Omicidio Cosimo Nardelli a Taranto, il fratello Tiziano e Paolo Vuto condannati all’ergastolo: altre due pene

La Corte d’assise di Taranto (presidente Filippo Di Todaro, a latere Loredana Galasso) ha inflitto quattro condanne, due delle quali alla pena dell’ergastolo, per l’omicidio di Cosimo Nardelli, il 61enne pregiudicato ucciso il 26 maggio 2023 con due colpi di pistola al torace davanti alla sua abitazione in via Cugini 7.

Carcere a vita per Paolo Vuto e Tiziano Nardelli (fratello della vittima) ritenuti rispettivamente organizzatore e mandante dell’omicidio. La Corte ha inoltre condannato a 30 anni Cristian Aldo Vuto (figlio di Paolo), ritenuto l’esecutore materiale del delitto, e a 25 anni il cugino Francesco Vuto, che guidava la moto su cui viaggiava il killer.

E’ stata esclusa l’aggravante del metodo mafioso. Secondo l’ipotesi dell’accusa Tiziano Nardelli avrebbe ordinato la morte del fratello per contrasti sorti nella gestione di una cooperativa agricola.

Per altri due imputati, accusati di tentato omicidio e detenzione di arma da fuoco, è stata disposta la condanna a 18 e 2 anni. Cosimo Nardelli era uscito da poco dal carcere dove aveva scontato 17 anni di reclusione in seguito alla condanna per concorso nell’omicidio del 27enne Alessandro Cimoli, ammazzato con alcune coltellate il 31 agosto del 2006 all’uscita di una masseria abbandonata nelle campagne tra Faggiano e Talsano. I pm Milto Stefano De Nozza e Francesco Sansobrino avevano chiesto l’ergastolo per Tiziano Nardelli e Paolo Vuto, 28 e 26 anni per i due cugini Vuto.

Omicidio Palazzotto a Bitritto, Assunto condannato a 14 anni di reclusione: “Ha agito con violenza inaudita”

Torniamo ad occuparci della morte del 27enne Giovanni Palazzotto, ucciso all’alba del 20 novembre 2022 all’esterno di un bar a Bitritto. Ad ottobre scorso Francesco Assunto, il 31enne gestore dell’attività, è stato condannato alla pena di 14 anni di reclusione. La sentenza è arrivata al termine del processo con rito abbreviato.

Secondo la ricostruzione dell’accusa Assunto avrebbe “infierito in maniera continuativa con la forza fisica e con continui insulti contro la vittima non mostrando pietà nemmeno quando quest’ultimo era in fin di vita ed evidenziando totale insensibilità perfino dinanzi al cadavere”. Palazzotto si trovava in stato di agitazione per aver assunto alcol e droga. Il 31enne riuscì a bloccarlo, dandogli anche sei pugni, e lo immobilizzò a terra, facendo pressione con un ginocchio sulla schiena, fino all’arrivo delle forze dell’ordine. Proprio quella pressione esercitata con forza e a lungo, per ben 16 minuti, secondo l’accusa è risultata fatale.

Sono state depositate le motivazioni della sentenza di primo grado. Secondo il gup Giuseppe Montemurro, Assunto ha agito “con una violenza sproporzionata e gratuita” e non si fermato “neppure quando Palazzotto agli occhi di tutti i presenti era ormai completamente inoffensivo, con un atteggiamento di sfida e risentimento, dimostrando lucidità e freddezza e un intento punitivo”.

Secondo il gup “è vero che non può ritenersi che Assunto mirasse a procurare la morte di Palazzotto, ma è senz’altro da ritenersi provato che abbia protratto l’azione di neutralizzazione certamente sproporzionata e gratuita, pur a fronte dell’evidenza, da tutti i presenti percepita, del possibile epilogo nefasto poi verificatosi che aveva concretamente non soltanto previsto ma voluto”.

Trans ucciso a San Giorgio, nuova udienza a Bari: la Procura chiede 30 anni per Francesco Brandonisio

Una condanna a 30 anni di reclusione per il 53enne di Triggiano Francesco Brandonisio, pescatore da diporto di professione barbiere e presunto assassino di Salvatore Dentamaro, il trans barese di 40 anni noto come Ambra, ucciso a coltellate il 23 settembre 2018 a San Giorgio.

