Omicidio Di Giacomo a Poggiofranco, Vassalli racconta: “Non volevo ucciderlo ero preso dall’ira. Colpi partiti”

“Non volevo ucciderlo, ero preso dall’ira. I colpi sono partiti durante la colluttazione, volevo solo che si prendesse le proprie responsabilità”. Queste sono le parole proferite da Salvatore Vassalli, l’operaio 59enne di Canosa arrestato con l’accusa di essere il killer di Mauro Di Giacomo, il fisioterapista barese ucciso a Poggiofranco sotto la sua abitazione la sera del 18 dicembre scorso, nell’interrogatorio che si è tenuto innanzi al gip Nicola Bonante e ai suoi avvocati.

Vassalli ha ribadito la propria versione dei fatti e ha parlato di una lite finita male. Aveva accompagnato sua figlia dal dentista a Bari e la ragazza non sarebbe riuscita a mettere la mano vicino alla guancia perché impossibilitata. La famiglia Vassalli aveva fatto causa a Di Giacomo, considerato colpevole per aver effettuato sulla ragazza nel 2019 una manipolazione sbagliata intervenendo sul rachide cervicale. Da qui la denuncia, la causa e la richiesta di risarcimento danni pari a 230mila euro per aver provocato un danno permanente causato da uno shock midollare. L’ultima udienza del processo si era celebrata il 7 dicembre.

Il 59enne quella sera lo ha affrontato. “Sono corso alla macchina e avevo la pistola in macchina. Prendo la pistola… lui l’ha visto perché eravamo proprio vicinissimi a un… neanche a due metri dalla macchina, lui l’ha vista, abbiamo continuato la colluttazione perché lui ha messo la mano sulla pistola, così mi ha preso il braccio e abbiamo continuato la colluttazione. In quel momento gli ho dato due tre botte a lui con la pistola e partivano… partivano i colpi perché come facevi con la mano… boom! Boom! Boom! Boom! Partivano i colpi a tutta forza. È stato tutta una… una baraonda, cioè non si capiva più… più niente! – le parole riportate da La Gazzetta del Mezzogiorno -. Sono arrivato a Canosa, sono stato un po’ sotto casa per riprendermi… mi sembra che strada facendo ha chiamato mia moglie pure o l’ho chiamata io… forse l’ho chiamata io, perché forse ho visto che era tardi… ‘Sto arrivando’. Lei mi dice: ‘Dove sei andato? Sei andato a fare la spesa tanto tempo?’. ‘No, non ho fatto la spesa, ho avuto un contrattempo’, roba del genere. Perché lei sapeva che io ero uscito per andare a fare la spesa come tutte le altre sere, normalmente. E sono arrivato a casa. Sono arrivato a casa, sono stato, diciamo… tutta la notte a pensare: che faccio? Che non faccio? Che faccio? Che non faccio? Cioè non sapevo neanche io, diciamo, la decisione da prendere, se costituirmi, se fare, se dire… Allora diciamo che c’avevo… c’avevo questo peso su… diciamo sullo stomaco, cioè di… la mia intenzione era dall’inizio, diciamo, quella di costituirmi, però diciamo una volta ci stava uno che c’aveva la febbre, un’altra volta quella c’aveva… diciamo un’altra cosa’.

Ha poi confermato di aver distrutto la pistola. “La mattina mi sono alzato prima dell’orario di lavoro, sono andato là, l’ho fatta a pezzettini, strada facendo Canosa-Cerignola, siccome lavoravo a Cerignola, l’ho buttata”, ha aggiunto. E pare che l’intera famiglia sia intenzionata comunque a riassumere la causa civile avviata dalla figlia di Salvatore Vassalli nei confronti di Mauro Di Giacomo. Il processo si è stoppato ma ci sono tre mesi di tempo per agire nei confronti degli eredi della vittima. 

Omicidio a Vico del Gargano, muore il 39enne Davide Mastromatteo: interrogato il suocero 66enne

Interrogatorio di garanzia questa mattina nel carcere di Foggia per il pensionato di 66 anni arrestato per l’omicidio del genero 40enne Davide Mastromatteo, ucciso con una fucilata nel tardo pomeriggio di venerdì scorso nella sua abitazione alla periferia di Vico Del Gargano nel Foggiano. L’uomo, a quanto si apprende, ha risposto per circa un’ora alle domande del gip Carlo Protano ricostruendo l’accaduto.

Presente anche il pubblico ministero Vincenzo Bafundi. Sul contenuto dell’interrogatorio c’è il massimo riserbo da parte dei legali, gli avvocati Eustachio Agricola e Angelo Mastromatteo. Si attende ora la decisione del gip sulla custodia cautelare, considerato che l’arresto dell’uomo è avvenuto in flagranza da parte dei carabinieri. L’omicidio è avvenuto nell’abitazione della vittima in località Mannarelle, a poca distanza dall’abitazione del suocero, durante un violento litigio.

Omicidio a Vico del Gargano, muore il 39enne Davide Mastromatteo: arrestato il suocero 66enne

È stato arrestato in flagranza dai carabinieri di Foggia con l’accusa di omicidio il 66enne che ieri ha ucciso il 40enne Davide Mastromatteo, marito della figlia, nella loro abitazione ieri pomeriggio a Vico del Gargano, in provincia di Foggia.

Secondo la ricostruzione dei carabinieri, nel pomeriggio di dieri, durante una lite scaturita in ambito famigliare, il 66enne avrebbe esploso un colpo di fucile calibro 12, legalmente detenuto, all’indirizzo del proprio genero, uccidendolo. I militari intervenuti nell’abitazione in contrada Mannarelle hanno avviato le indagini che proseguono con coordinamento della Procura di Foggia.

Omicidio a Vico del Gargano, muore il 39enne Davide Mastromatteo: a sparargli il suocero pensionato

Si chiamava Davide Mastromatteo e aveva 39 anni l’uomo ucciso ieri nella sua abitazione a Vico del Gargano (Foggia), presumibilmente a colpi di arma da fuoco. A ucciderlo, durante un litigio per questioni familiari, sarebbe stato il suocero, un pensionato. Mastromatteo era un operaio edile ed era impegnato anche come volontario nella protezione civile del luogo.

“Conosco entrambe le famiglie – afferma il sindaco Raffaele Scicio – sono persone rispettabili, integrate nella nostra comunità. Non c’era mai stato alcun problema”.

Omicidio Notarangelo nel Foggiano, indaga la Dda: si segue la pista dell’agguato mafioso

Potrebbe celarsi la mano della criminalità organizzata mafiosa dietro l’omicidio di Bartolomeo Pio Notarangelo, il 36enne ucciso in una zona impervia del Gargano, in località Tagliata a Mattinata in provincia di Foggia. A dare l’allarme nel pomeriggio di ieri ai carabinieri sarebbero stati i familiari che, non vedendolo rientrare, lo hanno cercato nei terreni di sua proprietà che aveva acquistato qualche anno fa. Hanno così ritrovato il corpo senza vita dell’uomo.

Ad occuparsi delle indagini sul delitto sono i carabinieri, coordinati dai magistrati della direzione distrettuale antimafia di Bari. Bartolomeo Pio Notarangelo, con precedenti per droga e armi, aveva legami di parentela con la famiglia Quitadamo, ritenuta vicina ad ambienti criminali. Antonio e Andrea Quitadamo – soprannominati Baffino – collaborano con la giustizia da alcuni anni e Notarangelo era cognato del più piccolo dei fratelli, Andrea. La vittima aveva anche legami di parentela con Angelo Notarangelo, il boss ucciso a Vieste nel 2015 in un agguato mafioso, di cui, di recente, si è autoaccusato Marco Raduano, il boss, un tempo braccio destro di Angelo Notarangelo, ora divenuto da alcune settimane collaboratore di giustizia.

I carabinieri sono al lavoro in un contesto molto complesso, considerata l’assenza di telecamere e possibili testimoni. Lo scorso anno l’azienda di allevamento di bestiame della vittima fu raggiunta da una interdittiva antimafia emessa dal prefetto di Foggia.

Bari, porta via la pistola di Lello Capriati dopo l’omicidio: arrestata una donna. Si trovava in auto con la vittima

Nella mattinata odierna, personale della Squadra Mobile della Questura di Bari ha dato esecuzione all’Ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari, su richiesta di questa Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti della donna che, la sera dello scorso 1° aprile, si trovava alla guida dell’auto su cui viaggiava Capriati Raffaele, detto Lello, figura di spicco dell’omonimo clan di tipo mafioso, nella circostanza rimasto vittima di un agguato mortale in Bari – Torre a Mare.

Con la doverosa premessa che si tratta di accertamenti compiuti nella fase delle indagini preliminari, che necessitano della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, l’odierna indagata risponde dei reati di detenzione e porto illegale di arma da fuoco in luogo pubblico, commessi con l’aggravante mafiosa.

I fatti traggono origine dalla complessa e peculiare attività d’indagine strutturata nelle fasi immediatamente successive l’omicidio di Capriati Raffaele, quando gli investigatori della Squadra Mobile hanno potuto determinare che la vittima era in possesso di una pistola, caduta, dal corpo ormai esanime, nel momento in cui il personale sanitario si adoperava nel tentativo di rianimarlo. L’arma, nella circostanza, è stata recuperata con abilità dalla donna colpita dall’odierno provvedimento cautelare, la quale, atteso il trasferimento del Capriati sulla sopraggiunta ambulanza, rimanendo sempre alla guida della sua autovettura, si è allontanata dal luogo del delitto con la pistola a seguito, impedendone il successivo ritrovamento.

