L’autopsia ha confermato il macabro racconto fornito da Salvatore Dettori, il 46enne in carcere per l’omicidio volontario aggravato della mamma, la 73enne Silvana La Rocca, uccisa il 13 novembre scorso a Leporano. L’esame ha infatti stabilito che l’uomo ha strappato il cuore della donna a mani nude. Agli inquirenti ha dichiarato di averlo raccolto in un fazzoletto e di averlo buttato per strada, senza specificare il luogo esatto.
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Bari, omicidio Ladisa al Libertà: la Procura chiede 21 anni per il cognato killer Daniele Musciacchio
La Procura di Bari ha chiesto la condanna a 21 anni di reclusione per Daniele Musciacchio, il 35enne a processo per l’omicidio di Nicola Ladisa, ucciso con sette colpi di pistola il 28 dicembre 2023 in via Canonico Bux, nel quartiere Libertà di Bari. La richiesta è arrivata oggi al termine dell’udienza svolta in Corte d’Assise di Bari, la Procura ha chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche per Musciacchio.
Ladisa, 42 anni al momento dell’omicidio, era il cognato del suo presunto killer, e il movente del delitto sarebbe legato a dissapori di natura economica relativi a un’eredità lasciata ai figli dal padre della vittima, morto qualche settimana prima di quel 28 dicembre. Poco prima, tra l’altro, Musciacchio sarebbe stato schiaffeggiato da un parente particolarmente vicino a Ladisa. La discussione della difesa di Musciacchio avverrà nella prossima udienza del 16 dicembre.
Bari, omicidio a Ceglie: al via la perizia sui telefonini sequestrati. Da chiarire la posizione dei 3 ragazzini indagati
La Procura di Bari vuole vederci chiaro sull’omicidio di Nardev Singh, il 38enne indiano ucciso il 31 maggio scorso in un casolare abbandonato di Ceglie del Campo. Verranno effettuati accertamenti sui telefonini sequestrati a Paolo Natale Guglielmi e ai tre indagati a piede libero (P.C., A.B. e D.M.), la perizia è stata affidata al consulente Davide Carnevale. L’obiettivo è quello di estrapolare messaggi e dati con l’obiettivo di avere più chiarezza attorno alla vicenda.
In carcere sono finiti Paolo Natale Guglielmi, un 18enne (all’epoca dei fatti minorenne) e un 17enne. Tutti e tre hanno fatto scena muta davanti al gip durante l’interrogatorio di garanzia. A sparare, secondo le indagini, sarebbe stato il primo. Il tutto per provare su un bersaglio umano la pistola appena comprata. Resta però da chiarire la posizione dei tre indagati. Si trovavano nella piazza di Ceglie del Campo e hanno portato via in macchina i tre, arrivati a piedi, dopo l’omicidio. Il tutto è stato ripreso dalle immagini delle telecamere della zona. Erano a conoscenza di quanto accaduto? Secondo il gip no. “Non è possibile sostenere che fossero effettivamente a conoscenza degli intenti omicidiari, non ci sono elementi in grado di poter ritenere che gli stessi abbiano effettivamente fornito un contributo alla preparazione ed esecuzione dell’azione omicidiaria, anche offrendo supporto logistico agli esecutori materiali del delitto”, si legge nelle carte. Secondo l’accusa però i tre indagati devono essere arrestati.
Omicidio a Ceglie, il 38enne Nardev Singh ucciso per testare la pistola: i tre giovani arrestati fanno scena muta
I tre ragazzi arrestati con l’accusa di aver ucciso Nardev Singh, il 38enne indiano ucciso la sera del 31 maggio scorso nel casolare abbandonato a Ceglie del Campo, sono rimasti in silenzio durante l’interrogatorio. Tra loro il 21enne Paolo Natale Guglielmi. Davanti al gip si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. L’accusa nei loro confronti è quella di omicidio volontario, aggravato dalla minorata difesa della vittima. Secondo le indagini avrebbero sparato alla vittima per testare una pistola appena comprata.
Omicidio a Ceglie, dal “favore” al tentato omicidio dell’amico: così Guglielmi ha cercato di evitare il carcere
La mamma del killer 21enne, Maria Laura Di Cosola, ha cercato di convincere l’amico del figlio (all’epoca dei fatti 17enne) a prendersi tutta la colpa di quanto successo. Prima dell’arresto, Paolo Natale Guglielmi avrebbe cercato di ucciderlo.
