Bari, peculato all’Ordine degli Ingegneri dal 2009 al 2013: chieste condanne per l’ex presidente e l’ex tesoriera – NOMI

La Procura di Bari ha chiesto la condanna a tre anni e sei mesi di reclusione per l’ex presidente dell’Ordine degli ingegneri di Bari, Angelo Domenico Perrini, e a quattro anni e nove mesi per l’ex tesoriera dell’Ordine, Anna Angela Basile, finiti a processo per peculato per fatti commessi tra il 2009 e il 2013.

I due erano stati rinviati a giudizio insieme all’allora segretaria dell’Ordine e ad altre tre dipendenti, ma per gli altri quattro – imputati sempre per episodi di peculato – è stata chiesta l’assoluzione, così come per Perrini limitatamente a due capi di imputazione per peculato.

Tra le accuse contestate anche l’abuso d’ufficio, reato abrogato e per il quale, quindi, la Procura ha chiesto il non luogo a procedersi. Perrini, secondo quanto ricostruito dall’accusa, avrebbe avanzato istanze di rimborso spese – poi liquidate – senza rendicontazione, appropriandosi di poco meno di 5mila euro, per le trasferte di andata e ritorno fatte tra la sua casa di Alberobello (Bari) e la sede dell’Ordine.

E lo avrebbe fatto “nella consapevolezza che, per prassi invalsa, le pratiche relative ai rimborsi spese non venivano, di fatto, trattate nel dettaglio durante le sedute del Consiglio dell’Ordine», come si legge nel capo d’imputazione.

Nel 2011 avrebbe anche usato mille euro del denaro di proprietà dell’Ordine per fare un regalo di nozze a un dipendente. Basile, invece, «in assenza di preventiva delibera del competente Consiglio dell’Ordine», avrebbe emesso diversi mandati di pagamento per oltre 5700 euro per trasferte, pernottamenti in hotel in occasione di congressi (come quello di Rimini del 2012 in un cinque stelle lusso), sempre «nella consapevolezza che, per prassi invalsa, le pratiche relative ai rimborsi spese non venivano, di fatto, trattate nel dettaglio durante le sedute del Consiglio dell’Ordine». Nella prossima udienza del 26 giugno proseguiranno le discussioni delle difese.

Bari, gli uffici del Giudice di pace cadono a pezzi. Chiuse le indagini: in 5 verso il processo – I NOMI

La Procura di Bari ha chiuso le indagini nei confronti di cinque persone indagate, in concorso, per frode in pubbliche forniture, perché avrebbero determinato – non rispettando il contratto di locazione – il deterioramento di alcuni uffici del palazzo che ospita la sede del giudice di pace a Bari.

Secondo l’accusa, i cinque avrebbero violato dolosamente le condizioni del contratto riguardo agli interventi di manutenzione straordinaria, realizzando espedienti definiti dal procuratore Roberto Rossi – che ha coordinato le indagini dei carabinieri – maliziosi o ingannevoli, idonei a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti.

Invece, è la tesi dell’accusa, i mancati interventi di manutenzione avrebbero determinato il grave deterioramento degli uffici, in modo da determinare situazioni di pericolo per le persone e condizioni di insalubrità dei luoghi di lavoro.

Gli indagati sono l’amministratore delegato di Unicredit leasing spa, Mario Agostini; l’ex amministratrice unica della Amec immobiliare srl di Roma, Laura Corrado; l’amministratore unico di Amec, Paolo Scifo; il consigliere di Amec, Guido Torelli, titolare di quote sociali attraverso la proprietaria Edilpart srl, coamministratore di fatto oltre che espressamente delegato al compimento di operazioni; e il coamministratore di fatto e già consigliere della Amec, Angelo Schiano, titolare di quote sociali attraverso la coproprietaria Bon Retir.

L’Amec è la società autorizzata da Unicredit leasing spa alla gestione dello stabile (in forza di un contratto di locazione) che ospita gli uffici del Giudice di pace di Bari, oltre che gli archivi del Tribunale, del Tribunale di Sorveglianza, della Corte d’Appello e della Procura generale di Bari.

