Cerignola, tentò di uccidere a coltellate lo psichiatra che l’aveva in cura: 37enne condannata a 6 anni

Una 37enne di Cerignola, accusata di aver cercato d’uccidere a coltellate lo psichiatra che l’aveva in cura al centro di salute mentale, è stata condannata a 6 anni dal giudice per l’udienza preliminare di Foggia. L’episodio risale al 6 dicembre scorso. L’uomo era ritenuto responsabile dell’emissione di un provvedimento giudiziario di allontanamento della figlia minore. Il perito nominato dal giudice ha ritenuto l’imputata, che ha chiesto di essere giudicata con rito abbreviato, capace di intendere e volere al momento dei fatti.

La 37enne è stata comunque assolta dall’accusa di stalking di un’assistente sociale rea, a suo dire, dell’allontanamento della figlia neonata e della dichiarazione di adottabilità della piccola, pronunciata dal Tribunale per i minori. All’imputata fu tolta la potestà genitoriale.

Aggressione razzista a Parco Rossani, il processo è da rifare: annullata la condanna inflitta a Alessio Blasi

La condanna a 8 anni di reclusione inflitta in primo grado al 20enne Alessio Blasi, per l’aggressione razzista del 5 aprile 2002 ai danni di un giovane di origini senegalesi a Parco Rossani, era stata ridotta a 3 anni dalla Corte d’Appello di Bari. Nell’occasione la vittima, raggiunta da un violento pugno al volto, ha perso un occhio. Erano state confermate le accuse di lesioni gravissime pluriaggravate dall’odio razziale e dalla presenza di minorenni, mentre era stata esclusa l’aggravante della provocazione. La pena del Tribunale fu ridimensionata a causa di calcoli errati, mentre venne confermato anche il risarcimento danni nei confronti della vittima.

Ora però la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado, impugnata sia dalla Procura generale di Bari che dalla difesa dell’imputato. La prima chiede una più alta, mentre il legale del giovane punta ad una ulteriore riduzione della condanna, eliminando l’aggravante dell’odio razziale. Il processo dunque è da rifare.

Ex Ilva, sentenza della Corte UE: “L’impianto deve essere sospeso se dannoso per ambiente e saluta umana”

Se presenta pericoli gravi e rilevanti per l’ambiente e per la salute umana, l’esercizio dell’acciaieria ex Ilva di Taranto dovrà essere sospeso. Spetta al Tribunale di Milano valutarlo. Lo afferma una sentenza della Corte Ue. Il punto centrale della sentenza sull’ex Ilva di Taranto, per il tribunale a Lussemburgo, è che la nozione di “inquinamento” ai sensi della direttiva relativa alle emissioni industriali include i danni all’ambiente e alla salute umana. La previa valutazione dell’impatto dell’attività di un’installazione come l’acciaieria ex Ilva deve quindi costituire atto interno ai procedimenti di rilascio e riesame dell’autorizzazione all’esercizio previsti da tale direttiva.

E nel procedimento di riesame occorre considerare le sostanze inquinanti connesse all’attività dell’installazione, anche se non sono state valutate nel procedimento di autorizzazione iniziale. In caso di pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, l’esercizio dell’installazione deve essere sospeso.

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, dichiara: “Oggi è un giorno memorabile non solo per la comunità di Taranto, ma per tutti i cittadini dell’Unione europea. Con una sentenza epocale, pronunciandosi nella causa di rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Milano nell’ambito dell’azione inibitoria collettiva promossa da alcuni cittadini di Taranto per la tutela dei loro diritti alla salute ed all’ambiente salubre gravemente lesi dall’acciaieria ex ILVA, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la Direttiva 2010/75/UE del Parlamento e del Consiglio deve essere così interpretata:

a) la Valutazione del Danno Sanitario deve far parte integrante ed essenziale del procedimento di autorizzazione alla produzione ed all’esercizio della stessa installazione;

b) ai fini del rilascio e del riesame dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto, lo Stato deve considerare sempre tutte le sostanze emissive nocive dello stabilimento, anche se non sono state considerate nell’autorizzazione originaria;

c) in presenza di un’attività industriale recante pericoli gravi e rilevanti per l’integrità dell’ambiente e della salute umana, lo stato non può differire per molti anni il termine concesso al gestore per adeguare l’attività industriale,

d) in situazione di accertato pericolo grave per l’integrità dell’ambiente e della salute, l’attività industriale deve essere sospesa.

Vedremo se lo Stato italiano ottempererà agli obblighi imperativi e non più procrastinabili stabiliti dall’Unione europea.

La Regione Puglia condivide pienamente l’orientamento della Corte di Giustizia perché le esigenze della produzione non possono prevalere sulla tutela della salute e dell’ambiente”.

Bari, mascherine vendute con rincari fino al 4100% durante emergenza Covid: 2 condanne e 3 assoluzioni – NOMI

C’è la sentenza del processo sulle mascherine vendute con rincari fino al 4100% durante l’emergenza Covid celebrato nel Tribunale di Bari, in cui sono coinvolti gli imprenditori accusati di aver speculato stipulando con le Asl pugliesi, durante il lockdown del marzo 2020, contratti per forniture di centinaia di migliaia di mascherine Ffp2 e Ffp3 con rincari dal 41 al 4100%.

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“Un piano per screditare Biga”, Olivieri e Antonio condannati in Appello: “Nessun condizionamento”

La condanna arriva in Appello dopo l’assoluzione in primo grado. La sentenza c’è stata il 21 febbraio, 5 giorni prima del blitz che ha portato all’arresto di 135 persone, ma è stata notificata solo due giorni fa. Non viene detto tutto nel pezzo pubblicato da La Gazzetta del Mezzogiorno e per questo ci teniamo noi a farlo.

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