Cerignola, auto di lusso importate illegalmente dall’estero. Scoperta frode da 15 milioni: 33 denunce

Una frode fiscale da oltre 15 milioni di euro nel settore dell’importazione di autovetture dall’estero è stata scoperta dalla guardia di finanza di Cerignola (Foggia) che ha eseguito 13 misure cautelari di sequestro preventivo nei confronti degli amministratori di 22 concessionarie e denunciato 33 persone per reati tributari e falso in atti pubblici.

Le indagini, coordinate dalla procura di Foggia, hanno preso avvio da un controllo fiscale nei confronti di una società cerignolana e hanno portato alla luce un giro illegale di importazione e vendita di oltre 300 autovetture di lusso (Ferrari, Lamborghini, Porsche, Audi, BMW, Mercedes), che attraverso false fatturazioni, firme false sulla documentazione per le richieste di immatricolazione e attestazioni contraffatte, avrebbe consentito di sottrarre 4,5 milioni di euro di iva e di vendere gli autoveicoli ad un prezzo inferiore a quello di mercato.

Secondo la finanza, il concessionario di Cerignola agiva in collegamento con numerose concessionarie italiane, a Bari, Barletta, Ascoli Piceno, Ancona, Napoli, Salerno, Rimini, Fermo e Teramo.

Il sistema funzionava attraverso la falsificazione delle fatture che certificavano l’acquisto di beni esenti da iva, la presentazione alle Motorizzazioni Civili di falsa documentazione attestante la provenienza degli autoveicoli dalla Repubblica di San Marino e l’avvenuto assolvimento degli obblighi tributari da parte di una società sanmarinese inesistente.

Tutto ciò consentiva alle concessionarie, primi acquirenti, di eludere la normativa fiscale in materia di scambi comunitari che prevede l’assoggettabilità dell’imposta nel paese di destinazione della merce.

Olio lampante spacciato per extravergine, scoperta frode in Puglia: sequestrati 180 quintali. Una denuncia

La Guardia di Finanza, nel corso di un’operazione coordinata dalla Procura della Repubblica di Catanzaro, ha sequestrato 180 quintali di olio d’oliva, per un valore di oltre duecentomila euro, spacciato e venduto come extravergine ma risultato di qualità inferiore. L’indagine che ha portato al sequestro è stata condotta congiuntamente dai Comandi provinciali della Guardia di finanza di Catanzaro e di Barletta-Andria-Trani e dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi (Icqrf) dei prodotti agro alimentari del ministero dell’Agricoltura, Sovranità Alimentare e delle Foreste.

In particolare, i Finanzieri ed i funzionari dell’Icqrf avevano intrapreso attività ispettive nelle sedi di due aziende, nelle province di Catanzaro e Barletta Andria Trani, eseguendo un riscontro quantitativo ed un campionamento del prodotto detenuto al fine di determinarne la qualità in ragione di quanto riportato sull’apposito registro telematico. L’olio in possesso del produttore catanzarese, contenuto in tre cisterne e facente parte di un’ingente quantità destinata all’azienda pugliese e già in parte a questa consegnata, era stato catalogato quale olio extra vergine Bio, mediante la compilazione del registro telematico Sian, obbligatorio per le aziende del settore.

“L’intervento della Guardia di finanza e dell’articolazione del ministero dell’Agricoltura, specializzato nella repressione delle Frodi agroalimentari, e le successive attività tecniche di accertamento – è detto in un comunicato – hanno consentito di appurare come il prodotto non rispondesse affatto alle caratteristiche chimiche ed organolettiche previste per tale qualità, ma risultasse, di fatto, olio vergine e lampante, non commestibile e caratterizzato da un eccessivo grado di acidità, oltre che potenzialmente pericoloso per la salute dei consumatori”. Il titolare della ditta individuale in cui era custodito l’olio sequestrato è stato denunciato dalla Guardia di finanza alla Procura della Repubblica di Catanzaro per i reati di frode nell’esercizio del commercio e vendita di sostanze alimentari non genuine.