Questa è la richiesta della Procura per il 53enne che si trova in carcere da ottobre 2022 che ha invocato il reato di omicidio volontario al termine di una lunga requisitoria. Il processo si sta celebra davanti alla Corte di Assise di Bari.

La vittima fu trovata senza vita all’interno di una Fiat Punto. Le indagini, lunghe e complesse, hanno permesso di arrestare Brandonisio a 4 anni di distanza dal delitto, e si sono concentrate dal primo momento su una Fiat Punto grigia sul cui tettuccio era posizionato un piccolo gommone arancione, un tender, ripreso dalle telecamere di sorveglianza dell’area mentre si allontanava dal luogo dell’omicidio. I consulenti della difesa, hanno però riportato alla luce le differenze fra l’auto dell’imputato e quella del presunto assassino. In più all’orario in cui è stato commesso l’omicidio il telefono di Brandonisio occupava la cella telefonica di Triggiano e non quella di Bari.

Nel processo si sono costituiti parti civili i genitori della vittima. La prossima udienza sarà dedicata all’arringa della difesa dell’imputato. In quella circostanza la Corte potrebbe emettere la sentenza.

Omicidio Paolo Stasi, il killer Borracino: “Voleva denunciarmi. Io non volevo ucciderlo ma solo spaventarlo”

“Quel giorno”, il 9 novembre, “dovevo andare a ritirare la sostanza, e scoprii che mancavano cocaina e marijuana. Tirai uno schiaffo a Paolo perché mi disse che si era stancato di questa situazione e che voleva chiamare i carabinieri”.

Sono le parole pronunciate oggi dal 20enne Luigi Borracino – già condannato in primo grado dal tribunale dei Minori di Lecce per l’omicidio del 19enne Paolo Stasi, il 9 novembre del 2022 a Francavilla Fontana – nel corso dell’udienza che si è svolta oggi davanti alla Corte d’assise del tribunale di Brindisi (presidente Maurizio Saso) nell’ambito del processo per l’omicidio del giovane.

Borracino (che aveva 17 anni all’epoca dei fatti ed è difeso dall’avvocato Maurizio Campanino) è imputato a Brindisi, con la madre di Stasi e altre quattro persone, per detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio, in concorso.

Borracino in udienza oggi sta ricostruendo i suoi rapporti con la vittima e la madre di Stasi, in riferimento a ciò che accadeva all’interno dell’appartamento del 19enne, dove – ha detto – “avveniva sin dai primi mesi del Covid il confezionamento di dosi di droga tra cocaina, marijuana e hashish”.

Borracino ha più volte negato “di voler uccidere Stasi”, ma la sua intenzione era solo “spaventarlo”. La famiglia della vittima, difesa dall’avvocato Domenico Attanasi, si è costituita parte civile. Borracino non ha trovato alcun motivo per chiedere scusa alla famiglia Stasi.

Omicidio a Santo Spirito, convalidato il fermo di Antonio Rizzi: il killer di Dogna ha risposto alle domande

È stato convalidato il fermo di Antonio Rizzi, il 42enne originario di Bitritto reo confesso dell’omicidio del 63enne Antonio Dogna, ucciso nella notte tra il 7 e l’8 gennaio scorsi, con 85 coltellate, nella sua casa di Santo Spirito. L’udienza si è tenuta nel pomeriggio di oggi nel carcere del capoluogo pugliese, alla presenza del gip Antonella Cafagna e del pm Carla Spagnuolo. L’indagato ha risposto alle domande del giudice e poi è stata emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. All’origine del delitto, avvenuto al culmine di una lite tra i due, ci sarebbe un’intricata storia di droga e denaro.

Omicidio Dogna, il 42enne Antonio Rizzi confessa: 85 coltellate perché voleva soldi. I due si conoscevano da anni

Antonio Rizzi, l’operaio 42enne pregiudicato di Bari fermato ieri sera per l’omicidio volontario aggravato dalla crudeltà di Francesco Dogna, ha confessato agli inquirenti di aver ucciso il 63enne, che viveva da solo nella sua casa del quartiere Santo Spirito di Bari. L’omicidio sarebbe stato commesso la notte tra il 7 e l’8 gennaio al culmine di una lite, per gli inquirenti “verosimilmente a seguito di incomprensioni relative all’uso di stupefacenti”. Nel decreto di fermo si legge anche che il movente potrebbe risiedere nella volontà di Rizzi di ottenere dei soldi da Dogna a causa delle difficoltà economiche in cui versava.

