Punta Perotti, il Tribunale “assolve” il Comune di Bari: “Stato responsabile dei danni a imprese”

La responsabilità del danno subito dalle imprese che costruirono il complesso di Punta Perotti – poi abbattuto nel 2006 – per la confisca dopo l’accertamento della lottizzazione abusiva pur in assenza di una condanna penale, non è imputabile al Comune di Bari ma allo Stato. Lo ha stabilito la terza sezione civile del Tribunale di Bari secondo cui lo Stato non può rivalersi sul Comune per il risarcimento versato alle imprese costruttrici sulla base di una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Nel gennaio del 2009 la Cedu aveva condannato l’Italia a risarcire le società costruttrici Sud Fondi, Iema e Mabar in quanto la confisca dei terreni di Punta Perotti era avvenuta in assenza di una condanna penale. La Cedu intervenne con due distinte sentenze per la medesima questione. Nella prima fu stabilito subito un indennizzo di 40mila euro per ciascuna società (danni morali e spese processuali) e successivamente con una seconda pronuncia un risarcimento totale di 46,08 milioni di euro da parte dello Stato per i danni subiti per la confisca (37 mln per Sudfondi, 9,5 per Mabar e 2,5 per Iema). Dopo avere versato le somme, lo Stato (presidenza del Consiglio e Ministri dell’Economia) ha deciso di rivalersi sul Comune ritenendolo responsabile del procedimento amministrativo che ha portato a concedere le autorizzazioni abusive ai costruttori che poi hanno portato alla confisca.

La decisione di oggi del giudice civile riguarda l’opposizione fatta dal Comune alla prima richiesta di rivalsa avanzata dallo Stato per complessivi 121.800 euro. Sulla vicenda è ora pendente un secondo processo che il Comune ha fatto preventivamente sulla eventuale richiesta di rivalsa per la parte più corposa del risarcimento, quello da 46 milioni. In sostanza, secondo i giudici civili, “il danno subito dalle società è conseguenza immediata e diretta non già delle condotta dell’ente comunale nella gestione del procedimento amministrativo che ha portato al rilascio della concessione edilizia e della lottizzazione abusiva, bensì del provvedimento di confisca illegittimo (in quanto applicato in assenza di condanna penale) disposto dagli organi istituzionali dello Stato in violazione delle norme della convenzione europea dei diritti dell’uomo”.

In altre parole, dice il tribunale, “nulla è dovuto allo Stato italiano a titolo di rivalsa dal Comune di Bari, atteso che a quest’ultimo non è riferibile alcuna colpevole violazione delle disposizioni della convenzione europea dei diritti dell’uomo”. Quindi il tribunale ha accolto il ricorso del Comune e ha condannato lo Stato anche al pagamento delle spese processuali.
   

Demolizione Punta Perotti, oltre al danno la beffa: nessun risarcimento per la famiglia Rogazione Stea

Torniamo ad occuparci della demolizione di Punta Perotti. La Corte d’appello civile, il 12 maggio, ha ribaltato la sentenza dei giudici di primo grado e la famiglia Rogazione Stea, dopo non aver avuto diritto alla restituzione dei suoli, non otterrà neppure il risarcimento dei danni da parte del Comune quantificato in 27mila euro.

La famiglia, proprietaria del terreno, nel lontano 1989 aderì ad un piano comunale di lottizzazione, senza presentare richiesta di concessione edilizia. I terreni furono sequestrati nel 1997, la confisca arrivò quattro anni dopo, nel 2001, senza però che nessuno dei Rogazione Stea fu indagato. Un paradosso giudiziario con il tribunale che aveva dato inizialmente ragione alla famiglia, facendo emergere il mancato godimento del bene. Vista l’esistenza ad oggi di un parco su quei terreni, i giudici di primo grado avevano dichiarata “cessata la materia del contendere in merito alla restituzione”, disponendo però un risarcimento danni quantificato in 27mila euro. Una sentenza però che è stata ribaltata qualche giorno fa dalla Corte d’appello civile. Il motivo? Il tribunale si sarebbe pronunciato su una domanda risarcitoria che i ricorrenti Rogazione Stea non avevano sollecitato. 

Demolizione Punta Perotti, il Comune di Bari in Cassazione: ricorso contro risarcimento da 3,6 milioni di euro

L’obiettivo è quello di ribaltare la sentenza della terza sezione civile della Corte d’Appello di Bari che ha condannato proprio il Comune di Bari, ma anche la Regione Puglia e il Ministero della Cultura in solido tra loro, al pagamento in favore della Sudfondi s.r.l. in liquidazione della somma di 10,8 milioni.

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