Omicidio Palazzotto, mamma Angela all’assassino: “Implorava aiuto ma lo hai torturato per 16 minuti”

Torniamo ad occuparci della morte del 27enne Giovanni Palazzotto, ucciso all’alba del 20 novembre 2022 all’esterno di un bar a Bitritto. Nei giorni scorsi Francesco Assunto, il 31enne gestore dell’attività, è stato condannato alla pena di 14 anni di reclusione. Abbiamo incontrato e intervistato la mamma e la zia della vittima.

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Gravina, uccisa a mani nude dal marito: l’omicidio brutale di Maria Arcangela ripreso da 3 testimoni in un video

Due boccioli di rosa legati con una nastro rosa. Petali rossi come le macchie che puntellano un pezzo di strada vicinale dei Pigni, alla periferia di Gravina in Puglia, nel Barese. I fiori, il manto stradale bruciato. Li, Maria Arcangela Turturo, 60 anni e una vita fatta di lavoro e famiglia, è stata massacrata dal peso violento del corpo del marito. Che avrebbe tentato prima di bruciarla viva e poi di soffocarla con la forza dei suoi cento chili, rompendole le ossa della cassa toracica e strozzandole a mano nude, il cuore. Lei è morta dopo essere arrivata in ospedale e aver rivelato quanto le era accaduto. “Mi voleva uccidere”, ha sussurrato con un filo di voce prima di morire. Lui, Giuseppe Lacarpia, 65enne allevatore di bestiame da latte, è finito in manette. Sulle spalle un’accusa pesante: omicidio volontario premeditato. A incastrarlo sono state le ultime parole proferite dalla vittima e un video lungo 15 secondi, in cui il delitto è stato registrato in tutta la sua efferatezza. È successo la notte tra domenica e lunedì dopo una festa di compleanno.

La coppia rientrava a casa, ci sarebbe arrivata di lì a poco se l’uomo – come ricostruito dalle indagini della polizia – non avesse sterzato facendo finire l’auto su cui viaggiava con la moglie contro un muro. Un incidente che in realtà nascondeva un disegno criminale tremendo. Perché il 65enne, affetto da problemi neurologici, avrebbe dato alle fiamme la macchina dopo aver chiuso al suo interno la moglie. Lei, mentre il suo corpo, i suoi abiti e i suoi capelli bruciavano, ha trovato il modo di uscire dall’abitacolo. Claudicante e ustionata, ha cercato di fuggire da un destino che temeva. “Mi ucciderà”, aveva detto Maria Arcangela a una delle sue figlie qualche settimana fa. E ieri ci è riuscito. Perché mentre lei provava a mettersi in salvo, lui l’ha raggiunta e con forza brutale è saltato addosso schiacciandole, con le ginocchia e con le mani, costole e sterno. Lei urlava e lui la sopprimeva. A raccontarlo anche un filmato registrato da una coppia di fidanzati e da una terza persona, spaventati da un’auto che sputava fiamme.

“Ma che stai facendo?”, le parole che la giovane ragazza indirizzava al 65enne. Che dietro le sbarre ci era già finito più di dieci anni fa per aver provato ad accoltellare a morte uno dei suoi figli. “Mi voleva togliere davanti”, ha detto con difficoltà Arcangela a chi le puntava addosso il cellulare. “Mi voleva uccidere. Mi ha messo le mani alla gola”, ha ripetuto alla figlia quando è arrivata in ospedale. Poche parole bisbigliate, tra atroci squarci nel corpo che non le hanno lasciato scampo. La 60enne è morta in una sala del pronto accorso dell’ospedale di Altamura. In un ambulatorio vicino, i medici medicavano il marito: i graffi sul volto, segni del disperato tentativo di salvarsi della moglie. Le violenze non erano sconosciute nella casa in cui viveva la famiglia. Lo ha confermato agli inquirenti, anche una delle figlie della coppia. “Era violento, si ammazzavano di botte”, ha messo a verbale spiegando che le aggressioni erano iniziate quando i conti dell’azienda paterna, specializzata nell’allevamento di mucche e produzioni casearie, erano segnati dal rosso. “Da allora sono iniziati i litigi – ha riferito la figlia – e nel 2009 mamma, presa dalla disperazione, ha dato fuoco al trattore di papà”.

