Omicidio Caprio a Bitonto, c’è la sentenza: l’ex pugile Fabio Giampalmo condannato a 21 anni di carcere

Fabio Giampalmo, il 21enne ex pugile che ha ucciso l’imbianchino 40enne Paolo Caprio in una stazione di servizio tra Bitonto e Modugno la notte del 4 settembre 2021, è stato condannato a 21 anni di carcere con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato dalla minorata difesa, dall’avere usato tecniche di combattimento e dai futili motivi. La sentenza è arrivata dopo circa 5ore di camera di Consiglio, la Procura aveva invocato una condanna di 30 anni. Le motivazioni verranno pubblicate tra 90 giorni.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, sostenuta dal pm Ignazio Abadessa, e confermata da alcuni testimoni e dalle immagini registrate dalle telecamere di sorveglianza, l’imputato sarebbe arrivato nella stazione di servizio con la sua compagna, i figli e alcuni amici. Qui, dopo un diverbio, avrebbe sferrato quattro pugni a Caprio, che sarebbe caduto all’indietro, sbattendo la testa sul marciapiede, per poi perdere la vita. Il 21enne ex pugile, nel corso di una precedente udienza, aveva chiesto scusa ai familiari della vittima.

Minacce di morte, piatti in testa e cibo bollente addosso alla mamma disabile: 48enne condannata

Gli abusi in casa sono durati 9 anni, anche alla presenza dei due figli minorenni della donna. “Qualche giorno ti metto il veleno nel mangiare così ti faccio morire”, “Ti butto dal balcone così te la faccio finire”, “Ti taglio la gola mentre dormi, così non te ne accorgi nemmeno”, alcune delle frasi pronunciate.

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Omicidio a Bitonto, Giampalmo si scusa con i familiari di Paolo Caprio: sentenza prevista il 22 maggio

Ha chiesto scusa ai familiari della vittima il 21enne ex pugile Fabio Giampalmo, accusato di omicidio volontario per l’aggressione e la morte di Paolo Caprio, l’imbianchino 40enne di Bitonto aggredito nella notte tra il 4 e il 5 settembre dello scorso anno all’esterno del bar di un’area di servizio lungo l’arteria provinciale che porta a Modugno.

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Naufragio Norman Atlantic, i pm durante il processo: “La sentenza greca non può essere applicata in Italia”

La sentenza nei confronti di cinque imputati nel processo celebrato in Grecia non può essere applicata in Italia, come invece chiesto dalla difesa. Lo hanno sottolineato i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano cominciando così le loro repliche dinanzi al Tribunale di Bari nel corso del processo per il naufragio della Norman Atlantic, avvenuto a largo delle coste albanesi nella notte tra il 27 ed il 28 dicembre 2014 e che causò la morte di 31 persone e il ferimento di 64 passeggeri. La sentenza greca riguarda i principali esponenti della società Anek Lines, noleggiatrice del traghetto. In quattro (Ioanni Verdinoyannis, Pavlos Fantakis, Georgios Katsavenaki e Lazaros Chatzavramidis) hanno ottenuto pene dimezzate in Appello, poi convertite in una sanzione pecuniaria da 20mila euro perché accusati di reati colposi. Un altro, Dimosthenis Sotiropoulos, è stato invece assolto. Per loro in Italia sono invece state chieste pene pesanti: Verdinoyannis, rappresentante legale di Anek, è accusato di naufragio e omicidio plurimo colposo con l’aggravante della colpa cosciente, per lui sono stati chiesti nove anni di reclusione; per Fantakis, supervisore a bordo della stessa azienda noleggiatrice, Katsavenaki (legale rappresentante di Anek) e Chatzavramidis la richiesta è invece di otto anni di reclusione. Per la difesa, la sentenza greca dovrebbe essere applicata immediatamente in Italia e determinare l’improcedibilità nel nostro Paese, rispettando il principio per il quale “non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato dopo una sentenza diventata definitiva, come riconosciuto a livello di Unione europea con diverse norme”, come avevano detto gli avvocati Mario Scopesi e Nicola Scognamillo nell’udienza del 21 dicembre 2022. La Procura di Bari ritiene, invece, che quella sentenza non sia riconoscibile nel nostro Paese perché fondata su una presunta “discriminazione basata sulla nazionalità”, hanno detto i pm, rilevando che il Tribunale greco ha affrontato solo le posizioni degli imputati greci, tralasciando gli italiani fra i quali ci sono l’armatore Carlo Visentini e il comandante Argilio Giacomazzi (per entrambi la Procura di Bari ha chiesto nove anni di reclusione). A riportarlo è l’Ansa.

