“Ti scanno come un maiale e ti svito la testa”, estorsioni dal carcere: 5 arresti a Trani – I NOMI

Avrebbe continuamente chiesto a un imprenditore di Trani somme di denaro da versare in cambio di protezione. E lo avrebbe fatto dal carcere di Poggioreale (Napoli), in cui è detenuto per scontare una condanna definitiva per un omicidio del 2017, utilizzando un cellulare che aveva con sé in cella.

Ma le richieste sarebbero state sempre maggiori, da 5mila a 30mila euro, fino a quando l’imprenditore – che di volta in volta consegnava i soldi a persone diverse – non è più riuscito a pagare. E lì sarebbero quindi iniziate le minacce, anche di morte, rivolte all’imprenditore e alla sua famiglia.

Per questo, i finanzieri delle compagnie di Bari e Barletta hanno arrestato (in carcere) Alessandro Corda, pluripregiudicato tranese affiliato al clan Capriati di Bari vecchia, e quattro suoi sodali, accusati di estorsione con aggravante mafiosa. Oltre ad Alessandro Corda, in carcere sono finiti Nicola Corda, Rosa Fiore, Giuseppe Vitolano e Francesco Cirillo.

Le indagini della Dda di Bari hanno accertato diversi episodi: le indagini sono partite dall’analisi di alcuni cellulari sequestrati nel corso di un’altra inchiesta, dalla quale è emerso come l’imprenditore fosse “vessato da continue richieste di somme di denaro da versare in cambio di una prospettata protezione”.

Le indagini sono poi proseguite con l’analisi di chat, pedinamenti e ascolto di persone informate sui fatti. Nel corso delle operazioni di oggi è stato sequestrato a Corda il cellulare dal quale avrebbe minacciato l’imprenditore.

L’estorsore, pur di riscuotere le somme richieste, avrebbe intimorito la vittima ricorrendo a violenze e minacce psicologiche, con frasi del tipo: “Io te lo giuro su mio figlio che ti scanno come un maiale, ti scanno come al maiale ti scanno“, “Tu vuoi campare, eh? E mi devi togliere il debito!”, “Come ti prendo in mezzo alle mani ti svito la testa”.

Ferrari, Porsche, Maserati, Range Rover e Bmw: confiscati beni per due milioni a imprenditore foggiano

Ammonta a due milioni di euro il valore dei beni confiscati a un imprenditore della provincia di Foggia dalla Guardia di finanza del capoluogo dauno e di Lecco. La misura di prevenzione patrimoniale è stata emessa dal tribunale di Milano.

All’imprenditore sono state sequestrate tre Ferrari, una Porsche, una Maserati, due Range Rover, una Bmw X4, alcuni immobili e un conto corrente all’estero.

L’uomo, a quanto si apprende, è già coinvolto in vari procedimenti penali in diverse parti d’Italia, e operava principalmente tra la Lombardia e la Puglia. Attualmente è sottoposto all’obbligo di soggiorno nel comune di residenza in seguito a condanne per bancarotta fraudolenta e altri reati.

Le indagini hanno dimostrato una sproporzione tra i redditi dichiarati e il proprio tenore di vita, con l’impiego di rilevanti somme di denaro per l’acquisizione di abitazioni e auto di lusso.

Il tribunale di Milano, dopo aver disposto, nel 2024, la misura della prevenzione patrimoniale del sequestro propedeutico alla confisca dei beni, ha emesso un nuovo decreto con il quale è stata determinata la confisca degli stessi, nella disponibilità dell’uomo, dei suoi familiari e di società a lui riconducibili.

La bella vita con i soldi del finanziamento della Regione, nei guai imprenditore barese: maxi sequestro. Tre indagati

Tutto ruota attorno all’illecita percezione di fondi pubblici erogati dalla Regione Puglia nell’ambito del programma PIA Turismo, finalizzato a sostenere la riqualificazione di strutture ricettive. I finanziamenti sarebbero stati ottenuti con false attestazioni per un intervento su una masseria situata nel Salento, destinata a diventare un hotel a quattro stelle.

