Con le mani legate salvato in mare, mistero a Santo Spirito: denunciato 20enne per dichiarazioni false

Nella mattinata di ieri, la Polizia di Stato di Bari ha denunciato per simulazione di reato un 20enne, incensurato, che venerdì 18 ottobre, ha dichiarato di essere stato vittima, nella notte, di violenza sessuale, da parte di un gruppo di 15 ragazzi baresi, nel quartiere di Santo Spirito.

Il giovane, soccorso nei pressi del molo del Riviera Yatch Club da Vigili del Fuoco e 118, era stato trasportato al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Paolo, dove veniva attivato il “binario rosa”, protocollo medico previsto nelle ipotesi di riferita violenza sessuale. Dagli esami effettuati, però, non si riscontrava alcun segno di violenza fisica sul corpo della presunta vittima.

Con la doverosa premessa che si tratta di accertamenti compiuti nella fase delle indagini preliminari, che necessitano della successiva verifica processuale nel contraddittorio con la difesa, le risultanze investigative ottenute, attraverso la visione delle immagini delle telecamere di video sorveglianza presenti sul luogo del paventato delitto, hanno confutato quanto riferito dalla vittima.

In ragione della falsità delle dichiarazioni rese dal ragazzo, che, nei giorni scorsi, hanno sconcertato la popolazione barese, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari ha richiesto l’archiviazione del procedimento penale per violenza sessuale e, contestualmente, indagato il 20enne per il delitto di simulazione di reato.

È importante sottolineare che il procedimento si trova nella fase delle indagini preliminari e che l’eventuale colpevolezza dell’indagato, in ordine ai reati contestati, dovrà essere accertata in sede di processo, nel contraddittorio tra le parti.

Con le mani legate salvato in mare, mistero Santo Spirito: 20enne cambia 4 versioni. Nessuna traccia di violenza

La prima versione fornita, quella della violenza sessuale da parte di una baby gang, sarebbe al momento smentita. Ha rifiutato in ospedale di sottoporsi agli accertamenti clinici per confermare la violenza. Per gli inquirenti comunque è improbabile che non abbia fatto tutto da solo, che si tratti cioè di una aggressione simulata o, peggio, di un tentativo di suicidio.

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Bari, con mani legate salvato in mare a Santo Spirito. Il racconto choc: “Bullizzato e violentato dal branco”

Intorno alle 2 di notte un pescatore di polpi, al buio, ha visto la testa di una persona emergere dall’acqua nella zona del porto di Santo Spirito. Prontamente ha dato l’allarme e sul posto sono intervenuti i Vigili del Fuoco e la Guardia Costiera. Il 19enne, di origine straniera, è stato tratto in salvo, sul posto è arrivato anche il 118 allarmato. Il giovane era in stato di ipotermia

Il 19enne aveva le mani legate dietro la schiena con lacci spessi, ha dichiarato di essere stato bullizzato e violentato da un gruppo di una decina di ragazzi che dopo lo hanno buttato in mare. Le indagini vanno avanti, se la versione della vittima fosse confermata sarebbe un episodio gravissimo.

Estorsioni al porto di Santo Spirito, le 12 vittime “abbandonano” il processo: tra loro anche un poliziotto

Sono Domenico Sidella, 53 anni detto Musolin e vicino al clan Diomede-Mercante, sua moglie Caterina Santoro (47 anni) e Raffaele Altieri, 60 anni, i 4 imputati ritenuti responsabili dei reati di “estorsione continuata aggravata in concorso” e “incendio aggravato”, entrambe con l’aggravante del metodo mafioso, nonché “occupazione abusiva di spazio demaniale”, nel processo iniziato ieri in merito a quanto accaduto nel porto di Santo Spirito. Antonio Navoni, detto Tre Ruote, ha invece scelto il rito abbreviato. Sidella, Navoni e Altieri sono finiti in carcere. La moglie di Domenico Sidella è finita ai domiciliari, mentre il figlio della coppia, Michele (28 anni), è indagato a piede libero.

