Omicidio a Francavilla, accoltella e uccide il figlio. Angelo Argentina: “Voleva soldi per la droga mi sono difeso”

“Voleva i soldi per la droga. Mi ha aggredito”. Sono alcune delle frasi che questa mattina Angelo Argentina, il 71enne in carcere per aver ucciso il figlio, Stefano di 44 anni, ha pronunciato davanti al gip del tribunale di Brindisi, Vittorio Testi, nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto.

Il 71enne ha reso spontanee dichiarazioni al giudice, evidenziando anche “di non ricordare di aver impugnato un coltello”. L’arma, che avrebbe colpito all’addome il 44enne, non è stata ancora trovata dai carabinieri che indagano sull’accaduto. L’arresto di Angelo Argentina, difeso dall’avvocato Massimo Romata, è stato convalidato dal gip.

Ora l’uomo è accusato di omicidio volontario aggravato dal rapporto di parentela e dai futili motivi. Il 71enne si trova in carcere da mercoledì pomeriggio poche ore dopo la lite avvenuta all’esterno dell’abitazione che si trova tra Francavilla Fontana e Villa Castelli.

Il 44enne è morto ieri pomeriggio a 24 ore dal diverbio con il padre, poi degenerato. La vittima è stata colpita all’addome con un coltello. Per chiarire le cause della morte la procura di Brindisi nelle prossime ore disporrà l’autopsia.

Lite familiare a Francavilla Fontana, accoltella e uccide il figlio 44enne: oggi l’interrogatorio di Angelo Argentina

Si terrà questa mattina davanti al gip del tribunale di Brindisi l’interrogatorio di garanzia del 71enne Angelo Argentina, accusato di aver accoltellato e ucciso il figlio Stefano, di 44 anni, al termine di un litigio.

La vittima è morta nel tardo pomeriggio di ieri nell’ospedale Perrino di Brindisi. Il diverbio era avvenuto il giorno prima, all’esterno dell’abitazione dei due, alla periferia di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi.

Il 71enne si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario, per aver colpito a morte il figlio all’addome. Nelle prossime ore, intanto, la Procura potrebbe disporre l’autopsia sul cadavere del 44enne.

Omicidio Di Giacomo a Poggiofranco, il figlio rompe il silenzio: “Vogliamo giustizia. I Vassalli lo hanno perseguitato”

“Su nostro padre sono state riportate troppe cose inesatte. Era un professionista esemplare, ci manca tantissimo e non ha mai avuto problemi con nessuno. Nei cinque mesi di indagine abbiamo scelto di rimanere in silenzio, affidando le nostre speranze al lavoro della magistratura. Ora però abbiamo deciso di chiarire alcune cose sulla causa civile iniziata del 2019 e ripresa contro me, mio fratello e mia madre, gli eredi di mio padre. La cosa principale, e che non sempre è stata riportata correttamente, è che la causa è ancora in corso e ancora non c’è nulla di concreto. E poi che si tratta di una causa civile”.

Queste sono le parole di Luca Di Giacomo, figlio di Mauro, il fisioterapista ucciso a Bari la sera del 18 dicembre 2023 sotto la sua abitazione a Poggiofranco da Salvatore Vassalli.

“Era un punto di riferimento per tutti quelli che hanno lavorato con lui – le sue parole in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno -. E lo testimonia il fatto che in oltre 30 anni di carriera sia stato costretto a difendersi solo in un’occasione, nel 2019. Quella della famiglia di Vassalli è stata una vera e propria persecuzione nei confronti di mio padre, che ormai dura da sei anni. Trovo sia assurdo che si ostinino a cercare un qualcosa da noi. Da parte loro non sono mai arrivate scuse, né una lettera né nulla. Anzi, dalla scelta della figlia di far ripartire la causa contro la mia famiglia si capisce come vogliano fare di tutto, tranne che porgerci delle scuse”.

“Noi stiamo andando avanti, ognuno di noi con la propria vita e i propri problemi. Dopo il delitto sono entrato in terapia, e questo penso possa far capire che brutta botta sia stata. Ma per quanto possibile, io e la mia famiglia cerchiamo di essere presenti a ogni udienza. Speriamo ci sia giustizia per papà, perché se lo merita e perché si è cercato in ogni modo di infangare la sua memoria – conclude -. Cosa mi manca? Tutto, a partire dalla sua presenza. Mi manca non poter andare allo stadio con lui o non poterci contare. Collaborava con me a una testata per la quale lavoro, aiutandomi con pareri medici sugli infortuni dei calciatori. Il pomeriggio di quel maledetto 18 dicembre mi mandò un messaggio, chiedendomi se andasse bene una foto a corredo del pezzo che aveva mandato. Rivedere quei messaggi mi fa sentire ancora di più la sua mancanza”.

Follia ad Apricena, colpi esplosi nel Foggiano: spara al figlio e al compagno dell’ex moglie

Follia ad Apricena dove si è consumata una sparatoria in famiglia. L’episodio in via Aldo Moro, dopo un litigio iniziato nei pressi di una stazione di servizio un uomo ha sparato con una pistola all’indirizzo del figlio e del compagno dell’ex moglie.

Il ragazzo, miracolosamente salvo, è poi tornato sul posto e ha tentato di difendere il patrigno, speronando con la sua auto la macchina del padre. Fortunatamente non ci sono feriti.