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Discarica abusiva a Corato, sequestrati beni per 900mila euro: nei guai azienda e imprenditore

La Guardia di Finanza ha sequestrato un’azienda di Corato nel settore della demolizione dell’auto per gestione illecita di rifiuti e realizzazione di una discarica abusiva.

Sequestrati anche i rapporti bancari intestati alla società e alla persona fisica, le quote societarie e l’intero compendio aziendale, composto da 6 immobili tra terreni e fabbricati adibiti in parte a discarica abusiva per un valore complessivo di 900mila euro.

Le indagini hanno accertato che il legale rappresentante di una S.R.L. aveva acquistato negli anni rifiuti speciali (pericolosi e non) in totale assenza della prescritta documentazione di settore, attestante l’origine e il tracciamento dei rifiuti pericolosi.

L’impresa per le cessioni di rifiuti aveva emesso semplici ricevute fiscali invece della documentazione fiscale ed ambientale prevista dalla legge in relazione a conferitori abituali.

Le indagini hanno anche permesso di accertare che il rappresentante legale ha sistematicamente utilizzato suoli, dichiarati agricoli, non oggetto di autorizzazione da parte della Città Metropolitana di Bari.

Attentato fallito a Gravina dopo lite per eredità: tre condanne. Tra loro nipote della vittima – I NOMI

Il gup di Bari Antonella Cafagna ha condannato tre persone per aver architettato e tentato di mettere in atto un attentato ai danni di un imprenditore di Gravina.

Sono Paolo Iacoviello, l’imprenditore che avrebbe ordinato l’agguato condannato a 3 anni e 4 mesi; Nicola Mangione, pluripregiudicato, condannato a 2 anni e 8 mesi; Nunzia Acquaviva, condannata a 4 mesi per tentata minaccia.

I tre erano accusati, a vario titolo, di tentata minaccia, ricettazione e porto abusivo di arma clandestina. È stata invece esclusa l’aggravante del metodo mafioso, contestata dalla Dda.

Secondo l’accusa, Iacoviello avrebbe pianificato l’attentato per punire lo zio, con il quale aveva avuto precedenti liti per questioni di eredità e vicinato. L’agguato, che prevedeva l’utilizzo di un’arma da fuoco, fallì a causa dell’inceppamento della pistola e dell’intervento dei carabinieri, che arrestarono Acquaviva, la donna incaricata di sparare.

Bari, appalti truccati durante l’emergenza Covid: l’imprenditore Zema vuole patteggiare 9 mesi

La Procura di Bari ha raggiunto l’accordo con l’imprenditore Sigismondo Zema. Il 52enne barese è pronto a patteggiare 9 mesi alla vigilia dell’udienza preliminare dell’inchiesta sui presunti appalti truccati durante l’emergenza Covid.

Zema risponde di turbativa d’asta, mentre gli altri due imprenditori, il 42enne Domenico Tancredi di Altamura e il 72enne Alessandro Goffredo Nuzzo di Santa Cesarea Terme, sono accusati di corruzione. Davanti al Tribunale del Riesame, il procuratore Roberto Rossi ha rinunciato alla richiesta degli arresti domiciliari che riguarda Zema, insistendo sulla necessità dell’arresto di Nuzzo e Tancredi.

 

Frode con il bonus facciate, danno erariale da 763mila euro: nei guai l’imprenditore barese Trerotoli

Attraverso l’indebito utilizzo del ‘bonus facciate’, in particolare attraverso la cessione di crediti d’imposta originati da lavori fittizi di recupero del patrimonio edilizio, avrebbe causato un danno erariale da oltre 763mila euro.

Per questo, la procura della Corte dei conti pugliese ha notificato un invito a dedurre all’imprenditore barese Alessandro Trerotoli, già condannato nel 2023 a 4 anni di reclusione e a una multa da 21mila euro per riciclaggio, reimpiego, emissione di fatture inesistenti e indebita compensazione.

