Nuova aggressione nel carcere di Bari, detenuto colpisce poliziotto a pugni. Sappe: “Una tortura”

Un poliziotto in servizio nel carcere di Bari è stato colpito al volto e al corpo da un detenuto. L’aggressione si è verificata ieri ed è stata denunciata in una nota dal SAPPE. L’agente è stato costretto a ricorrere alle cure del pronto soccorso con una prognosi di dieci giorni.

“Anche in questo caso il detenuto in questione, un uomo della provincia di Bari di circa 40 anni in carcere per reati contro il patrimonio, ha girato parecchi penitenziari della Puglia e della Basilicata creando disordini, aggredendo detenuti e poliziotti. Avremmo voluto anche in questo caso mostrare i danni che il detenuto ha causato al poliziotto, per far capire in che razza di manicomio e con quale tensione e stress sono costretti a lavorare gli agenti di Bari, ma la riservatezza e la dignità del lavoratore non lo ha permesso – si legge nella denuncia del SAPPE -. A questo punto ci chiediamo e chiediamo a Antigone, radicali, politici che hanno voluto una legge assurda che serve solo a colpire e delegittimare le forze dell’ordine che a questo punto devono solo subire sennò rischiano una condanna superiore all’omicidio nonostante una la legge sugli abusi ci sia, chi sono i “torturatori”? Un detenuto che senza alcun motivo colpisce un poliziotto mandandolo all’ospedale con vari giorni di prognosi, oppure dei poliziotti che rischiano di morire avvelenati dal fumo per salvare la vita ad un detenuto, e nel contempo violano i regolamenti carcerari ed aprono da soli 130 detenuti per evitare una sanguinosa rivolta e strage? Il SAPPE, sindacato autonomo polizia penitenziaria ritiene che un servitore dello Stato che compie atti vergognosi in maniera cosciente e violenta debba pagare molto di più di un normale cittadino, ma se nella concitazione di momenti molto difficili, stressanti come quelli accaduti quella notte da cui dipendeva la vita e la sicurezza di tante persone avvengono atti deplorevoli, questi non possono essere misurati sempre con lo stesso metro. La parola ‘tortura’ vuol dire coercizione fisica o psicologica, per cui vorremmo chiedere a questi signori come può essere un torturatore chi salva, anche con atti riprovevoli, la vita al torturato? In queste settimane abbiamo denunciato pubblicamente le condizioni di vita in cui sono costretti decine e decine di detenuti giunti al carcere di Bari da tutta la nazione con patologie gravi(allettati, sedia a rotelle , grandi obesi) per essere curati al locale centro clinico ma buttati nelle normali sezioni detentive fatiscenti e con barriera architettoniche, anziché in ambienti igienico sanitari decenti, poiché la struttura è strapiena. Abbiamo chiesto al Presidente della Regione, all’Assessore regionale alla salute, ai responsabili dell’ASL di Bari, al Sindaco di Bari, alle autorità preposte di verificare tale situazione, ma nulla! Il SAPPE ritiene che anche quella sia ‘tortura’ nei confronti dei poveri malati, ma forse chi e responsabile di tale situazione può contare su appoggi così potenti che può starsene tranquillo e beato pensando alla propria carriera, a differenza di 11 poliziotti a 1500 euro al mese, che pensavano di aver conosciuto l’inferno lavorando per decenni nelle carceri, ma che hanno scoperto che l’inferno è fuori dal carcere, poiché vieni messo alla berlina, perdi la dignità e il sostentamento economico”.

In auto con 12 grammi di cocaina, assolto ex poliziotto a Bari. I giudici: “Il fatto non costituisce reato”

Il Tribunale di Bari in composizione monocratica ha assolto dall’accusa di favoreggiamento personale, “perché il fatto non costituisce reato”, un agente di polizia. L’uomo era a processo perché trovato in possesso di poco più di 12 grammi di cocaina – di cui avrebbe ceduto una dose a una donna – e accusato di aver aiutato un uomo arrestato in flagranza per spaccio di stupefacenti a eludere le investigazioni dell’autorità. Sentito a sommarie informazioni, infatti, il poliziotto negò che l’arrestato gli avesse ceduto la cocaina poi trovata nel suo borsello all’interno della sua auto.

La Procura aveva chiesto la condanna a 8 mesi, l’imputato era difeso dall’avvocato Antonio La Scala. Il Tribunale ha riconosciuto come, nel caso specifico, si potesse applicare un’esimente: l’acquirente di modiche quantità di sostanze stupefacenti per uso personale non può essere condannato se si rifiuta di fornire alla polizia giudiziaria informazioni sulle persone da cui ha ricevuto la droga se, in concreto, queste informazioni possono determinare nei suoi confronti un grave ed inevitabile danno alla sua libertà ed al suo onore.

Il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza del danno perché l’imputato, agente di polizia, avrebbe potuto subire gravi ripercussioni sul lavoro e sulla sua carriera. Si conclude così, dopo 7 anni, la vicenda dell’agente di polizia nel frattempo in pensione per malattia. L’uomo, nel 2018, era finito nuovamente sotto processo per truffa aggravata e falso ideologico perché, nel periodo in cui era in malattia, era stato trovato in vacanza in Albania. Anche in quel caso fu assolto (“perché il fatto non sussiste”) perché la malattia di cui era affetto, di tipo psichiatrico, non fu ritenuta incompatibile con la vacanza.