Green Pass falsi senza il vaccino anti Covid, al via il processo a Bari: 69 imputati. Asl parte offesa

È iniziata oggi, in tribunale a Bari, l’udienza preliminare a carico di 69 imputati accusati di accesso abusivo ai sistemi informatici e falso per aver (secondo la Procura) ottenuto falsi Green pass senza aver fatto il vaccino contro il Covid.

I fatti risalgono alla seconda metà del 2021, dalle indagini è emerso l’accesso abusivo al sistema dell’anagrafe vaccinale della Regione Puglia grazie all’uso di credenziali – per i pm prese fraudolentemente – di un’infermiera in servizio nel nord Barese.

Chi ha fornito queste credenziali, verosimilmente un dipendente della Asl di Bari, è rimasto ignoto, così come non è emerso se, in cambio dei falsi Green pass, siano stati consegnati soldi.

Per i 69 è però stato chiesto il rinvio a giudizio e oggi gli avvocati degli imputati si sono presentati davanti alla gup Ilaria Casu. In udienza è stato rilevato qualche difetto di notifica e la giudice ha rinviato al prossimo 13 novembre per eventuali richieste di patteggiamento o di rito abbreviato. Come parte offesa è stata individuata la Asl di Bari, che non si è costituita parte civile.

Padri separati, Giuseppe alla vigilia dell’Appello: “Rischio il carcere da innocente. È devastante”

Torniamo a parlare di Giuseppe e della sua storia da padre separato. Lo ricordiamo, Giuseppe è stato condannato a 3 anni per maltrattamenti in famiglia, ma ha trovato il coraggio per incontrarci e raccontare la sua storia.

Lo avevamo incontrato dopo il quarto Natale senza i suoi figli, questa volta Giuseppe è venuto a trovarci da Barletta alla vigilia di un momento delicato. A maggio è fissato l’Appello, rischia di andare in carcere per tre anni.

Ha sempre respinto ogni accusa di maltrattamenti, così come ha rifiutato ogni proposta di patteggiamento anche prima dell’avvio del processo. Qualcosa non torna. Nel video allegato tutti i dettagli e gli aggiornamenti della vicenda.

Bari, Emiliano a processo per diffamazione all’ex consigliere Cipriani: chiesta condanna a 2mila euro di multa

La Procura di Bari ha chiesto di condannare il governatore della Regione Puglia, Michele Emiliano, al pagamento di una multa dal valore di 2000 euro per diffamazione aggravata nei confronti dell’ex consigliere comunale Luigi Cipriani, responsabile del movimento politico ‘Riprendiamoci il futuro’.

I fatti risalgono al 13 settembre 2018 quando Emiliano nel programma “Viva l’Italia” su Rete 4, aveva insinuato un legame tra l’ex consigliere comunale di Bari, Luigi Cipriani, e il suo movimento politico con la criminalità organizzata operante nel quartiere Libertà. Frase che venne riportata da alcune testate giornalistiche locali.

Cipriani si è costituito parte civile e ha chiesto un risarcimento da 30mila euro. L’avvocato di Emiliano ha invece chiesto l’assoluzione del governatore “perché il fatto non costituisce reato” riferendosi alle frasi di Emiliano come “critica politica”.

“Non avevo alcuna intenzione di ledere l’onorabilità di Luigi Cipriani. So perfettamente che è una persona perbene e personalmente non è mai esistita l’idea che avesse un minimo legame con la criminalità organizzata. La mia è stata una polemica politica con l’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che aveva bypassato le istituzioni locali per fare un comizio davanti a un circolo del quartiere Libertà di Bari”, le parole di Emiliano quando è stato ascoltato in aula.

“La scelta di Salvini l’ho presa come uno sgarbo istituzionale. Salvini era andato in un quartiere complicato in cui c’è una tensione etnica e criminale molto forte, ma senza passare prima dalle istituzioni – ha poi aggiunto -. Il presidente della Regione non attacca un ministro senza una ragione ferrea, infatti Salvini non mi ha mai risposto. Il destinatario delle mie dichiarazioni era Salvini”.