Arcangela aveva provato a salvarsi anche in passato. Litigava col marito e si rifugiava dalle figlie. A casa loro passava dieci giorni e poi tornava da lui. “Stava da me o da mia sorella dieci giorni e poi rientrava a casa”, ha continuato una delle figlie. In ospedale era finita già altre tre volte per le botte del marito. “Mia madre continua a preoccuparsi di lui”, ha aggiunto la figlia parlando con chi indaga. Un uomo con un passato fatto di condanne per reati contro il patrimonio e la persona e che nella mente di ha soccorso sua moglie, è sembrato un anziano seduto sul ciglio della strada accanto a una moglie moribonda di cui custodiva la borsetta.

Tragedia a Gravina, dà fuoco alla moglie in auto e poi la uccide a mani nude: lei lo fa arrestare prima di morire

Nella tarda serata di ieri, la Polizia di Stato di Bari ha eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari, nei confronti di Giuseppe Lacarpia, pregiudicato 65enne di Gravina in Puglia, resosi responsabile dell’omicidio aggravato e premeditato della moglie, 60enne, Maria Arcangela Turturo.

Con la doverosa premessa che si tratta di accertamenti compiuti nella fase delle indagini preliminari, che necessitano della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, la notte di domenica 6 ottobre, in agro di Gravina in Puglia, l’uomo ha appiccato il fuoco alla propria autovettura, all’interno della quale era presente il coniuge.

Riuscita a fuggire dall’automobile, con ustioni parziali sul corpo, la vittima è stata aggredita dall’indagato, che l’ha immobilizzata in posizione supina sull’asfalto, gravando su di lei con il peso del corpo e posizionando le ginocchia sull’addome, esercitando, con le braccia, pressioni sullo sterno. Le susseguenti fratture costali e la frattura del corpo dello sterno hanno determinato la compressione del cuore ed il conseguente decesso della donna, per arresto cardiocircolatorio, avvenuto presso l’ospedale della Murgia.

Prima di esalare l’ultimo respiro, la vittima ha confidato al personale della Polizia di Stato, prontamente intervenuto sul posto, e a sua figlia, che la aveva raggiunta in ospedale, che il coniuge aveva intenzionalmente dato fuoco all’auto, nel tentativo di ucciderla e poi aveva proseguito il proposito omicida, schiacciandola con il proprio corpo e ponendole le mani intorno al collo, per soffocarla.

In ragione dei gravi indizi di colpevolezza emersi, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ha emesso un decreto di fermo di indiziato di delitto, eseguito dagli agenti della Squadra Mobile di Bari e del locale Commissariato di P. S., che hanno condotto le prime indagini, sotto lo stretto coordinamento di questo Ufficio Giudiziario, nei confronti dell’indagato 65enne, con precedenti per delitti contro la persona e contro il patrimonio.

L’indagato è stato quindi associato presso il carcere di Bari. È importante sottolineare che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione della misura pre-cautelare in argomento, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo, nel contraddittorio tra le parti.

Mistero a San Severo, muore carbonizzata nell’incidente stradale: il marito indagato per omicidio volontario

È stata disposta l’autopsia sul corpo di Lucia Salcone, la 47enne di San Severo (Foggia) morta in un incidente stradale avvenuto la notte tra il 27 e il 28 settembre scorsi sulla provinciale 13 che unisce San Severo a Castelnuovo della Daunia.

La donna era a bordo di una Fiat 500 condotta dal marito che, per cause in corso di accertamento, è uscita fuori strada schiantandosi contro un albero. L’impatto è stato talmente violento che il veicolo ha preso fuoco. La donna è stata poi ritrovata carbonizzata.

Nell’incidente ha riportato ustioni invece il coniuge, Ciro Caliendo, che, stando a quanto si apprende, è stato raggiunto da un avviso di garanzia con l’imputazione provvisoria di omicidio volontario. Un atto dovuto per permettere all’indagato di nominare un consulente di parte durante l’esame autoptico. Al vaglio degli investigatori la dinamica del sinistro e le dichiarazioni dell’uomo.

