Modugno, tre carabinieri assolti dopo 4 anni di calvario: erano a processo per truffa militare

Dopo quattro anni di “calvario” tre carabinieri del Nucleo operativo di Modugno sono stati assolti dall’accusa dall’accusa di truffa militare pluriaggravata continuata in concorso e violata consegna pluriaggravata in concorso. Protagonisti luogotenente N.S., il maresciallo maggiore R.D. e il brigadiere R.D. in forza, all’epoca dei fatti, al Comando Compagnia di Modugno. Sono stati assolti definitivamente con la formula più ampia dal Tribunale Militare di Napoli perché il fatto non sussiste.

In particolare i tre militari, assistiti dall’avvocato La Scala, erano accusati di aver posto artifici e raggiri, in più occasioni (dal 2018 al 2019), consistiti nel riportare sul memoriale del servizio e sugli ordini di servizio stessi orari dilatati rispetto a quelli realmente effettuati e nel comunicare per il pagamento, alle superiori gerarchie, dati non corrispondenti al vero. Le indagini condotte dall’allora comandante della Compagnia di Modugno, coordinate dalla Procura Militare di Napoli, avevano portato al rinvio a giudizio dei 3 militari.

Voto di scambio e mafia, a Bari rinviata l’udienza per 108 imputati: tra loro Olivieri, Savinuccio e Tommy Parisi

L’udienza del processo, legato alla maxi inchiesta Codice Interno sul voto di scambio elettorale-mafioso e celebrato con rito abbreviato, in cui sono coinvolti 108 imputati, è stata rinviata al prossimo 25 ottobre. Sono state formalizzate le ultime richieste di costruzione di parte civile, il gup Giuseppe De Salvatore si è riservato. Il prossimo 8 novembre si discuterà delle relative all’integrazione probatoria sulle criptochat prodotte della Procura verranno.

Nel processo sono coinvolti tra gli altri l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, il boss del quartiere Japigia di Bari, Savinuccio Parisi, e suo figlio Tommaso, alias Tommy, cantante neomelodico. Hanno scelto il rito abbreviato insieme ad altri 106 imputati. La moglie di Olivieri, Maria Carmen Lorusso, è invece a processo con rito ordinario insieme al padre Vito, ex primario dell’Oncologico di Bari in carcere già per altre vicende, e altri 13 imputati. 

“Neonazista e poveretta”, la premier Meloni ritira la querela contro lo storico Canfora: salta il processo a Bari

Giorgia Meloni fa un passo indietro e ritira la denuncia contro il filologo e storico Luciano Canfora, imputato per diffamazione aggravata nei confronti della premier. I fatti risalgono all’11 aprile 2022, quando Meloni era parlamentare dell’opposizione e il presidente del Consiglio in carica era Mario Draghi.

Canfora, invitato a parlare nel liceo scientifico ‘Enrico Fermi’ di Bari nell’ambito di un incontro sul conflitto russo-ucraino, definì Meloni “neonazista nell’anima”, “una poveretta”, “trattata come una mentecatta pericolosissima”. Il processo si sarebbe dovuto tenere il 7 ottobre dinanzi al giudice monocratico Pasquale Santoro.

Estorsioni al porto di Santo Spirito, le 12 vittime “abbandonano” il processo: tra loro anche un poliziotto

Sono Domenico Sidella, 53 anni detto Musolin e vicino al clan Diomede-Mercante, sua moglie Caterina Santoro (47 anni) e Raffaele Altieri, 60 anni, i 4 imputati ritenuti responsabili dei reati di “estorsione continuata aggravata in concorso” e “incendio aggravato”, entrambe con l’aggravante del metodo mafioso, nonché “occupazione abusiva di spazio demaniale”, nel processo iniziato ieri in merito a quanto accaduto nel porto di Santo Spirito. Antonio Navoni, detto Tre Ruote, ha invece scelto il rito abbreviato. Sidella, Navoni e Altieri sono finiti in carcere. La moglie di Domenico Sidella è finita ai domiciliari, mentre il figlio della coppia, Michele (28 anni), è indagato a piede libero.