Una delle persone coinvolte nella sparatoria è stata fermata, mentre un altro soggetto è ricercato.

Bari, 51enne rumena e figlio scomparsi nel nulla: non si hanno notizie da oltre due settimane

Dal 9 febbraio non si hanno notizie di Aurelia Hristea, 51enne rumena residente a Bari. La donna ha fatto perdere le proprie tracce assieme al figlio Eduard Ionut di 22 anni e al loro barboncino nero.

L’ex marito, residente in Romania, ha denunciato la sua scomparsa il 19 febbraio. Aurelia lavora in una pasticceria a Bari, è sparita all’improvviso lasciando chiavi di casa e oggetti personali, come confermato da alcune sue amiche.

Ad una di loro avrebbe detto che voleva farla finita, c’è grande apprensione e si teme che possa essere accaduto qualcosa di grave. La famiglia della donna ha affermato di non avere più sue notizie.

Mamma e figlio autistico sfrattati a Taranto, c’è lo sgombero: “Presi in giro non so dove andremo”

È stato eseguito ieri lo sfratto dall’appartamento di Taranto in cui risiedevano di Adriana Parisi e del figlio autistico Saverio, di 34 anni, dopo la vendita della casa all’asta in quanto la donna e suo marito (che si sono separati nel 2016), non sono più riusciti a pagare le rate del mutuo.

Adriana aveva presentato nuove offerte economiche per l’acquisto o semplice affitto dell’immobile, e chiesto quanto meno di differire lo sgombero per consentire al figlio ad abituarsi gradualmente alla nuova destinazione, considerando che i cambiamenti improvvisi potrebbero provocargli stress emotivo. Ieri mattina, dopo il rinvio ottenuto lo scorso mese, è avvenuto lo sgombero esecutivo dell’immobile.

Non è bastata la raccolta fondi avviata dal Comitato spontaneo #iostoconSaverio. “Questa – ha dichiarato Adriana Parisi – è l’epilogo di 3 anni di battaglie. Avevo chiesto 24 ore di tempo per spostarmi con Saverio e svuotare casa e sistemarmi in un B&B che avrei dovuto visionare per valutare se risultava idoneo. Mi hanno presa in giro, mi hanno detto di mandare via la stampa e togliere qualcosa per far vedere la buona volontà, assicurandomi che avrei anche potuto restare qui con Saverio per la notte. Questa è stata l’ennesima bufala”.

“I servizi sociali – ha aggiunto la donna – hanno trovato un posto che probabilmente sarà pronto tra un paio di mesi, poi sono andati via. E sono stata costretta a sgombrare casa alla meno peggio. Non vi fidate, anche se c’è un ragazzo disabile non importa a nessuno. Dove andrò? Non lo saprà nessuno”.

Tragedia a Brindisi, auto finisce fuori strada e si ribalta: muore 35enne. Ferito il figlio di 11 anni

Un 35enne è morto in un incidente stradale poco fa a Brindisi. A bordo dell’auto c’era anche il figlio di 11 anni che ha riportato solo lievi ferite. L’auto del 35enne è finita fuori strada e si è ribaltata più volte finendo nelle campagne circostanti.

Le indagini per ricostruire l’accaduto sono condotte dagli agenti della polizia locale. Sul posto anche i vigili del fuoco per le operazioni di soccorso. Il magistrato di turno ha disposto la restituzione della salma ai familiari.

Non vogliono vicina trans, la svegliano di notte e la picchiano: indagati padre e figlio nella Taranto medievale

Non volevano come vicina di casa una ragazza transgender e per questo l’avrebbero minacciata, insultata, e avrebbero disturbato la sua serenità citofonando e suonando ripetutamente il campanello nel cuore della notte. In una occasione, la vittima sarebbe stata anche picchiata con un pugno e uno schiaffo dopo essere stata accerchiata da una decina di persone.

E’ accaduto a Taranto dove – secondo quanto riporta la Gazzetta del Mezzogiorno – una trans ha denunciato padre e figlio per stalking. In seguito al racconto della vittima e agli accertamenti dei carabinieri, il gip Elio Cincelli ha disposto il divieto di avvicinamento di 500 metri e il braccialetto elettronico nei confronti di un 28enne, indagato per minacce gravi e atti persecutori insieme al padre.

Quest’ultimo, la notte tra il 7 e l’8 dicembre, mentre era ai domiciliari, sarebbe uscito di casa intimando alla ragazza di rientrare in casa dopo che questa si era lamentata di sentire troppo rumore provenire dalla loro abitazione.

Secondo il racconto della ragazza, sarebbe stata accerchiata da una decina di persone che si sono scagliate contro di lei: le sarebbe stato strappato il cellulare dalle mani e sarebbe stata colpita con un pugno e uno schiaffo al volto. Per questo episodio il padre del 28enne è finito in carcere.

Per il giudice Cicinelli, che ha firmato l’ordinanza, la versione fornita dalla vittima – evidenzia il quotidiano – non ha contraddizioni e il 28enne è ritenuto in grado di mettere in atto comportamenti persecutori come dimostra il fatto di aver proseguito con le intimidazioni anche dopo che a suo padre è stata revocata la detenzione domiciliare.