Dogna, come emerso dall’autopsia, è stato ucciso con 85 fendenti, sferrati con due coltelli recuperati nella cucina dell’appartamento. Nelle prossime ore ci sarà l’udienza di convalida del fermo: Rizzi – che ha precedenti per maltrattamenti in famiglia e reati contro il patrimonio – si trova in carcere a Bari. Da quanto emerso, Dogna e Rizzi si conoscevano da oltre 10 anni, ma il rapporto tra i due era per lo più sconosciuto ad amici e parenti della vittima. Ad alcuni amici, però, nel corso degli anni Dogna avrebbe detto – come riferito dagli stessi agli inquirenti – di una sua frequentazione con un uomo di malaffare, presumibilmente legato alla criminalità organizzata del quartiere Japigia di Bari, e con un tossicodipendente che avrebbe voluto aiutare per superare la sua dipendenza. Questa persona in passato, come si legge sempre nel decreto di fermo, avrebbe invitato Dogna a partecipare ad alcune ricorrenze (battesimo o comunione) del figlio.

L’analisi delle telecamere di sorveglianza della zona, insieme al tracciato Gps della macchina di Rizzi, hanno permesso agli inquirenti (la pm Carla Spagnuolo ha coordinato le indagini dei carabinieri) di individuare e fermare Rizzi a pochi giorni dal delitto, impedendo una sua probabile fuga al nord Italia e all’estero che, sempre per gli inquirenti, l’uomo stava progettando. Rizzi, come emerge dal decreto di fermo, dopo il delitto avrebbe rubato il portafogli e il cellulare a Dogna, che infatti in piena notte risultava a diversi chilometri di distanza dalla sua abitazione. Il 42enne è stato fermato nella casa in cui viveva con moglie e figli.

Omicidio Dogna a Santo Spirito, arrestato il 42enne Antonio Rizzi: 80 coltellate dopo lite per droga

Nella serata di ieri, i Carabinieri della Compagnia di Bari San Paolo, a Bitritto (BA), hanno dato esecuzione al decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Bari nei confronti di Antonio Rizzi, nato a Bari il 25.03.1983, con precedenti per reati contro il patrimonio e maltrattamenti in famiglia, ritenuto il presunto autore dell’omicidio di DOGNA Francesco, avvenuto a Bari “Santo Spirito” lo scorso 7 gennaio.

Grazie all’analisi dei primi filmati acquisiti è stato possibile accertare l’orario di entrata e di uscita del presunto assassino all’interno dell’abitazione della vittima e la successiva fuga a bordo di un’autovettura parcheggiata in una traversa poco distante, dove venivano rinvenute e repertate numerose tracce ematiche. Con l’analisi di ulteriori sistemi di videosorveglianza posti lungo le vie di fuga e il monitoraggio del tracciato del GPS dell’autovettura è stata poi individuata la targa del veicolo in uso al Rizzi, con cui la vittima, qualche giorno addietro, aveva scambiato alcuni messaggi, come è emerso successivamente dall’analisi dei computer del Dogna. In questo modo è stato possibile far luce su una conoscenza di oltre dieci anni, non nota a familiari ed amici, che intercorreva tra i due uomini che saltuariamente si incontravano anche nell’abitazione di Santo Spirito. Così come è avvenuto la sera del 7 gennaio, quando, a causa di una lite sorta verosimilmente a seguito di incomprensioni relative all’uso di sostanze stupefacenti, l’assassino ha colpito per oltre ottanta volte il corpo della vittima.

All’esito di ininterrotte indagini condotte dai militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Bari San Paolo coordinati personalmente dal Pubblico Ministero della Procura della Repubblica di Bari, Dott.ssa Carla Spagnuolo, mediante attività tecniche, è stato possibile localizzare l’assassino ricostruendo l’intero percorso effettuato nel corso della notte tra il 7 e 8 gennaio. Numerosi sono stati i gravi indizi di colpevolezza raccolti dagli investigatori che hanno permesso di fermare l’uomo che stava già pianificando una fuga dal capoluogo pugliese, per raggiungere il nord Italia e poi l’estero.