Bari, omicidio Colaianni in via Napoli. Amoruso e Ricci chiedono di parlare: udienza fissata il 24 ottobre

Nicola Amoruso, il 25enne reo confesso dell’omicidio di Giovanni Colaianni, il 43enne ucciso da due proiettili nella notte tra il 21 e 22 giugno 2023, sul pianerottolo di casa in via Napoli, e il 27enne Francesco Ricci, suo complice, vogliono rilasciare dichiarazioni spontanee. Saranno ascoltati nell’udienza del 24 ottobre in Corte d’Assise. I due sono accusati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione per futili motivi.

Ricci è finito in carcere a distanza di mesi, dopo essere identificato grazie all’analisi approfondita delle immagini di videosorveglianza, che ponevano in risalto un suo peculiare tatuaggio, e per la corrispondenza di una sua impronta digitale impressa sulla parte interna del portone condominiale dove risiedeva la vittima. Secondo quanto ricostruito il figlio della vittima avrebbe discusso con Amoruso nelle ore precedenti al delitto quando, il 25enne assieme ad altre tre persone, lo avrebbero minacciato di morte se non avesse saldato un debito di mille euro per una partita di hashish.

Minacce che sarebbero arrivate via social – attraverso Tik Tok e Messanger – anche alla sua mamma. A inviargliele sarebbe stata la madre del 25enne che invece lo accusava di aver rubato mille euro a suo figlio ancora minorenne. Intimidazioni che avrebbero intasato le chat del figlio del 43enne – tra mezzanotte e mezza e l’una – con frasi minacciose presumibilmente scritte dal 24enne, da sua madre e da un suo amico. Alle 2 del mattino Amoruso e Ricci si sono recati a casa di Giovanni Colaianni. Suo figlio non era a casa, il padre è sceso e lo hanno ammazzato. A premere il grilletto è stato Amoruso, mentre Ricci si trovava sul posto.

Omicidio Ladisi a Santeramo, la Cassazione annulla la condanna inflitta alla badante 62enne: processo da rifare

La Quinta Sezione della Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la condanna a 18 anni inflitta alla 62enne Anna Maria Natale, imputata per l’omicidio volontario della 81enne Santa Ladisi, uccisa nel suo appartamento a Santeramo il 21 gennaio 2010.

Il processo dunque è da rifare e la palla passa ad un’altra sezione della corte d’Assise d’Appello di Bari, chiamata a riesaminare il caso. Fin qui sono arrivate diverse sentenze, tra cui una di assoluzione in primo grado e due di condanna in appello. Secondo quanto ricostruito dall’accusa la badante 62enne avrebbe aggredito e soffocato l’anziana. All’origine ci sarebbero stati alcuni dissidi economici. Il corpo senza vita della vittima fu ritrovato nella cucina-soggiorno della sua abitazione, la testa era incappucciata in una busta di plastica, sigillata al collo con il nastro adesivo. Grazie alla complicità di un’amica, secondo l’accusa Natale avrebbe simulato una rapina.

Omicidio Lopez a Molfetta, monsignor Satriano: “Perso una figlia di questa terra. Non rimaniamo in silenzio”

“A più di tre giorni dall’omicidio di Antonella Lopez», la 19enne uccisa per errore durante una sparatoria tra membri emergenti di clan rivali, «ritengo
di non dover tacere”. “Abbiamo perso una figlia di questa terra. E in questa storia, ogni ulteriore silenzio lascia il sapore di una impotenza omertosa. Se Antonella, ormai, non può più parlare, noi invece che abbiamo ancora una coscienza sensibile, abbiamo il dovere di non rimanere più in silenzio”. È un passaggio del messaggio diffuso dall’arcivescovo di Bari-Bitonto, monisgnor Giuseppe Satriano.

“Non cadiamo – avverte il prelato- nel subdolo tranello di rovistare nell’albero genealogico della vittima alla ricerca di parentele che possano significare responsabilità: quella ragazza è stata uccisa senza alcun motivo, è una vittima innocente. Le famiglie criminali nel nostro territorio sono vive e si riorganizzano, ridefinendo gli spazi della loro azione, alimentate da un sottobosco di connivenze che affondano le radici nel nostro tessuto sociale. Non possiamo chiudere gli occhi e delegare solo alle forze dell’ordine, alla magistratura, un impegno che argini il dilagare della loro azione”.