Corruzione elettorale, violenza privata e peculato. In 9 a processo: tra loro anche l’ex sindaco di Manfredonia

Con le accuse, a vario titolo, di corruzione elettorale, violenza privata, concussione e peculato, nove persone, tra cui l’ex sindaco e l’ex assessore ai Lavori pubblici di Manfredonia (Foggia), Gianni Rotice e Angelo Salvemini, sono stati rinviati a giudizio dalla gup Rita Benigno.

Il processo inizierà il 6 maggio davanti alla sezione collegiale del tribunale di Foggia. I nove imputati sono coinvolti nell’inchiesta ‘Giù le mani’ che, attraverso cinque filoni di indagine, nel 2024 ha fatto emergere alcuni episodi illeciti in cui era coinvolta anche la pubblica amministrazione.

Rinviato a giudizio anche il fratello dell’ex sindaco Rotice, Michele, e alcuni ex dipendenti del consorzio Ase, che si occupa della gestione dei rifiuti.
Il Comune di Manfredonia e l’azienda Ase hanno avanzato richiesta di costituzione di parte civile. Gli indagati si dichiarano innocenti.

Pizzo alle bancarelle abusive dei botti di Natale al Libertà: in 4 a processo. Comune e Regione parti civili – NOMI

Nel periodo di Natale del 2018 avrebbero costretto, o tentato di costringere, i venditori ambulanti di fuochi d’artificio del quartiere Libertà di Bari a consegnare loro dei soldi – dai 100 ai 300 euro per bancarella – o delle batterie di fuochi per proseguire con la loro attività. A due venditori, in particolare, sarebbero stati chiesti 4000 euro, più altri mille in fuochi, necessari per mantenere in carcere amici e parenti.

Ma ci sarebbero state anche le intimidazioni in stile mafioso, come i colpi sparati in aria per intimorire la popolazione e imporre la propria presenza sul territorio, oltre che per spaventare uno spacciatore che avrebbe iniziato a vendere droga nel quartiere senza autorizzazione del clan Strisciuglio. E si sarebbero aggirati armati per difendersi o per essere pronti a colpire in caso di agguati del clan Palermiti, con cui era in corso una guerra per il controllo dello spaccio nel quartiere Madonnella.

Per questo, quattro imputati saranno processati con rito abbreviato: si tratta dei 24enni Ivan Caldarola e Antonio Raggi, di Francesco Mastrogiacomo (35 anni) e Saverio De Santis (37), accusati a vario titolo di estorsione e tentata estorsione, minacce e vari episodi di porto e detenzione abusiva di arma da fuoco, reati con aggravante mafiosa. I fatti si riferiscono al periodo tra novembre e dicembre 2018, e per questo – dopo gli arresti dello scorso novembre – i primi tre sono in carcere e il quarto è ai domiciliari. L’inchiesta, coordinata dalla Dda di Bari, è stata condotta dalla squadra mobile, il processo comincerà il prossimo 12 maggio.

Nell’udienza di oggi si sono costituiti parte civile il Comune di Bari e la Regione Puglia. Il Comune (avvocato Fernando Tripaldi) si è costituito contro Raggi e Caldarola chiedendo loro un risarcimento da 100mila euro, 50 a testa; la Regione (avvocato Enrico Dellino) si è costituita anche contro De Santis chiedendo agli imputati 35mila euro e il pagamento di una provvisionale da 10mila euro.

Omicidio a Ceglie, il 38enne Nardev Singh ucciso per testare la pistola: due ragazzi subito a processo

Il pm della Procura per i minorenni di Bari, Caterina Lombardo Pijola, ha chiesto e ottenuto il giudizio immediato per i due ragazzi, all’epoca dei fatti 17enni, accusati di aver sparato e ucciso il 38enne di nazionalità indiana Singh Nardev, trovato senza vita all’esterno di un capannone di Ceglie il 31 maggio scorso.