Secondo l’impostazione accusatoria le indagini hanno fatto luce sul clima di assoggettamento cui erano soggetti i titolari delle imbarcazioni ormeggiate nel porto di Bari Santo Spirito, così come denunciato in un esposto anonimo pervenuto presso gli uffici della citata Stazione Carabinieri da cui ha avuto inizio l’attività d’indagine. I successivi approfondimenti, condotti mediante l’analisi dei sistemi di videosorveglianza, numerosi servizi di osservazione e l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche, hanno consentito di accertare il collaudato sistema estorsivo messo in atto da Domenico Sidella, censurato e gravato da un precedente penale per reati associativi, il quale, da diverso tempo e con il concorso degli altri indagati, ha svolto un servizio di guardiania abusiva nel porto, inducendo i diportisti a corrispondere somme di denaro a titolo di “protezione” del natante ormeggiato, pena la prospettazione di un danno ingiusto. Le richieste, su base mensile, erano definite da un tariffario in base alle dimensioni del natante, da un minimo di 10 euro per i “gozzetti” ai 100 euro per i pescherecci, il tutto in un clima di omertà e di assoggettamento delle vittime, consapevoli, in caso di rifiuto, del rischio di furto della strumentazione installata a bordo o del danneggiamento degli stessi natanti, come ricostruito nell’attività investigativa.

In particolare, si è evidenziato il ruolo di supremazia acquisito nel porto di Sidella che aveva occupato abusivamente l’area demaniale antistante il porto, delimitandola con una catena, così da impedirne l’uso pubblico al fine di adibirla a parcheggio delle autovetture private, ricevendo spesso la preventiva richiesta telefonica da alcuni utenti. Lo stesso indagato ha poi tentato di inserirsi nell’attività di custode presso un circolo nautico del porto, minacciando di morte il legittimo custode al fine di indurlo a rinunciare al servizio di guardiania svolto, senza tuttavia riuscirci.

Tra le vittime delle estorsioni anche un assistente di polizia che, dopo aver rifiutato di pagare il compenso richiesto, ha redatto una relazione di servizio denunciando l’episodio. Ma insieme alle altre 11 vittime non si è costituito parte civile, tutte si sono tirate fuori dalla vicenda giudiziaria, eccetto la Regione Puglia e il Comune di Bari che lamentano un danno d’immagine. Nessuno ha voluto metterci la faccia.

Guerriglia tra ultrà baresi e leccesi sull’A16, al via il processo: 11 indagati. Ascoltati i primi autisti – I NOMI

Lo scontro tra 11 ultras di Bari e Lecce avvenuto il 23 febbraio 2020 sull’A16, all’altezza dello svincolo per Foggia, approda in Tribunale. Sono coinvolti 6 tifosi biancorossi (il capo ultras Domenico Tarulli, Bartolomeo Colucci, Giuseppe Alberga, Daniele Di Fonte, Nicola Giardino e Vito Santamaria) e 5 giallorossi (Gabriele De Carlo, Mirko Quarta, Andrea Carlà, Paolo Ciccarese e Salvatore De Matteis). Tutti sono accusati a vario titolo di blocco stradale, rissa, danneggiamento a seguito di incendio e furto. Un ultras salentino ha scelto il rito abbreviato.

Il processo è iniziato con le testimonianze degli autisti che guidavano i tre pullman con a bordo i sostenitori biancorossi. Le due tifoserie erano venute a contatto ieri mentre percorrevano lo stesso tragitto autostradale. I tifosi baresi erano diretti a Castellamare di Stabia per l’incontro di calcio Cavese-Bari, quelli leccesi a Roma per l’incontro Roma-Lecce. Scoppiò una guerriglia tra sassaiola, lancio di petardi e fumogeni, minivan incendiati e aggressioni a colpi di spranghe.

“All’altezza di Cerignola ovest mi accorgo che in prossimità dello svincolo, sulla corsia di emergenza, vi erano due minivan con a bordo tifosi leccesi, pochi attimi dopo ho visto il pullman davanti al mio saltare ed alcuni pezzi di lamiera e copertone venire verso il mio mezzo, tant’è che ho dovuto scansarli per evitare danni. Tutti gli occupanti del mio pullman e di quello in avaria sono scesi dai mezzi, mi sono girato verso la strada e ho visto l’autostrada bloccata dai mezzi dei tifosi leccesi – il racconto di uno dei tre autisti -. A quel punto gli ultras si sono armati di mazze e bastoni, fumogeni e petardi e si sono lanciati contro i leccesi che in segno di sfida li aspettavano al centro della carreggiata. Subito dopo giungeva la massa degli altri tifosi baresi e lo scontro è diventato estremamente violento. Ho visto persone che rientravano ferite dal luogo dello scontro, ho visto fumo e ho realizzato che era stato incendiato qualche furgone. Quando lo scontro si è diradato gli occupanti del mio pullman sono saliti sul mezzo brandendo bandiere giallo-rosse, sciarpe e altri oggetti appartenuti ai leccesi che mostravano agli altri come bottino di guerra”.