Continue readingOmicidio a Leporano, uccide a coltellate la mamma e le strappa il cuore: il figlio killer resta in carcere
Il gip di Taranto Francesco Maccagnano ha convalidato il fermo di Salvatore Dettori, l’ex sottufficiale della Marina militare di 46 anni, che ha confessato di aver ucciso giovedì scorso con diverse coltellate sua madre, Silvana La Rocca, ex insegnante di 73 anni, nel cortile della villetta in cui abitava la vittima, a Marina di Leporano (Taranto).
L’uomo ha confermato la versione resa ai carabinieri e al pm inquirente Salvatore Colella, aggiungendo anche altri particolari sul movente. Dalle indagini è emersa l’esistenza di rapporti conflittuali tra la 73enne (originaria di Saracena, in provincia di Cosenza) e il figlio primogenito, determinati in particolare dalla sua precaria situazione economica. Aveva anche acceso un mutuo per acquistare un’abitazione a Pulsano, ma non riusciva più a pagare le rate e aveva accumulato un debito importante. Il 46enne ha parlato del rifiuto della madre di ospitarlo a casa e della gestione della villetta, divisa per successione tra la vittima e i due figli (l’altro vive in Francia). Ma ha fornito anche dichiarazioni contrastanti e alcune giudicate inverosimili, come quella di aver ammazzato la madre perché lo costringeva, “influenzata da altre persone”, a mangiare “carne umana”, ossia i resti del corpo di suo padre, Cataldo Dettori, ex operaio specializzato dell’Ilva, morto nel 2002 in un incidente sul lavoro nello stabilimento siderurgico.
Il 46enne, ossessionato dall’idea che intorno ci fossero “i vampiri”, ha affermato di aver prima colpito la madre dietro la nuca e, successivamente, non essendo riuscito ad ucciderla subito, di averle inferto diverse coltellate alla gola, all’addome e infine allo sterno “per prelevarle il cuore”, restando a vegliarla “fino al momento del suo ultimo respiro”.
Omicidio a Ceglie, la lettera del vescovo di Bari: “Fratello Singh perdona il nostro silenzio assordante”
“Carissimo fratello Singh, perdonami se solo ora la mia penna riesce a indirizzarti queste parole che forse riterrai inutili, perché tardive, ma alla luce di quanto emerso dalle indagini sul tuo assassinio, non potevo non scrivere”. Inizia così la lettera dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Giuseppe Satriano sull’omicidio di Singh Nardev, ammazzato nel casolare a Ceglie del Campo da tre giovani ragazzi.
“Mi sei caro in quanto fratello, e carissimo perché il sogno di vita che ha animato e sostenuto il tuo peregrinare, sino in Italia, a Ceglie, è stato banalmente violato, distrutto per sempre. La terra che ti ha generato, l’India, con i suoi colori e i profumi delle spezie di oriente, non ti vedrà più fare ritorno – si legge -. Perdonami, caro Singh, e perdona il silenzio assordante con cui abbiamo coperto le condizioni disumane di vita non solo tue, ma di tanti fratelli e sorelle presenti nelle nostre opulente realtà, spesso sorde al grido di aiuto che sale dal cuore dei poveri. Sì, i poveri, tutti i poveri, senza distinzione di nazionalità o di colore della pelle. Sembra che i poveri non abbiano né storia, né futuro, ma soprattutto che non abbiano diritto di cittadinanza nella società del benessere. Nonostante i ripetuti appelli del Papa, i nostri tessuti sociali sono ancora inclini a emarginare e scartare, creando quei vuoti esistenziali, privi di valori, nei quali facciamo crescere i nostri figli. Figli che, da nostri, si trasformano in “mostri”, perché ci siamo dimenticati anche di loro. Caro Singh, è doloroso registrare la “banalità” con cui il male è entrato nella tua vita, uccidendola. Ma è altrettanto triste prendere coscienza che tale “banalità del male” è generata dalle nostre scelte miopi e dall’indifferenza con cui spesso conduciamo le nostre esistenze. Così trasmettiamo l’idea che persone come te, e tanti altri nelle tue condizioni, siate vite senza valore, che contano poco, se non addirittura niente. Perdono, caro Singh. Chissà quanti pensieri nel tuo cuore, mentre quella pallottola partiva da una pistola che, nelle mani di due adolescenti, sembrava essere solo un giocattolo. Avrai pensato ai tuoi cari e all’assurdità di quanto stava accadendo. Ti prometto che non ci arrenderemo con docilità alla tirannia dell’indifferenza. Non dimenticheremo te e il tuo assurdo sacrificio, ci impegneremo ad accorgerci di chi oggi vive nelle tue stesse condizioni, ci impegneremo a occuparci dei ragazzi che non hanno saputo riconoscere in te un uomo come loro, ci impegneremo con tutte le nostre forze a vivere a occhi aperti. Tu, se puoi, perdonaci e, dall’alto, per favore, aiutaci a essere tutti più umani”.
