Affitti per i fuori sede, a Bari il record italiano dei rincari: +29% nel 2023 e 356 euro per una stanza

A Milano frenano i rincari degli affitti per i fuori sede ma la città dove è partita la protesta degli studenti universitari in tenda contro il caro affitti rimane comunque la più cara d’Italia, con un costo medio delle stanze singole di 626 euro al mese. Si tratta di un +1% rispetto allo scorso anno riconducibile all’aumento dell’offerta (+36%), pur conservando un aumento della domanda del 15%. Lo rileva un rapporto di Immobiliare.it Insights dedicato al mercato dei fuori sede in Italia che si ritroveranno, con l’inizio del nuovo anno accademico, ad affrontare ancora una situazione di rincari dei prezzi ma con un’offerta in aumento. Roma vede una crescita della domanda del +55% ma la buona notizia per i fuori sede è che il canone ferma la sua corsa rimanendo a 463 euro al mese per una singola. Aumenta l’offerta di alloggi nelle tre città a forte vocazione universitaria come Bologna, Padova e Venezia (+33%, +30% e +47% rispettivamente).

Sui prezzi delle stanze singole, che vede Milano sul podio, si registra Bologna che supera per la prima volta Roma: per potersi permettere una stanza tutta per sé bisogna mettere a budget 482 euro, contro i 463 euro nella Capitale. In quarta posizione c’è Firenze con i suoi 435 euro. Quasi appaiate Modena e Bergamo, 412 euro e 411 euro rispettivamente. Superano, appena, la soglia dei 400 euro anche Padova e Verona (404 euro e 401 euro, rispettivamente). Poco al di sotto di questa cifra, chiudono la top10 Venezia (396 euro) e Brescia (385 euro). Sul fronte delle stanze doppie se il capoluogo lombardo conserva la prima posizione a 348 euro, al secondo posto si trova invece Roma con 272 euro. Terza posizione per Napoli, fuori dalle prime 10 per quanto riguarda le singole, a 258 euro. Nel 2023 il record dei rincari per i prezzi delle stanze spetta a Bari con un +29% rispetto allo scorso anno (356 euro di media per una stanza). Prezzi in aumento, del 18%, anche a Brescia e Palermo. Parma e Pescara vedono un incremento del canone della singola del 16% in un anno.

Lockdown 2020, rincari fino al 4100% sulle mascherine: a Bari 5 imprenditori rischiano il processo – I NOMI

Avrebbero speculato sull’emergenza Covid, stipulando con le Asl pugliesi, durante il lockdown del marzo 2020, contratti per forniture centinaia di migliaia di mascherine Ffp2 e Ffp3 con rincari dal 41 al 4.100%. La Procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio di cinque imprenditori per i reati, a vario titolo contestati, di manovre speculative sul mercato, tentata truffa aggravata e frode in pubbliche forniture. Rischiano il processo Romario Matteo Fumagalli, legale rappresentante della società Sterimed srl di Miliano con sede operativa a Surbo; Massimiliano Aniello De Marco, legale rappresentante della Servizi Ospedalieri spa di Ferrara; Gaetano e Vito Davide Patrizio Canosino, legali rappresentanti rispettivamente delle società 3MC spa e Penta srl di Bari; Elio Rubino, legale rappresentante di Aesse Hospital srl di Bari. L’udienza preliminare inizierà il 20 maggio dinanzi alla gup del Tribunale di Bari Paola Angela De Santis.

Stando alle indagini della Guardia di finanza, coordinate dal procuratore Roberto Rossi, sarebbero stati applicati sovrapprezzi via via crescenti nel corso dei diversi passaggi della filiera commerciale, arrivando a vendere mascherine del valore di poche decine di centesimi fino a oltre 20 euro ciascuna. La Guardia di finanza ha accertato, per quanto riguarda la Sterimed, che la società avrebbe stipulato con la Asl di Bari un contratto per la fornitura di 500mila «mascherine e analoghi dispositivi di protezione individuale – si legge nell’imputazione – senza avere la materiale disponibilità dei dispositivi al momento dell’offerta, cosiddetta vendita allo scoperto», tanto è vero che ne furono consegnate solo 50mila, «con ricarichi sul prezzo via via crescenti nel corso dei diversi passaggi della filiera commerciale, in tal modo imponendo sul mercato un prezzo progressivamente maggiorato e largamente superiore a quello ordinario di vendita praticato prima dell’emergenza, applicando prezzi fuori mercato e ricarichi sino al 41,38%», «approfittando delle necessità di protezione sanitaria nel tempo di emergenza epidemiologica».

Per quanto riguarda la società Servizi Ospedalieri, il contratto con la Asl di Bari prevedeva la vendita di 1 milione di mascherine Ffp2 (poi effettivamente ne furono consegnate 199 mila) con rincari sino al 62,5% e un «danno all’ente – scrive la Procura – rappresentato dall’averlo privato dei presidi individuali di protezione, merci di prima necessità a causa dell’emergenza Covid». Le accuse rivolte agli imprenditori Canosino e a Rubino riguardano vicende collegate legate all’acquisto di mascherine dalla Cina pagate 36 centesimi dalla 3MC, poi rivendute a circa 6-7 euro alla Penta, la quale, a sua volta, le avrebbe vendute alla Aesse Hospital al doppio, con rincari complessivi superiori al 4mila%. Un ulteriore soprapprezzo del 49% sarebbe stato applicato dalla società barese alle Asl di Bari, Taranto, Lecce, Brindisi e al Policlinico di Foggia, per l’acquisto di circa 38 mila mascherine al costo di 18-20 euro cadauna, per oltre 730 mila euro complessivi.