“Anche noi, come singoli e comunità civile, ecclesiale – evidenzia Santoro – siamo chiamati a operare scelte di vita che sappiano esprimere, con autorevolezza, il no alla compiacenza, a forme di compromesso, e a ribadire un forte impegno educativo delle istituzioni, di tutti, che possa nutrire le nuove generazioni in ordine a una cultura più comunitaria, meno individualista e autoreferenziale”.

Infine, l’arcivescovo fa un appello alla propria “coscienza e a quella di tutte le donne e gli uomini che sentono bruciare il dolore per quanto è accaduto e che non vogliono dimenticare; alle istituzioni educative e a quelle preposte alla vita sociale e politica: abbiamo il dovere di non rimanere più in silenzio”.

Omicidio Stasi, la mamma in aula: “Vero fumavo spinelli da un anno con mio figlio. È stato ucciso senza ragione”

“Mio figlio è stato ucciso senza ragione. Non c’era nessun debito da 50mila euro con Borracino. Al massimo di mille euro”. Sono le parole pronunciate oggi da Annunzia D’Errico, di 54 anni, madre del 19enne Paolo Stasi ucciso il 9 novembre del 2022 a Francavilla Fontana, nel corso dell’udienza che si è svolta oggi davanti alla corte d’assise del tribunale di Brindisi (presidente Maurizio Saso) nell’ambito del processo per l’omicidio del giovane. Per l’omicidio di Stasi è stato già condannato dal tribunale dei minori di Lecce a 20 anni di reclusione il 19enne Luigi Borracino (che aveva 17 anni all’epoca dei fatti).

Nell’ambito dell’inchiesta è imputato con l’accusa di omicidio volontario in concorso anche il 23enne Cristian Candita (oggi in aula e che è difeso dall’avvocato Maurizio Campanino), mentre Annunziata D’Errico insieme ad altre cinque persone, tra cui Borracino, risponde di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, in concorso. Nello stesso procedimento la 54enne è parte civile e imputata, ed è difesa gli avvocati Domenico Attanasi e Francesco Monopoli.

La donna ha confermato, rispondendo alle domande del pubblico ministero Giuseppe De Nozza che lei stessa fumava “spinelli da un anno insieme a mio figlio e sapevo che nella mia casa entrava erba che veniva confezionata in dosi”. Annunziata D’Errico ha, però, escluso che ci “fosse un accordo per la detenzione di droga in casa. Noi non ci guadagnavamo niente dalla marijuana in casa. Mio figlio era troppo buono e si faceva raggirare. Più volte avevo rimproverato Paolo per il fatto che si confezionasse droga in casa”. La donna, rispondendo alle domande del pm e dell’avvocato Campanino, ha poi chiarito che “non conosce gli altri imputati, ad eccezione di Borracino”, e che “di tutta questa vicenda mio marito non sapeva nulla”.

Omicidio Lopez a Molfetta, operato Eugenio Palermiti: presto lascerà l’ospedale. Domani l’autopsia

Verrà dimesso nel giro di due giorni dal reparto di Ortopedia del Policlinico di Bari, al termine di un’operazione all’omero, Eugenio Palermiti, ventenne nipote del capoclan del quartiere Japigia di Bari rimasto ferito sabato notte durante la sparatoria nella discoteca Bahia di Molfetta in cui è morta la 19enne Antonia Lopez.

Per l’omicidio e per il ferimento di quattro persone – tra cui Palermiti – è stato fermato il 21enne Michele Lavopa, che ha ammesso di aver sparato con l’intenzione però di colpire Palermiti, non la ragazza. Tra i feriti ricoverati in ospedale, uno è stato dimesso ieri da Chirurgia plastica e l’altro verrà dimesso oggi da Ortopedia.

Intanto, ieri, è stata ritrovata in un locale di Bitonto la pistola utilizzata da Lavopa per sparare. Inizialmente il giovane aveva detto di averla buttata in mare. Tre suoi amici, che hanno aiutato l’indagato a nascondere l’arma (una calibro 7,65) prima in campagna e poi in un immobile, sono ora indagati per favoreggiamento: uno di loro è minorenne. Domani mattina verrà invece eseguita l’autopsia sul corpo della vittima da parte della dottoressa Sara Sablone dell’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari.