Messaggio su Whatsapp a Pisicchio prima dell’arresto, Emiliano pronto a parlare: c’è una terza persona coinvolta

La Procura di Bari vuole fare chiarezza attorno alle dimissioni di Alfonso Pisicchio, dall’incarico di commissario dell’Arti, arrivate poco prima del suo arresto nel pomeriggio del 10 aprile. Un giallo che ha sin da subito insospettito gli inquirenti viste le tempistiche. E nel mondo della politica non mancano le reazioni.

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Inchiesta per truffa allo Stato, indagato D’Adamo: gli intrecci tra l’ex assessore di Bari con Pisicchio e Maurodinoia

Alessandro D’Adamo è legato ad Alfonso Pisicchio e ad Anita Maurodinoia, i due ex assessori regionali protagonisti di altrettante vicende giudiziarie che hanno scatenato un terremoto politico a Bari e in Puglia. Sono stati proprio i leader di Iniziativa democratica e Sud al Centro a volerlo in giunta a Bari.

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Finanziamento di 3 milioni a società veneta, il gip: “Enzo Pisicchio sfruttò relazioni con l’assessore Borraccino”

Il faccendiere Enzo Pisicchio e l’imprenditrice coindagata Giacoma Punzo, per far ottenere un primo finanziamento di 3 milioni di euro (di complessivi 6 milioni) alla società veneta Nir hanno “sfruttato e vantato relazioni esistenti con Antonio De Vito e Cosimo Borraccino, all’epoca dei fatti rispettivamente direttore generale della società regionale ‘Puglia Sviluppo’ e assessore pugliese allo Sviluppo Economico”. Borraccino, che non è indagato (così come De Vito), alle ultime regionali si è candidato con il partito dei Pisicchio, ‘Senso Civico’, ma non è stato eletto, tuttavia è stato nominato dal governatore Michele Emiliano consigliere delegato del presidente per l’attuazione del Piano per Taranto.

Borraccino – è scritto negli atti – fu “proponente e relatore della delibera di Giunta regionale n.700 del 9 aprile 2019 con la quale la Nir srl fu ammessa al contributo agevolatore” sulla base di una polizza fideiussoria che la Procura ritiene falsa. Enzo Pisicchio e suo fratello Alfonsino, ex assessore pugliese all’Urbanistica, sono stati arrestati il 10 aprile scorso assieme ad altre tre persone per aver pilotato cospicui finanziamenti regionali ad alcune imprese in cambio di varie utilità (tra cui numerose assunzione di famigliari e militanti politici) e attraverso polizze fideiussorie false fornite da un sedicente broker.

“Cercasi posto fisso”, il figlio di Pisicchio e il regalo di “Natale”: assunto un mese dopo nell’azienda aiutata dal padre

Il cartello con la scritta “Cercasi posto fisso” e il volto di Checco Zalone. Questo il murale pubblicato sul suo profilo Instagram nel dicembre 2018 da Natale Pisicchio, figlio dell’ex assessore regionale Alfonso, arrestato pochi giorni fa insieme al fratello Enzo nell’inchiesta per aver pilotato cospicui finanziamenti regionali ad alcune imprese in cambio di vari favori.

Un desiderio quello di Natale realizzato poco dopo… Natale. A gennaio 2019 infatti, come si legge sul profilo Linkedin, è stato assunto a tempo pieno come consulente legale. Da chi? Dalla BvTech, società che era riuscita ad ottenere, secondo quanto ricostruito dalla Procura, la prima tranche di un finanziamento di 9 milioni di euro dalla Regione in modo illecito.

E l’assunzione è stata anche oggetto di una disputa familiare tra Alfonso e l’altro fratello, Pino (non indagato), su chi dovesse prendersene il merito, come rivelato da un’intercettazione che vede protagonisti Enzo Pisicchio e la figlia Rebecca in auto. L’uomo “confidava il battibecco avuto con la cognata, la quale attribuiva al marito Alfonsino il merito dell’assunzione di “Nat” ( Natale) nella BvTech, anziché all’altro fratello Pino (ex parlamentare)”, si legge nelle carte. Enzo Pisicchio dice alla figlia: “E infatti! E infatti! Tra l’altro Vanda, l’altro giorno: ‘E no che il posto mica l’ha dato Pino… se non era per Alfonso!’… E insiste con questa storia!”.

Laforgia rinuncia alla difesa di Pisicchio: “Basta speculazioni e interferenze. Non sapevo nulla dell’arresto”

L’avvocato Michele Laforgia rinuncia al mandato difensivo di Alfonso Pisicchio. A comunicarlo è lui stesso in una nota. “Lo faccio allo scopo di evitare, anche a tutela dell’indagato, qualsiasi ulteriore speculazione sulla presunta – e inesistente – interferenza fra la mia attività professionale e il mio impegno civile e politico”.

“Ovviamente non sapevo e non potevo sapere nulla dell’ordinanza custodiale applicata anche nei confronti di Alfonso Pisicchio, dal quale ero stato nominato difensore a seguito di una perquisizione eseguita nel lontano luglio 2020 – aggiunge -. Com’è noto, la legge non consente ai difensori di accedere a notizie coperte dal segreto istruttorio e men che meno di venire a conoscenza, in anticipo, della adozione e della imminente esecuzione di una misura cautelare. Quello che sapevo, e che era noto a tutti, compresi naturalmente gli indagati, gli organi istituzionali e l’opinione pubblica, è che potevano esservi nuovi arresti. avendone riferito – in modo più o meno dettagliato – gli organi di informazione, e che vi era da quasi quattro anni un procedimento pendente per gravi reati a carico di Pisicchio e altre persone”.

“Colgo l’occasione – conclude la nota – per ribadire che il diritto di difesa è garantito dalla Costituzione e non può essere confuso con la connivenza con il delitto e con chi delinque. Nella mia lunga vita professionale ho difeso indagati e imputati, presunti innocenti sino a sentenza definitiva, non i reati dei quali erano accusati e che possono essere loro attribuiti solo al termine di un regolare processo. Proprio per questo, l’impegno civile e politico non è e non può essere ritenuto in contrasto con l’esercizio della professione di avvocato, che è espressione del principio di legalità: chi sostiene o insinua il contrario ignora le regole fondamentali dello Stato di diritto o è in malafede”.