È importante sottolineare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che l’eventuale colpevolezza in ordine ai reati contestati dovrà essere accertata in sede dibattimentale nel rispetto del contradditorio con la difesa dell’indagato.

Omicidio a Santo Spirito, ucciso a coltellate il 63enne Francesco Dogna: domani i funerali

Si terranno lunedì 13 gennaio alle ore 15.30, nella chiesa Spirito Santo, i funerali di Francesco Dogna, il 63enne trovato morto mercoledì scorso nella sua casa di Santo Spirito, quartiere sul litorale a nord di Bari. Il dipendente di Exprivia è stato ucciso con diverse decine di fendenti, come emerso dall’autopsia compiuta ieri da Davide Ferorelli dell’istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari.

L’esame autoptico è durato oltre otto ore, la relazione completa verrà consegnata alla Procura in 90 giorni, tempo necessario per svolgere ulteriori accertamenti ed esami tossicologici e istologici. La salma è stata poi restituita ai familiari, che non hanno nominato consulenti per l’autopsia.

Sull’omicidio indagano i carabinieri, coordinati dalla pm Carla Spagnuolo della Procura di Bari. Sia sulle scale della palazzina in cui abitava Dogna che per strada sono state trovate decine di tracce di sangue, già repertate, che l’assassino potrebbe aver lasciato durante la fuga. L’arma del delitto, verosimilmente un coltello, al momento non è stata trovata. Sulle tracce di sangue trovate per strada e probabilmente lasciate dal killer ferito sarà eseguito l’esame del Dna. All’esame degli inquirenti ci sono anche le telecamere della zona, che potrebbero aver immortalato il killer sia al momento del suo arrivo nell’appartamento, al civico 14 di via Torino, sia durante la fuga.

L’assenza di segni di effrazione fa pensare che Dogna abbia aperto la porta al suo assassino, e al momento del ritrovamento del cadavere il 63enne era a pancia in giù in una pozza di sangue, circondato da un insolito disordine. A trovare il corpo dell’uomo sono stati la sorella e il cognato, preoccupati per non avere più notizie del 63enne dalla sera precedente. Alcuni testimoni hanno riferito ai carabinieri di aver sentito delle urla provenire dall’appartamento della vittima nella notte in cui il 63enne è stato ucciso.

Omicidio a Santo Spirito, autopsia choc: “Delitto d’impeto”. Francesco Dogna ucciso da 70 coltellate

È stato ucciso con diverse decine di fendenti (circa 70) Francesco Dogna, il 63enne trovato morto mercoledì scorso nella sua casa di Santo Spirito, quartiere sul litorale a nord di Bari Sono questi i risultati dell’autopsia compiuta oggi da Davide Ferorelli dell’istituto di Medicina Legale del Policlinico di Bari. L’esame autoptico è durato oltre otto ore, la relazione completa verrà consegnata alla Procura in 90 giorni, tempo necessario per svolgere ulteriori accertamenti ed esami tossicologici e istologici. La salma è stata restituita ai familiari che non hanno nominato consulenti per l’autopsia.

Sull’omicidio indagano i carabinieri, coordinati dalla pm Carla Spagnuolo della Procura di Bari. Sia sulle scale della palazzina in cui abitava Dogna che per strada sono state trovate decine di tracce di sangue, già repertate, che l’assassino potrebbe aver lasciato durante la fuga. L’arma del delitto, verosimilmente un coltello, al momento non è stata trovata. Sulle tracce di sangue trovate per strada e probabilmente lasciate dal killer ferito sarà eseguito l’esame del Dna. All’esame degli inquirenti ci sono anche le telecamere della zona, che potrebbero aver immortalato il killer sia al momento del suo arrivo nell’appartamento, al civico 14 di via Torino, sia durante la fuga.

L’assenza di segni di effrazione fa pensare che Dogna abbia aperto la porta al suo assassino, e al momento del ritrovamento del cadavere il 63enne era a pancia in giù in una pozza di sangue, circondato da un insolito disordine. A trovare il corpo dell’uomo sono stati la sorella e il cognato, preoccupati per non avere più notizie del 63enne dalla sera precedente. Alcuni testimoni hanno riferito ai carabinieri di aver sentito delle urla provenire dall’appartamento della vittima nella notte in cui il 63enne è stato ucciso.