Giornalista “suicida”, incongruenze e indagini sommarie. La famiglia Nettis: “Vogliamo l’autopsia”

È ancora mistero attorno alla morte di Patrizia Nettis, la giornalista 41enne originaria di Gioia del Colle trovata impiccata il 29 giugno 2023 nell’appartamento in cui viveva a Fasano, in provincia di Brindisi. La Procura di Brindisi ha chiesto l’archiviazione del caso, la famiglia non ha mai creduto alla tesi del suicidio e per questo aveva già avanzato diverse richieste per disporre l’autopsia, sempre negata. Poi è arrivata anche la comunicazione di non luogo a procedere da parte della Procura generale di Lecce per l’avocazione delle indagini.

Nell’inchiesta per la morte di Patrizia Nettis era indagato un uomo, che in passato ha avuto una relazione sentimentale con la donna. L’imprenditore era accusato di istigazione al suicidio e atti persecutori. Ce ne occupiamo questa volta con il criminologo Candiano e il medico legale Bacco. Ci sono troppe incongruenze e le indagini appaiono piuttosto sommarie. La famiglia non si arrende, si è opposta alla richiesta di archiviazione del caso e continua ad insistere affinché venga disposta l’autopsia.

Lite violenta in casa, il papà muore dopo aver sbattuto la testa: il figlio si toglie la vita in un lido

Un giovane si è tolto la vita dopo la morte del padre 69enne che tre giorni fa, al termine di un’accesa lite, aveva colpito con un pugno al volto nella loro abitazione di Cisternino (Brindisi): l’anziano era caduto al suolo battendo la testa sul pavimento. L’urto gli aveva provocato un’estesa emorragia cerebrale. Portato al Perrino di Brindisi l’anziano era stato operato, ma le sue condizione erano ritenute gravissime. Ieri il decesso dell’uomo, a distanza di poche ore il figlio è stato trovato impiccato nei pressi di un lido balneare del Brindisino.

Agente penitenziario suicida, ex detenuto accusa i colleghi: “Paolillo disperato era offeso e deriso”

Da tempo seguiamo la vicenda di Umberto Paolillo, l’agente penitenziario morto suicida nel 2021. La mamma Rosanna sta lottando con tutte le sue forze affinché venga fatta luce sui motivi che hanno spinto suo figlio a togliersi la vita con la pistola di ordinanza.

All’indomani della notizia del suicidio, un ex detenuto, Michele Martella, scrisse un commento che lasciò tutti di stucco. In quelle frasi puntava il dito con uno degli appuntati che, stando alla sua testimonianza, avrebbe continuamente preso in giro Paolillo.

Siamo andati a Mesagne dove ci risultava vivesse Michele. Abbiamo trovato sua sorella che ci ha messo in contatto con lui, adesso in un’altra località dove lavora. La telefonata con Michele accende un barlume di speranza in Rosanna perché Michele ci ha raccontato dei continui soprusi che Paolillo era costretto a subire.

“Lo prendevano in giro continuamente. Lo sfottevano perché viveva ancora con i suoi genitori, lo chiamavano gobbetta e gli davano giornaletti porno perché gli dicevano che era ancora vergine. Un giorno mi sono messo io di mezzo dicendo di smetterla. Umberto spesso si confidava con noi. Lo vedevamo sempre triste. Quando abbiamo saputo del suicidio tutti abbiamo pensato che fosse arrivato al limite e che il gesto fosse collegato a ciò che subiva. Quel carcere è uno schifo”.