polizia Giuseppe Lacarpia, pregiudicato di 65 anni. È accusato di omicidio premeditato e aggravato. Maria Angela Turturo, che aveva 60, era ricoverata in ospedale e prima di morire è riuscita a raccontare alla figlia e alla polizia l’accaduto. Il fatto è avvenuto la notte del 6 ottobre scorso in agro di Gravina in Puglia.

L’uomo fermato, che ha precedenti per delitti contro il patrimonio e la persona, era stato in carcere quasi 15 anni fa con l’accusa di aver tentato di uccidere il figlio intervenuto per sedare una lite tra i genitori. Lo ferì con un coltello nella circostanza. Si sarebbe dovuto sottoporre in giornata ad una visita medica, nelle scorse settimane era stato ricoverato per problemi neurologici. Soffrirebbe anche di demenza senile e Alzheimer ma non in stadio grave, in passato ha anche tentato il suicidio.

Secondo quanto ricostruito dalla polizia, l’uomo ha appiccato il fuoco alla propria autovettura dentro la quale c’era la moglie che è però riuscita a fuggire dall’automobile con ustioni parziali sul corpo. A quel punto l’uomo l’ha aggredita immobilizzandola in posizione supina sull’asfalto, schiacciandola con il peso del proprio corpo e le braccia, e premendole un ginocchio sull’addome. E ha così provocato fratture allo sterno e alle costole determinando la compressione del cuore e la successiva morte che è avvenuta in ospedale. Alla vicenda avrebbero assistito alcuni testimoni uno dei quali ha anche girato un video con il proprio cellulare. La donna è stata quindi soccorsa da personale del 118 e, prima di morire in ospedale è riuscita a raccontare alla polizia e a sua figlia che cosa era successo.

Taranto, ragazzino chiama la Polizia: “Venite papà vuole picchiare mamma”. Arrestato 45enne

Un ragazzino ha chiamato la polizia e ha fatto arrestare suo padre, un 45enne, facendo emergere una storia famigliare caratterizzata, da più di un anno, dai comportamenti vessatori dell’uomo, con violenze fisiche e psicologiche. È accaduto in provincia di Taranto. Secondo quanto ricostruito dalla polizia, il figlio minorenne della coppia ha chiamato il 112 dicendo che suo padre, in forte stato di alterazione, aveva provato ad aggredire sua madre.

E solo il suo intervento – si era frapposto tra i due – aveva impedito il peggio. Quando i poliziotti della squadra volante sono arrivati nell’appartamento, hanno trovato i figli e la donna impauriti mentre il padre manifestava aggressività nei loro confronti. Riportata la calma, gli agenti hanno ascoltato la testimonianza della madre e dei figli che hanno raccontato la loro condizione di estremo disagio dovuto ai comportamenti del 45enne che li avrebbe anche minacciati di morte. E che in altre occasioni avrebbe aggredito sua moglie. L’uomo è stato portato in carcere con l’accusa di maltrattamenti in famiglia.

Bari, insegnante di sostegno fa sedere bimbo autistico sulla “sedia della vergogna” in classe: l’ira della mamma

“Mio figlio autistico di 8 anni sulla sedia della vergogna in classe, da allora ha iniziato a farsi la pipì addosso”. Inizia così la denuncia di una mamma ai microfoni de La Repubblica di Bari. La vicenda prende luogo in scuola primaria barese. Una sedia “camomilla” o della “riflessione”, questo sarebbe il metodo scelto dall’insegnante per “punire” un bambino autistico. In realtà però l’esperimento ha avuto risvolti assolutamente negativi.

“Ha fatto sedere mio figlio di fronte ai compagni di classe, tra l’armadio e il muro, senza dover toccare nessuno. Senza motivo, solo perché la nuova docente temeva che il bambino potesse far male a qualcuno – racconta -. In una settimana è precipitato a livello psichiatrico. Ha iniziato a farsi la pipì addosso dopo essere stato sottoposto alla sedia della vergogna. Viene anche chiamata sedia della riflessione, ma ha rappresentato soltanto un momento di mortificazione. L’insegnante non sapeva gestire la situazione. Mi ha chiamata affermando che dovevamo mandarlo in una struttura ad hoc. La maestra è andata via ammettendo che stava scaricando sul bambino la frustrazione di molti problemi legati al lavoro in classe”.

Bari, sequestrato microtelefono nel carcere minorile: figlio di un boss sorpreso mentre lo usa in cella

Un giovane di 24 anni detenuto nel carcere minorile di Bari è stato sorpreso dagli agenti della polizia penitenziaria mentre, all’interno della sua cella, stava telefonando con un microcellulare. L’apparecchio, il cui uso è vietato per i reclusi, è stato sequestrato. È quanto fa sapere la confederazione autonoma italiana polizia penitenziaria riferendo quando accaduto ieri sera.

Secondo quanto riporta la nota del sindacato, il 24enne “figlio di uno capo storico di un clan barese era nel vano bagno della sua cella mentre provava a parlare con l’esterno attraverso il cellulare che nascondeva con una mano”, fa sapere Mimmo Mastrulli, il presidente del Cosp sindacato che fa parte della confederazione.

“Il giovane è in carcere per diversi reati contro la persona e il patrimonio – aggiunge – e aveva un microcellulare completo di scheda che sono stati recuperati grazie alla bravura degli agenti”. Il sindacato chiede una “maggiore attenzione” per l’istituto di pena minorile dove “continuano a registrarsi proteste anche se in forma minore rispetto ai giorni scorsi”, conclude Mastrulli.

Orrore a Ostuni, gatti chiusi in gabbie e legati alla corda: denunciati madre e figlio

Il Nucleo di Guardie Zoofile di Stop Animal Crimes Italia è intervenuto a Ostuni (Brindisi) dove una famiglia deteneva gatti alla corda e in gabbie in condizioni igienico-sanitarie precarie e incompatibili con la loro natura. Si è così proceduto al sequestro penale di 7 gatti – tutti sprovvisti di microchip – e degli oggetti di costrizione.

Due persone, madre e figlio, sono state denunciate per il reato di abbandono di animali, previsto dall’art. 727 del codice penale, che punisce “chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività. In particolare, una gatta adulta, che stazionava su un cumulo di feci con 3 gatti di circa 50 giorni, si trovava legata con una corda fissata al muro. Altri tre gatti, di circa 4 mesi, si trovavano rinchiusi in una piccola gabbia tra i propri escrementi.

Il sequestro, convalidato dal pubblico ministero del tribunale di Brindisi Giovanni Marino, è stato già notificato dalle guardie zoofile ai due indagati su delega del magistrato. Non appena i tempi lo permetteranno i gatti saranno affidati a famiglie. Il Nucleo di Guardie Zoofile ricorda “che i gatti sono per natura animali liberi e che ogni modalità di detenzione coercitiva e in danno della loro etologia costituiscono reato”.