Barletta, frode da 52 milioni di euro sui bonus edilizi: 14 indagati. Maxi sequestro

Falsi crediti maturati su lavori edili mai fatti e relativi a immobili che non esistono. Una truffa ai danni della casse dello Stato pari a 52 milioni di euro messa a segno usando illecitamente i bonus facciate, ristrutturazione e il sismabonus. A scoprirla sono stati i finanzieri del comando provinciale di Barletta che hanno sottoposto a indagine per indebita percezione di erogazioni pubbliche 14 persone e sequestrato beni dello stesso valore della presunta truffa.

Si tratta di crediti d’imposta conservati nel cassetto fiscale di soggetti economici per un importo superiore a 15 milioni di euro, beni immobili, partecipazioni societarie, sette auto e altrettante moto, un orologio di pregio e il saldo di 59 conti correnti intestati agli indagati.

Bari, gli uffici del Giudice di pace “cadono a pezzi”: indagati i vertici delle società Unicredit leasing e Amec srl

Sono indagati dalla procura di Bari per frode in concorso in pubbliche forniture l’amministratore delegato di Unicredit leasing spa di Milano, e l’ex amministratrice unica, l’attuale amministratore unico e i corappresentanti e coamministratori di fatto della Amec immobiliare srl, nei cui confronti, a Milano, Roma, Rieti e Latina vengono eseguite perquisizioni.

L’Amec è la società – informa la procura – con sede legale in Roma, autorizzata da Unicredit leasing spa alla gestione dello stabile (in forza di un contratto di locazione finanziaria) che ospita gli uffici del Giudice di pace di Bari, oltre che gli archivi del Tribunale, del Tribunale di Sorveglianza, della Corte d’Appello e della Procura generale di Bari. Secondo l’accusa avrebbero in concorso posto in essere espedienti maliziosi ed ingannevoli che hanno nel tempo determinato, evidenzia la procura, il grave ed ingravescente deterioramento dell’oggetto edilizio in disamina, quindi la situazione che ha generato l’insalubrità di quei luoghi (per la formazione di muffe) oltre che di concreto pericolo (per le diffuse lesioni in pareti solai e pavimenti, che causano ripetuti distacchi di porzioni di intonaco) per le persone che quotidianamente occupano quelle stanze e/o frequentano quegli uffici”.

La procura sottolinea anche la “manifesta inerzia e la reiterata inadempienza, nonostante i richiami ed i solleciti ricevuti affinché fossero pienamente rispettate le condizioni contrattuali, oltre che di principio generale, con riguardo alla necessità di dare esecuzione a specifici ed improrogabili interventi di manutenzione straordinaria”.

False assunzioni di 900 migranti in Salento, scoperta frode da 1,3 milioni: arrestati tre imprenditori

Con l’accusa di aver favorito l’immigrazione clandestina di oltre 900 extracomunitari, tre imprenditori salentini sono stati arrestati su disposizione della magistratura leccese da carabinieri e guardia di finanza. Due degli arrestati sono residenti a Monteroni, l’altro a Leverano: operano nel settore agricolo, edilizio e nella ristorazione. L’inchiesta della Procura di Lecce, avviata nei primi mesi del 2023, ha portato all’acquisizione (con perquisizioni e attraverso l’analisi dei flussi finanziari e bancari) di elementi d’indagine in base ai quali l’accusa sostiene che i tre dal 2020 hanno favorito l’immigrazione clandestina eludendo il ‘Decreto Flussi” attraverso la falsificazione di atti e documenti attestanti fittizie assunzioni.

I tre imprenditori, a cui sono stati concessi i domiciliari, avrebbero chiesto 1.500 euro per ogni pratica relativa al rilascio del permesso di soggiorno. Una volta ottenuti i soldi chiedevano al Ministero dell’Interno il “modello informatico” attestante l’assunzione dei migranti. L’attività illecita – secondo gli investigatori – ha permesso ai tre di ottenere profitti per oltre 1,3 milioni di euro. Uno degli arrestati avrebbe inoltre ottenuto anche il reddito di cittadinanza, beneficiando di circa 20mila euro.