Guida spericolata a Bari, controlli su monopattini e scooter: multe per 12mila euro tra Poggiofranco e Carrassi

Accertate e contestate violazioni al codice della strada per 12.810 euro, 3 sequestri amministrativi, 2 patenti di guida ritirate e 7 fermi amministrativi di veicoli. Questo è il bilancio dei recenti controlli congiunti della Polizia Locale di Bari con i tecnici della Motorizzazione Civile, compiuti attraverso il veicolo attrezzato per le verifiche delle caratteristiche costruttive dei mezzi in circolazione negli ultimi giorni a Poggiofranco e Carrassi.

Le violazioni rilevate interessano in via prevalente la circolazione con veicolo senza i prescritti dispositivi di equipaggiamento per i monopattini, l’omessa revisione periodica, velocipedi a pedalata assistita che vanno considerati ciclomotore (e quindi in circolazione senza certificato di circolazione e targa), guida senza patente per ciclomotori, minori di 16 anni con passeggero su ciclomotore sebbene vietato, passeggeri di motoveicoli e ciclomotori senza casco (3 violazioni), veicoli senza assicurazione.

Omicidio Di Giacomo a Poggiofranco, Vassalli racconta: “Non volevo ucciderlo ero preso dall’ira. Colpi partiti”

“Non volevo ucciderlo, ero preso dall’ira. I colpi sono partiti durante la colluttazione, volevo solo che si prendesse le proprie responsabilità”. Queste sono le parole proferite da Salvatore Vassalli, l’operaio 59enne di Canosa arrestato con l’accusa di essere il killer di Mauro Di Giacomo, il fisioterapista barese ucciso a Poggiofranco sotto la sua abitazione la sera del 18 dicembre scorso, nell’interrogatorio che si è tenuto innanzi al gip Nicola Bonante e ai suoi avvocati.

Vassalli ha ribadito la propria versione dei fatti e ha parlato di una lite finita male. Aveva accompagnato sua figlia dal dentista a Bari e la ragazza non sarebbe riuscita a mettere la mano vicino alla guancia perché impossibilitata. La famiglia Vassalli aveva fatto causa a Di Giacomo, considerato colpevole per aver effettuato sulla ragazza nel 2019 una manipolazione sbagliata intervenendo sul rachide cervicale. Da qui la denuncia, la causa e la richiesta di risarcimento danni pari a 230mila euro per aver provocato un danno permanente causato da uno shock midollare. L’ultima udienza del processo si era celebrata il 7 dicembre.

Il 59enne quella sera lo ha affrontato. “Sono corso alla macchina e avevo la pistola in macchina. Prendo la pistola… lui l’ha visto perché eravamo proprio vicinissimi a un… neanche a due metri dalla macchina, lui l’ha vista, abbiamo continuato la colluttazione perché lui ha messo la mano sulla pistola, così mi ha preso il braccio e abbiamo continuato la colluttazione. In quel momento gli ho dato due tre botte a lui con la pistola e partivano… partivano i colpi perché come facevi con la mano… boom! Boom! Boom! Boom! Partivano i colpi a tutta forza. È stato tutta una… una baraonda, cioè non si capiva più… più niente! – le parole riportate da La Gazzetta del Mezzogiorno -. Sono arrivato a Canosa, sono stato un po’ sotto casa per riprendermi… mi sembra che strada facendo ha chiamato mia moglie pure o l’ho chiamata io… forse l’ho chiamata io, perché forse ho visto che era tardi… ‘Sto arrivando’. Lei mi dice: ‘Dove sei andato? Sei andato a fare la spesa tanto tempo?’. ‘No, non ho fatto la spesa, ho avuto un contrattempo’, roba del genere. Perché lei sapeva che io ero uscito per andare a fare la spesa come tutte le altre sere, normalmente. E sono arrivato a casa. Sono arrivato a casa, sono stato, diciamo… tutta la notte a pensare: che faccio? Che non faccio? Che faccio? Che non faccio? Cioè non sapevo neanche io, diciamo, la decisione da prendere, se costituirmi, se fare, se dire… Allora diciamo che c’avevo… c’avevo questo peso su… diciamo sullo stomaco, cioè di… la mia intenzione era dall’inizio, diciamo, quella di costituirmi, però diciamo una volta ci stava uno che c’aveva la febbre, un’altra volta quella c’aveva… diciamo un’altra cosa’.

Ha poi confermato di aver distrutto la pistola. “La mattina mi sono alzato prima dell’orario di lavoro, sono andato là, l’ho fatta a pezzettini, strada facendo Canosa-Cerignola, siccome lavoravo a Cerignola, l’ho buttata”, ha aggiunto. E pare che l’intera famiglia sia intenzionata comunque a riassumere la causa civile avviata dalla figlia di Salvatore Vassalli nei confronti di Mauro Di Giacomo. Il processo si è stoppato ma ci sono tre mesi di tempo per agire nei confronti degli eredi della vittima. 

Omicidio a Poggiofranco, la ricostruzione di Vassalli: “Volevo solo spaventare Di Giacomo”. La pistola fatta a pezzi

Salvatore Vassalli, l’operaio 59enne arrestato con l’accusa di essere il killer di Mauro Di Giacomo, il fisioterapista barese ucciso a Poggiofranco sotto la sua abitazione la sera del 18 dicembre scorso, ha raccontato di aver fatto a pezzi l’arma del delitto. Lo ha svelato lui stesso nel corso dell’interrogatorio di garanzia svolto nei giorni scorsi.

Vassalli ha fornito la propria versione dei fatti. Ha dichiarato che quel giorno ha accompagnato sua figlia dal dentista a Bari e che la ragazza non sarebbe riuscito a mettere la mano vicino alla guancia perché impossibilitata. La famiglia ha fatto causa a Di Giacomo, considerato colpevole per aver effettuato sulla ragazza nel 2019 una manipolazione sbagliata intervenendo sul rachide cervicale. Da qui la denuncia, la causa e la richiesta di risarcimento danni pari a 230mila euro per aver provocato un danno permanente causato da uno shock midollare. L’ultima udienza del processo si era celebrata il 7 dicembre.

Secondo il racconto fornito, circa 10 giorni dopo, Vassalli, vedendo sua figlia sofferente, ha deciso di affrontare Di Giacomo. “L’avevo visto poche volte non ero neanche sicuro che fosse lui. Volevo solo che si prendesse le proprie responsabilità”, le sue parole. I toni si fanno accesi, Vassalli prende dalla macchina una pistola (dimenticata in auto e usata per esercitarsi in campagna) e la mostra per spaventarlo. Di Giacomo a questo punto prova a disarmarlo, nella colluttazione a distanza ravvicinata partono i 7 colpi. Secondo il racconto di Vassalli, Di Giacomo sarebbe stato colpito al volto con il calcio della pistola prima. L’operaio 59enne racconta poi di essersi liberato della pistola, facendola a pezzi e gettando le varie parti in punti diversi. Nel raccontare la sua versione dei fatti, distante da quella ricostruita dalla Polizia e dalla Procura, Vassalli afferma che le sue intenzioni non erano quelle di uccidere Di Giacomo e non ha nascosto il suo malessere interiore per quanto accaduto nei mesi successivi. Punta a far cadere l’aggravante della premeditazione e quella dell’aver agito con crudeltà.