Ceglie, Guglielmi e gli amici incastrati dal parente-collaboratore: “Ridevano in videochiamata dopo l’omicidio”
“Nella notte mi dissero che c’era un lenzuolo bianco vicino all’ex ospedale, capii che Paolo aveva combinato un guaio. Lo videochiamai e rideva, era in compagnia di quei due ragazzi”. Questo è il racconto fornito da Michele Guglielmi, 22enne aspirante collaboratore di giustizia, agli inquirenti in merito all’omicidio del 38enne indiano Singh Nardev, ucciso da un colpo di pistola nel casolare dell’ex Opera Pia a Ceglie il 31 maggio scorso.
Fondamentale è stato il suo racconto per chiudere le indagini. Paolo è Paolo Natale Guglielmi, il più grande dei tre giovani arrestati ieri mattina. È stato lui a sparare, secondo le indagini, per “gioco”. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti volevano provare una pistola appena comprata su un bersaglio umano dopo aver colpito alcuni bidoni della spazzatura. Singh Nardev si è trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato.
I tre, tra cui un minorenne, tutti vicini a ambienti criminali, sono stati arrestati con l’accusa di omicidio, aggravato dalla minorata difesa. A Ceglie la famiglia di Guglielmi è nota nella malavita. Il fratello era affiliato al clan Mercante ed è in carcere da tempo, mentre il 21enne Paolo viene descritto da molti come una testa calda. Tanto da volersi vendicare del clan Strisciuglio e fare casino contro di loro per aver ricevuto uno schiaffo in piazza nel 2022.
“Il pomeriggio del 31 vennero da me per farsi prestare 1.200 euro perché volevano comprare una moto da cross, andarono da uno, provarono il motore e poi desistettero. Paolo acquistò una pistola a 250 euro, poi venne da me a prendere i proiettili. Voleva la sua vendetta, gli dissi che rischiava di accendere un’altra guerra”, le parole di Michele Guglielmi.
Omicidio a Leporano, il racconto choc del killer: “Mamma era un vampiro e mi faceva mangiare i resti di papà”
Non ci sono solo le tensioni economiche tra mamma e figlio dietro al macabro delitto di Leporano, c’è molto di più. Salvatore Dettori, il 46enne reo confesso dell’omicidio della madre, la 73enne Silvana Rocca, ha svelato altri raccapriccianti retroscena del delitto dopo aver già raccontato di aver accoltellato la donna e di averle estratto il cuore a mani nude. L’uomo era ossessionato dai vampiri, chiamati mangiacarne.
Continue readingOmicidio a Leporano, 73enne uccisa dal figlio: “Le ho strappato il cuore e l’ho estratto a mani nude”
Il 46enne Salvatore Dettori ha confessato di aver accoltellato la mamma, Silvana La Rocca, la 73enne originaria di Saraceno (Cosenza) trovata senza vita ieri sera nel giardino della sua villetta a Marina di Leporano (Taranto) con una profonda ferita all’addome, e poi di essere fuggito. Nel racconto macabro fornito agli investigatori ha dichiarato di aver estratto a mani nude il cuore della donna. Con sé aveva uno scudo a due punte.
Ora si trova in stato di fermo, su disposizione del procuratore Eugenia Pontassuglia e del pm Salvatore Colella, con l’accusa di omicidio volontario omicidio aggravato da premeditazione e crudeltà. Tra i due pare ci fosse un rapporto conflittuale, dovuta alla condizione economica precaria dell’uomo.
Il fratello vive in Francia ed è stato proprio lui a chiedere ad un nipote della vittima di andare a verificare le condizioni della donna, perché non dava notizie e non rispondeva alle sue chiamate. Arrivato sul posto l’ha trovata esanime vicino alla sua auto, mentre dall’interno arrivava un forte odore di gas. Il cugino, il figlio maggiore della vittima, è arrivato poco dopo sul posto e dopo essere stato incalzato dai Carabinieri non ha più retto e ha confessato tutto, davanti ad un legale di fiducia. Ha ammesso di aver ammazzato la madre il giorno prima, utilizzando due coltelli. Ha poi sparso candeggina in casa e staccato un tubo del gas, con l’intento di far esplodere l’abitazione per cancellare ogni prova. L’ha colpita alla nuca e poi le ha inferto diverse coltellate alla gola, all’addome e allo sterno, per prelevarle il cuore. Poi è rimasto accanto a lei fino all’ultimo respiro, prima di andare via. L’autopsia sul cadavere della donna servirà anche a verificare il racconto.