Diffamò in tv la barese Cinzia Capano, condannato Beppe Grillo. I giudici: “La critica non si basi su menzogne”

La condanna riguarda alcune dichiarazioni fatte dal fondatore del M5s durante la trasmissione “Anno Zero” (Raidue) del 9 giugno 2011. Grillo parlò dell’assenza della parlamentare barese in Aula in occasione del voto sulla proposta di accorpare nell’Election day il referendum sull’acqua pubblica a quello amministrativo del maggio 2011.

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Nodo ferroviario Bari Sud, sospesa autorizzazione al progetto. Emiliano: “Regione impugnerà sentenza del Tar”

“La Regione procederà all’impugnazione della sentenza. Siamo dispiaciuti di questa sentenza ma confidiamo nella giustizia. Il Consiglio di Stato aveva già bocciato la sospensione dei lavori che il Tar Puglia aveva emesso d’urgenza. Quindi noi siamo convinti che il Consiglio di Stato seguirà l’orientamento già espresso e sbloccherà il cantiere”. Così il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, a margine della Conferenza delle Regioni che si è tenuta oggi a Roma, rispondendo alle domande dei giornalisti sul nodo ferroviario. “Il Tar ha annullato un’autorizzazione paesaggistica per vizi formali, con i lavori che sono oltre la metà” ha spiegato Emiliano. Secondo l’Avvocatura regionale, il Tar di Bari si è dichiaratamente discostato dalle indicazioni del Consiglio di Stato in sede cautelare e ha tutelato l’interesse dominicale dei proprietari a sacrificio dell’interesse pubblico alla celere realizzazione di un’opera strategica che le comunità locali attendono da molto tempo.

Secondo il giudice amministrativo di primo grado, l’accoglimento del ricorso avrebbe l’effetto di bloccare i lavori in relazione alla parte dell’opera ferroviaria che interferisce con la proprietà privata, spingendosi ad affermare il possibile spostamento del tracciato ferroviario progettato da RFI. La sentenza, di fatto, comporta invece una dannosa interruzione dei lavori di realizzazione dell’intero intervento e una inammissibile regressione del procedimento di quasi dieci anni, che riporta le lancette dell’orologio alla fase della progettazione preliminare, se non addirittura alla fase dello studio di fattibilità, in cui gli Enti preposti avevano già analizzato le varie opzioni e verificato la mancanza di soluzioni alternative al tracciato prescelto, anche da un punto di vista ambientale e paesaggistico. Insomma il Tar ha cancellato dal mondo giuridico le successive e laboriose fasi procedimentali, ormai concluse, che hanno condotto all’esecuzione dei lavori in corso determinando la concreta inattuabilità di qualunque altra alternativa progettuale. La scelta di uno specifico tracciato è inevitabilmente ed inscindibilmente connessa ad una più ampia infrastruttura lineare, che ha già cominciato ad avere esecuzione.

Le “carrozze d’oro” di Ferrovie Sud Est, assolti Fiorillo e altri quattro imputati: “Il fatto non sussiste”

Luigi Fiorillo, ex amministratore unico di Ferrovie Sud-Est, è stato assolto dalla giudice del Tribunale di Bari Luna Calzolaro nell’ambito del processo sulle presunte truffe ai danni della Regione Puglia per l’acquisto di 52 vagoni pagati – secondo l’accusa – più del prezzo di mercato. Le accuse si riferivano a fatti avvenuti tra il 2006 e il 2012 e il processo era cominciato nel 2017. Con Fiorillo sono stati assolti, perché “il fatto non sussiste”, anche Carlo Beltramelli, Marzo Mazzocchi, Giuseppe Fiaccadori e Alfonso Nicola. Il giudice ha inoltre escluso la responsabilità delle società Ferrovie del Sud-Est e Servizi automobilistici.

L’indagine verteva sull’acquisto di 52 vagoni di seconda mano pagati più di 115 milioni di euro, ovvero 23 milioni in più del prezzo di mercato, secondo i magistrati. Le indagini condotte dalla guardia di finanza avevano ipotizzato due truffe fra il 2006 e il 2012. La prima riferita all’acquisto di 27 vagoni nuovi dalla società polacca Pesa, pagati 93 milioni di euro (circa 12 in più del prezzo di mercato secondo la Procura). La seconda riferita all’acquisto di altre 25 carrozze ristrutturate dalla società Varsa, pagate 22 milioni 500mila euro, il doppio del reale valore secondo gli inquirenti. Per questo il giudice nel 2016 aveva disposto il rinvio a giudizio per le presunte truffe, dichiarando invece il non luogo a procedere “perché il fatto non sussiste” per i reati fiscali contestati a Fiorillo e la prescrizione per un episodio di corruzione. Entro trenta giorni saranno rese note le motivazioni della sentenza di assoluzione.