Le indagini sono state svolte dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Bari. L’imprenditore, evidenzia la guardia di finanza, avrebbe ideato “un circuito fraudolento volto alla creazione, circolazione, monetizzazione e/o utilizzo in compensazione” dei crediti d’imposta.

Attraverso la sua società, nonostante non svolgesse attività legate all’edilizia e “fosse in possesso di una capacità reddituale e finanziaria di modesto spessore”, nel 2021 avrebbe acquistato crediti per rilevanti importi relativi al bonus facciate da soggetti relativi a interventi edilizi fittizi e li avrebbe poi ceduti “a soggetti terzi in buona fede, che li hanno parzialmente utilizzati in compensazione dei propri debiti fiscali ovvero monetizzati con successive cessioni”. Tra questi ultimi c’è anche la vecchia proprietà della Reggina, squadra di calcio di Reggio Calabria dichiarata fallita nel 2024.

Modugno, estorsione a imprenditore edile e schiaffi ai dipendenti: in manette 5 uomini del clan Capriati – I NOMI

Sono 5 le persone arrestate dalla polizia a Bari perché ritenute responsabili di diversi episodi di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, ai danni di un imprenditore edile titolare della ditta appaltatrice dei lavori di miglioramento della viabilità di accesso alla nuova fermata Rfi-Rete Ferroviaria Italiana di Modugno (Bari).

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Stangata da 40mila euro a imprenditore agricolo di Bari: sfruttava migrante ospite del Cara

I carabinieri della compagnia di Bari San Paolo e del nucleo ispettorato del lavoro hanno denunciato in stato di libertà un imprenditore agricolo trentenne di Bari titolare di ditta per la coltivazione di ulivi accusato di sfruttamento della manodopera di un migrante ospitato nel Cara.

In seguito a controlli i carabinieri hanno intercettato e pedinato un’autovettura con a bordo il titolare dell’azienda agricola che, dopo aver raggiunto un cittadino originario del Mali nelle vicinanze del centro di accoglienza, lo ha accompagnato in un appezzamento di terreno adiacente alla S.P.
156 Strada Bitonto-Palese.

Giunti sul posto, i militari hanno accertato la presenza del titolare e di altri sette operai, di cui cinque extracomunitari con regolare permesso di soggiorno e richiedenti asilo politico, uno dei quali senza regolare contratto, intenti a svolgere la raccolta di olive.

Il successivo controllo da parte del Nucleo Ispettorato del lavoro di Bari, ha permesso di accertare numerosi violazioni sia di tipo penale, comminando ammenda per 35.000 euro con relativa sospensione dell’attività imprenditoriale, sia di tipo amministrativo, con sanzioni pari a 6.400 euro.

Inchiesta sul Covid Hospital in Fiera a Bari: archiviata la posizione dell’imprenditore Domenico Barozzi

Esce dall’inchiesta sui presunti illeciti legati alla realizzazione dell’ospedale Covid nella Fiera del Levante di Bari l’imprenditore Domenico Barozzi, rappresentante legale della Cobar di Altamura (Bari). Il gip, su richiesta della Procura, ne ha infatti disposto l’archiviazione.

Nel 2021 l’azienda aveva ottenuto l’appalto per la realizzazione della struttura, i cui costi sarebbero lievitati dai 9,5 milioni iniziali ad oltre 20. Ma dalle indagini non sarebbe emersa alcuna condotta illecita da parte di Barozzi.

L’inchiesta della Procura di Bari è però andata avanti, e a novembre è stato chiesto il rinvio a giudizio per otto persone, tra cui l’ex capo della Protezione civile pugliese Mario Lerario, accusate a vario titolo di corruzione, peculato, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, falso e turbata libertà degli incanti.

Insieme a Lerario (già condannato in altre due vicende perché, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto tangenti nel periodo in cui guidava la Protezione civile) è stato chiesto il giudizio anche per l’ex funzionario Antonio Mercurio e per gli imprenditori Sigismondo Zema, Francesco Girardi, Vito Vincenzo Leo, Domenico Tancredi, Alessandro Goffredo Nuzzo e Vito De Mitri.