Imprescindibili, per la ricostruzione dei fatti, sono state le dichiarazioni assunte dai testimoni oculari dell’accaduto. Dopo le formalità di rito, la persona destinataria del provvedimento cautelare è stata condotta in carcere. È importante sottolineare che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione della misura cautelare odierna, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo, nel contraddittorio tra le parti.

Bari, omicidio a Ceglie: il 38enne indiano aveva trovato lavoro. A setaccio il telefonino: diverse piste seguite

Continuano le indagini sull’omicidio del 38enne indiano, sparato la sera del 31 maggio in un casolare abbandonato tra Ceglie e Carbonara. Secondo quanto emerso dalle ultime ricostruzioni, la vittima avrebbe dovuto iniziare a lavorare ieri come fruttivendolo.

Gli inquirenti ora stanno cercando indizi sul suo telefonino. Il cellulare, trovato vicino al cadavere, è stato sequestrato. Con lui vivevano 6 stranieri e 2 italiani, secondo i loro racconti a fare irruzione sono stati 3 giovanissimi. Uno di loro ha estratto una pistola e ha sparato contro il 38enne. Le testimonianze però non sono del tutto lineari, per questo è stato effettuato l’esame dello stub perché non si esclude una lite interna al gruppo. Ma un litigio potrebbe essere avvenuto anche all’esterno dell’edificio. Si seguono ancora le piste di un atto xenofobo o di una spedizione punitiva.

L’autopsia ha confermato che il 38enne è stato raggiunto da un solo colpo, l’arma utilizzata dovrebbe essere una pistola di grosso calibro. Sul corpo non erano presenti segni di colluttazione.

Omicidio a Bari, 38enne indiano ucciso a Ceglie: caccia a 3 ragazzi. S’indaga nella vita della vittima

Proseguono le indagini sull’omicidio del 38enne indiano avvenuto venerdì 31 giugno nel casolare abbandonato nella zona tra Ceglie e Carbonara alla periferia di Bari. La Procura ha aperto un’inchiesta e domani verrà effettuata l’autopsia dal medico legale. La vittima sarebbe stata raggiunta al petto da un solo colpo di pistola, ma l’esame chiarirà le modalità dell’omicidio.

In azione c’è la squadra che ha risolto in pochi mesi il caso dell’omicidio di Mauro Di Giacomo, il fisioterapista ucciso a Poggiofranco sotto la sua abitazione. Si stanno passando a setaccio i filmati delle telecamere di videosorveglianza di via Vaccarella a caccia di indizi, così come si stanno ascoltando gli amici connazionali che vivevano con la vittima in quel rifugio. Secondo il loro racconto tre giovanissimi ragazzi hanno fatto irruzione, uno di loro ha sparato. All’origine potrebbe esserci una spedizione punitiva (pare che la vittima avesse un carattere particolare e litigioso) o addirittura si ipotizza possa trattarsi di una una manifestazione di violenza xenofoba.

Della vittima si sa ad oggi poco. Pur facendo parte della comunità indiana a Bari, non lavorava come bracciante, rider o addetto alle cucine dei ristoranti come tanti suoi connazionali. Senza dimora, non si sa ancora da quanto tempo si trovasse in Italia.

Omicidio a Bari, 38enne ucciso a Ceglie: Procura apre inchiesta e dispone autopsia

La Procura di Bari, che ha aperto una inchiesta per omicidio volontario, ha disposto l’autopsia sul corpo dell’uomo di 38 anni di nazionalità indiana ucciso nella tarda serata di ieri all’interno di un ex ospedale in disuso, che si trova nel quartiere di Ceglie del campo, alla periferia di Bari. L’incarico sarà conferito lunedì al professore Davide Ferorelli dell’istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari.

Gli accertamenti dovrebbero incominciare subito dopo. Secondo quanto emerso finora dalle indagini degli agenti della squadra mobile coordinati dal magistrato della procura barese Matteo Soave, la vittima, che con ogni probabilità era irregolare sul territorio italiano, si trovava all’interno dell’immobile abbandonato e fatiscente in cui era solito trascorrere la notte assieme ad altri cittadini stranieri, alcuni dei quali suoi connazionali, quando tre persone molto giovani avrebbero fatto irruzione. Una di loro impugnava un’arma da fuoco e premendo il grilletto ha centrato la vittima al petto senza dargli scampo.

Sono stati i testimoni del delitto a chiamare i soccorsi nella serata di ieri e a dare il via alle indagini che dovranno definire il movente dell’omicidio. Non si esclude possa essersi trattato di una spedizione punitiva. Della vittima si conosce poco: non è chiaro chi fosse né da quanto tempo fosse in Italia e a Bari. Gli investigatori, che stanno identificando chi abitualmente dorme nell’ex ospedale per poi ascoltarlo, stanno accertando la presenza di sistemi di videosorveglianza nella zona.