Secondo l’impostazione accusatoria le indagini hanno fatto luce sul clima di assoggettamento cui erano soggetti i titolari delle imbarcazioni ormeggiate nel porto di Bari Santo Spirito, così come denunciato in un esposto anonimo pervenuto presso gli uffici della citata Stazione Carabinieri da cui ha avuto inizio l’attività d’indagine. I successivi approfondimenti, condotti mediante l’analisi dei sistemi di videosorveglianza, numerosi servizi di osservazione e l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche, hanno consentito di accertare il collaudato sistema estorsivo messo in atto da Domenico Sidella, censurato e gravato da un precedente penale per reati associativi, il quale, da diverso tempo e con il concorso degli altri indagati, ha svolto un servizio di guardiania abusiva nel porto, inducendo i diportisti a corrispondere somme di denaro a titolo di “protezione” del natante ormeggiato, pena la prospettazione di un danno ingiusto. Le richieste, su base mensile, erano definite da un tariffario in base alle dimensioni del natante, da un minimo di 10 euro per i “gozzetti” ai 100 euro per i pescherecci, il tutto in un clima di omertà e di assoggettamento delle vittime, consapevoli, in caso di rifiuto, del rischio di furto della strumentazione installata a bordo o del danneggiamento degli stessi natanti, come ricostruito nell’attività investigativa.

In particolare, si è evidenziato il ruolo di supremazia acquisito nel porto di Sidella che aveva occupato abusivamente l’area demaniale antistante il porto, delimitandola con una catena, così da impedirne l’uso pubblico al fine di adibirla a parcheggio delle autovetture private, ricevendo spesso la preventiva richiesta telefonica da alcuni utenti. Lo stesso indagato ha poi tentato di inserirsi nell’attività di custode presso un circolo nautico del porto, minacciando di morte il legittimo custode al fine di indurlo a rinunciare al servizio di guardiania svolto, senza tuttavia riuscirci.

Tra le vittime delle estorsioni anche un assistente di polizia che, dopo aver rifiutato di pagare il compenso richiesto, ha redatto una relazione di servizio denunciando l’episodio. Ma insieme alle altre 11 vittime non si è costituito parte civile, tutte si sono tirate fuori dalla vicenda giudiziaria, eccetto la Regione Puglia e il Comune di Bari che lamentano un danno d’immagine. Nessuno ha voluto metterci la faccia.

Estorsioni al porto di Santo Spirito, il Comune di Bari si costituisce parte civile nel processo: “Non ci arrendiamo”

Ieri mattina il Comune di Bari si è costituito parte civile nel processo relativo alle estorsioni ai danni di alcuni proprietari di imbarcazioni di Santo Spirito.

“Il Comune di Bari si è costituito parte civile nel processo che vede imputati i presunti estorsori dei pescatori e delle attività economiche di Santo Spirito – ha dichiarato il sindaco Vito Leccese -. Continueremo ad essere in prima linea, accanto ai cittadini che denunciano, accanto ai cittadini che vogliono vivere onestamente del proprio lavoro e che le organizzazioni comunali di questa città cercano di “ammazzare” economicamente. Continueremo a costituirci parte civile ogni volta che Bari e i baresi saranno accostati alle logiche e alle attività mafiose perché non intendiamo arrenderci. Come non si sono arresi quei pescatori che hanno scelto con coraggio da che parte stare. In Fiera del Levante abbiamo presentato il percorso partecipativo per costruire la nuova strategia per una blue economy cittadina che abbia come riferimento proprio uomini e donne, come i pescatori di Santo Spirito, che sono testimoni di identità del territorio, dell’esperienza e dell’economia del mare nel solco della legalità”.

Estorsioni al porto di Santo Spirito, tra le vittime anche un poliziotto: si rifiutò di pagare. I nomi dei 4 arrestati

Le richieste, su base mensile, erano definite da un tariffario in base alle dimensioni del natante, da un minimo di 10 euro per i “gozzetti” ai 100 euro per i pescherecci, il tutto in un clima di omertà e di assoggettamento delle vittime, consapevoli, in caso di rifiuto, del rischio di furto della strumentazione installata a bordo o del danneggiamento degli stessi natanti, come ricostruito nell’attività investigativa.

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