Sorpreso in compagnia del figlio di 4 anni: arrestato il latitante Daniele Di Palmo. Era ricercato da mesi

Il 35enne Daniele Di Palmo, latitante da oltre sei mesi, è stato arrestato dai carabinieri a Leporano, in provincia di Taranto. L’uomo – ritenuto dagli investigatori al vertice di un clan dedito al narcotraffico internazionale – era in compagnia del figlio di quattro anni che – a quanto si apprende – sua moglie spesso affidava agli uomini del clan perché lo portassero a trascorrere qualche giorno con il papà.

I militari in borghese lo hanno sorpreso mentre faceva una passeggiata in bici con il bimbo e Di Palmo non ha opposto resistenza. Non aveva armi con sé e neppure nell’abitazione che era l’ultimo dei covi utilizzato per nascondersi.

Di Palmo era ricercato da settembre scorso per aver ferito a colpi di arma da fuoco un’altra persona a Francavilla Fontana, Dopo questo episodio fece perdere le sue tracce. Su di lui pendevano tre ordinanze di custodia cautelare: due del gip del tribunale di Lecce e una del giudice di Brindisi. E’ accusato di ricettazione aggravata, detenzione, porto in luogo pubblico e cessione di arma clandestina, evasione ed esplosione pericolosa commessa in concorso di cause.

In questi mesi le indagini sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce e dalla procura di Brindisi e sono state condotte dai carabinieri. Ora Di Palmo si trova i carcere.

Nell’ambito dell’indagine finalizzata alla ricerca del latitante sono state già arrestate tre persone ritenute responsabili, a vario titolo, di detenzione e porto di armi clandestine, munizioni e manufatti esplodenti, ricettazione e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Inoltre sono state sequestrate complessivamente cinque pistole di cui tre con matricola abrasa, 185 cartucce di vario calibro. Sequestrati anche 336 ordigni artigianali contenenti 18 chili di esplosivo, 250 grammi di cocaina e 800 grammi di marijuana.

“Latitante” su Pasquina: “Lasciala depravato”. Antonio : “Troppo odio. Quinto Potere a rischio”

Ero pronto a qualsiasi evenienza, ma non avevo messo in conto la cattiveria del genere umano, quella innata capacità di ergersi a Giudice supremo. Quando abbiamo scelto il nome del nostro progetto editoriale, siamo stati “condizionati” dal senso di “Quinto Potere”, ovvero la forza dei social di unire, sovvertire, influenzare. Ho vissuto la maggior parte della mia vita sul filo sottile del fallimento, del limite a cui aspirano i più ambiziosi.

Non ho voluto vendere la mia libertà al miglior offerente, provando persino ad andare oltre la denuncia fine a se stessa. Ho chiesto la cancellazione dall’Ordine dei Giornalisti per non avere etichette e restrizioni ulteriori rispetto a quelle previste dalle leggi italiane, quelle a cui devono sottostare tutti. Di conseguenza ho perso anche i vantaggi che quell’iscrizione si porta dietro.

Nonostante tutto – come dicevo – ho dovuto fare i conti con l’odio del genere umano. Quel sentimento insito nel cuore di ciascuno, che qualcuno però sa brandire senza compassione, pudore, persino vergogna. Sono sempre stato spinto dal motto che se avessimo salvato una sola persona avremmo reso utile il nostro operato. Quell’odio e le minacce, le offese, anche rivolte alla mia famiglia, mi hanno travolto.

Oggi risento dei colpi incassati nel corso di una vita per strada, quasi 30 anni. Querele, aggressioni, attacchi frontali e subdoli di ogni tipo. Ho sempre creduto di essere forte, capace di resistere alle bufere. In queste ore mi accorgo di essere più fragile di quanto credessi, di aver bisogno di stimoli nuovi, di strette di mano e abbracci sinceri. Più che mai ne ho bisogno, mentre un certo “Rocco Morabito”, uno che dice di essere un latitante e di volermi venire a cercare se continuo a occuparmi di Pasquina.