Processo Ambiente Svenduto, sentenza annullata. La rabbia di Emiliano: “Errore giudiziario catastrofico”

“Mi sto prendendo tempo per commentare la tragedia giudiziaria di un processo durato anni che è stato cancellato comunque da un errore. L’errore può essere stato quello del giudizio di primo grado, ma può essere anche quello della Corte d’Appello. Ovviamente ho le mie idee, ma non sto qui a giudicare. Quel che è certo è che il sistema giudiziario, in una vicenda decisiva, ha commesso un errore catastrofico che immagino colpirà al cuore la fiducia dei tarantini, dei pugliesi, e degli italiani in generale, sulla possibilità di avere giustizia in casi di questo tipo”. Lo ha dichiarato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano in merito alla decisione della sezione distaccata di Taranto della Corte d’assise d’appello di Lecce di annullare la sentenza di primo grado del processo “Ambiente svenduto” e trasferire gli atti a Potenza.

“Si tratta – ha aggiunto – di una regola giudiziaria, quella sulla competenza che riguarda i processi dove sono parti i magistrati, che però coinvolge imputazioni poco rilevanti all’interno del castello accusatorio, che pur tuttavia ha determinato l’annullamento di una istruttoria e di un processo durato anni. Una catastrofe giudiziaria senza precedenti. Quali sarebbero state le conseguenze se un evento del genere avesse riguardato la politica, il governo, un sindaco? La risposta – conclude Emiliano – non spetta a me ma a chi ha la responsabilità dell’organizzazione del lavoro giudiziario”.

Rimini, accusato di violenza sessuale durante stage di formazione: 40enne animatore pugliese a processo

È a processo con l’accusa di aver molestato due giovani donne durante uno stage di formazione di tre giorni per animatori turistici a Rimini e il 24 settembre prossimo: il 40enne residente in Puglia, con un’azienda avviata e leader nel settore del turismo, comparirà davanti alla gup del Tribunale di Rimini, Raffaella Ceccarelli per il processo in abbreviato. Come riporta oggi il Corriere Romagna, l’uomo difeso dall’avvocato Marco Ditroia, è già stato ascoltato nel corso del procedimento dal giudice che ha poi voluto anche sentire le due ragazze, di cui solo una costituitasi parte civile. È stata proprio la giudice a voler ascoltare le testimonianze delle due ragazze per chiarire alcuni punti della vicenda.

Tutto avrebbe avuto inizio durante uno dei corsi che ogni anno si tengono a Rimini, in hotel ma anche al centro congressi, per il reclutamento di giovani, anche appena maggiorenni, da inserire nei villaggi turistici. Durante uno di questi corsi due ragazze hanno denunciato di aver subito molestie da parte del tutor. Ascoltate dal giudice, entrambe hanno confermato quanto sostenuto in denuncia. Il 40enne si sarebbe difeso dicendo che le ragazze erano gelose e che l’ambiente competitivo aveva creato dei malintesi. Il prossimo 24 settembre si concluderà il processo in abbreviato.

Processo Codice Interno, udienza a Bari: tra le parti civili ammesse anche Regione, Viminale, Amtab e Figc

La Regione Puglia, i Comuni di Bari e di Altamura, il ministero dell’Interno, le municipalizzate baresi dei trasporti e del gas, Amtab e Amgas, la Figc e l’Associazione Libera sono state ammesse come parte civile al processo in corso a Bari a carico di 15 degli oltre cento imputati coinvolti nell’inchiesta Codice interno che ha svelato presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria cittadina.

Sono stati invece esclusi il ministero della Giustizia e il ministero dell’Economia e Finanze perché non hanno allegato le ragioni della domanda e il danno subito; per lo stesso motivo è stato estromesso, limitatamente ad un capo d’imputazione, il ministero dell’Interno. La costituzione della Federazione calcio riguarda la presunta combine, da parte di due dei 15 imputati, di due incontri di calcio tra Corato e Fortis Altamura nel 2017 e nel 2018 (Eccellenza pugliese). L’indagine, lo scorso 26 febbraio, portò a 130 arresti, tra cui l’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, la moglie, all’epoca dei fatti consigliera comunale, Maria Carmen Lorusso e il padre di quest’ultima, l’oncologo Vito Lorusso.

Portò anche all’amministrazione giudiziaria di Amtab per presunte infiltrazioni mafiose, in particolare nella gestione delle assunzioni. A seguito di questo a Bari il ministero dell’Interno inviò una commissione di accesso, che è tuttora al lavoro, per valutare se vi siano infiltrazioni mafiose nel Comune di Bari e se ci siano le condizioni per lo scioglimento. La prossima udienza è stata fissata per il 2 ottobre quando deporranno alcuni collaboratori di giustizia e i verbalizzati. Per oltre 124 imputati sono stati chiesti riti alternativi: per i 15 coinvolti oggi è iniziato il processo immediato, altri 109 (tra cui Olivieri) hanno chiesto il rito abbreviato.