Il processo partirà il il prossimo 15 maggio. Secondo quanto sostenuto dall’accusa, i due ragazzi avrebbero ucciso la vittima per testare il funzionamento di una pistola appena comprata su un bersaglio umano. 

Le accuse ipotizzate sono quelle di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi, e detenzione e porto abusivo d’arma da fuoco e ricettazione. Per la stessa vicenda è indagato ance un ragazzo maggiorenne. Tutti sono stati arrestati il 15 novembre scorso. 

Bari, minacce e insulti al marito: lui si toglie la vita e lei finisce a processo per maltrattamenti in famiglia

A lungo avrebbe maltrattato e insultato suo marito, che ad aprile del 2024 si è suicidato all’età di 34 anni, minacciandolo di tornare nel suo paese di origine, l’Egitto, e di non fargli più vedere la figlia di tre anni.

Ora la donna, una 30enne, rischia il processo per maltrattamenti in famiglia. Dopo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dalla Procura di Bari, l’udienza preliminare si aprirà domani in tribunale.

Secondo l’accusa, la donna criticava spesso il marito, pretendendo una casa più grande e chiedendo di trasferirsi a Bari dal paese in provincia in cui vivevano. Le critiche si rivolgevano anche alla casa che l’uomo le avrebbe acquistato a Sharm El-Sheik.

La donna in estate era già stata sottoposta all’obbligo di dimora e al divieto di allontanarsi dall’Italia, e per questo le era stato tolto il passaporto. Come accertato dalle indagini dei carabinieri, nel tempo avrebbe inviato al marito messaggi contenenti insulti e minacce e avrebbe preteso diverse somme di denaro.

In un’occasione avrebbe anche minacciato di chiamare i carabinieri per accusarlo falsamente di violenza. I due si erano conosciuti a Sharm El-Sheik e si erano sposati al Cairo nel 2019.

Bari, trovati in possesso di droga e armi: i cugini Loreta e Christian Capriati finiscono a processo

I cugini Loreta e Christian Capriati, 32enne e 20enne nipoti del boss Antonio Capriati, finiscono a processo a meno di un mese dall’arresto. Il pm ha disposto per entrambi la citazione a giudizio, la difesa può ora valutare riti alternativi come quello abbreviato.

Entrambi si trovano agli arresti domiciliari. Loreta è la figlia di Domenico ‘Mimmo’ Capriati, ucciso nel 2018 con 12 colpi di mitraglietta (per il suo omicidio in due, Domenico Monti e Maurizio Larizzi, sono stati recentemente condannati all’ergastolo in primo grado). Christian, invece, è il figlio di Raffaele (‘Lello’), ucciso il primo aprile del 2024 mentre si trovava in auto nel quartiere Torre a Mare di Bari.

I due furono trovati in possesso di una pistola, 8 proiettili, 11 grammi di marijuana in 10 bustine e 4 grammi di cocaina divisi in 4 ‘cipolline’, oltre che di 150 euro, nel corso di un controllo dei carabinieri avvenuto a Bari vecchia la notte tra 28 e 29 gennaio.

I soldi sono stati trovati in un borsello che Christian Capriati aveva addosso, la droga e l’arma le aveva invece Loreta. La pistola, come accertato dai militari, era stata rubata nel 2020 a Casoria (Napoli), e al momento del controllo era carica e senza sicura.

Ai carabinieri, Christian ha raccontato come l’arma e la droga fossero sue, e che avesse chiesto alla cugina di tenerle per un attimo. Tanto che, durante il controllo, è stato lo stesso 20enne a dire a Loreta di consegnarle. Il giovane, come rilevato dagli inquirenti, è da tempo inserito nel circuito della droga, la cugina è incensurata. Per entrambi è stato riconosciuto il pericolo di reiterazione dei reati (a loro sono contestati detenzione abusiva d’arma, ricettazione, detenzione di stupefacenti) e la loro pericolosità.

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