Me lo sarei aspettato per ogni altra storia e in qualsiasi altro momento, invece no, arriva per un aiuto completamente disinteressato nei confronti di una persona in pericolo, non accudita come dovrebbe fare il tutore nominato dal Giudice. E proprio all’avvocato, che abbiamo provato a contattare decine di volte, alla quale abbiamo espresso disponibilità e apertura, rivolgo la mia considerazione: “Dovesse succedermi qualcosa, qualsiasi cosa, la riterrò personalmente responsabile”.

In questo intenso percorso al fianco di Pasquina un’altra persona è stata minacciata in modo pesante. Per questo motivo è sparita, nonostante fosse mossa da ottime e disinteressate intenzioni. Avevamo 8.000 euro da spendere per la ristrutturazione della casa popolare in cui è accolta la donna. Adesso abbiamo 8.000 motivi in più per mettere in discussione il nostro progetto editoriale, che alla fine è anche una filosofia di vita.

Le persone alle quali siamo stati vicino lo possono testimoniare, così come può farlo chi ci ha aiutato finora a tendere una mano, a essere salvagente in mezzo alle peggiori delle tempeste. Pur non potendo assentarmi completamente dal canale, dal mio “lavoro”, soprattutto per ciò che significa per tanti, mi prendo una pausa di riflessione. Ho bisogno di capire quale direzione prendere, se sono pronto ad affrontare tutto questo male.

Valuterò tenendo tutto bene in mente. Non chiedo clemenza, non l’ho mai ricercata, ma continuare così mina la mia serenità, il mio equilibrio, ciò su cui davvero fonda le basi il mio, nostro agire. Chiedo scusa a Tino, Eleonora e Raffaele per non aver condiviso prima con loro questo momento di difficoltà, di debolezza. Non so davvero cosa ne sarà di me, di noi, ma ho bisogno di capire e spero voi possiate capire me. Se avete letto la mia testimonianza siete tra coloro che hanno compreso l’agire di Quinto Potere, ciò che davvero rappresenta. Avrete presto mie notizie. Fino ad allora non resterete senza i nostri aggiornamenti e le cose spesso esclusive che siamo in grado di raccontarvi.

Latitante trasferito da Cosenza a Bari su un’ambulanza per eludere controlli: 15 arresti per la fuga di Abbruzzese

Quindici persone sono state arrestate con l’accusa di fare parte della rete di fiancheggiatori che hanno agevolato la latitanza di Leonardo Abbruzzese, ritenuto un elemento di spicco della omonima cosca di Lauropoli (Cosenza), arrestato a Bari il 6 novembre 2023, per il cui trasporto dalla Calabria alla Puglia era stata usata un’ambulanza riconducibile ad un’associazione del cosentino.

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Mafia a Lecce, dopo un anno e 4 mesi catturato il latitante Giovanni Parlangeli: il blitz all’alba

Il latitante salentino Giovanni Parlageli è stato arrestato all’alba. Il pregiudicato classe 1981, esponente apicale del clan mafioso Tornese-Padovano, è stato individuato grazie all’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce e arrestato dagli uomini della Polizia di Stato della Squadra Mobile e della Sisco di Lecce, insieme agli agenti della Sezione Tecnologie Applicate alle Investigazioni del Servizio Centrale Operativo.

Aveva fatto perdere le tracce dal maggio 2023, Perlangeli è destinatario di misura cautelare in carcere in quanto gravemente indiziato, tra gli altri, del reato di associazione mafiosa.

Bisceglie, arrestato il 41enne Rachid Michel: era ricercato da un anno. Trasferito nel carcere di Bari

Un uomo di 41 anni di origini libanesi, Rachid Michel, ricercato da un anno, è stato arrestato dai carabinieri a Bisceglie, nel nord Barese. Era riuscito a far perdere le proprie tracce da Vibo Valentia, cittadina calabrese in cui aveva l’obbligo di dimora dopo essere stato scarcerato. Il 41enne ha precedenti per furto, rapina, lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale. A consentire ai militari di rintracciare il latitante è stato un uomo di 64 anni residente a Milano ma di origini pugliesi che era a bordo di un Intercity notte. Durante il viaggio, il 41enne avrebbe provato a portargli via il cellulare e l’uomo non ha esitato a comporre il 112 e a chiedere aiuto. Così i carabinieri sono riusciti a rintracciarlo, identificarlo e ad arrestarlo. Ora, si trova in carcere a Bari.