Un tesoro archeologico in una botola, scoperta dei Carabinieri nel Foggiano: sequestrati 50 reperti. Una denuncia

Cercavano armi e materiale esplodente invece i carabinieri, nel corso di una perquisizione domiciliare effettuata in una casa di campagna, hanno trovato un vero e proprio tesoro archeologico.

È accaduto a Lucera, nel Foggiano. All’interno di una botola posizionata al piano seminterrato, i militari hanno rinvenuto circa cinquanta reperti archeologici, tra cui anfore, vasellame, piatti in ceramica di pregevole fattura, nonché una baionetta e una spada, tutti sottoposti a sequestro non, avendo il proprietario del fabbricato, saputo giustificarne la provenienza.

I militari, con l’ausilio di personale della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio della provincia di Foggia, hanno effettuato ulteriori accertamenti che hanno certificato l’autenticità e l’interesse archeologico della maggior parte dei reperti, denunciando a piede libero il proprietario per ricettazione di beni culturali.

Gli elementi indiziari raccolti – dicono i militari dell’arma – hanno consentito di sostenere l’ipotesi di una derivazione illecita dei manufatti, visto che l’uomo è risultato privo di autorizzazione al possesso.

Scandalo all’Asl Bari, 23mila euro e 17 borse di lusso: il tesoro nascosto dell’impiegata Connie Sciannimanico

Concetta Sciannimanico, la 47enne arrestata lo scorso 12 novembre nell’ambito dello scandalo che ha travolto l’Asl di Bari, aveva nell’alloggio di servizio della caserma dei carabinieri dove vive insieme al marito un vero e proprio tesoro. Si trova ancora in carcere e la sua difesa ha presentato ricorso per ottenere la misura cautelare degli arresti domiciliari. A decidere sarà il Riesame.

Connie, così veniva chiamata da tutti, aveva in totale 22.700 euro nell’appartamento così suddivisi come riportato da La Gazzetta del Mezzogiorno: nella cassaforte 143 banconote da 50 euro in un borsello nero, altre 100 in una bustina per mascherine «Ffp2», 84 da 50 euro e 8 da 100 euro in una busta di carta bianca, 7 da 50 euro e 2 da 100 euro in un cofanetto metallico nero. Ma non finisce qui perché nell’ambito delle perquisizioni disposte dalla Procura sono state trovate anche 17 borse di lusso. Tra queste 10 di Louis Vuitton e una borsa Gucci. Tutte dal valore di migliaia di euro, per un totale di 30mila euro. A questo vanno aggiunte anche tre collane di lusso trovate nella cassaforte.

Un po’ troppo per un’impiegata assistente tecnico che guadagna 1300 euro al mese. L’accusa nei suoi confronti è quella di aver fatto parte dell’associazione a delinquere che truccava gli appalti della Asl di Bari, ad incastrarla ci sono anche intercettazioni e video in cui si parla di mazzette e di lavori.

Bari, il maxi tesoro di Vitin l’Enèl resta confiscato: ci sono Rolex, gioielli, borse e appartamenti a Londra

Niente da fare per Vito Martiradonna, l’ex cassiere del clan Capriati detto Vitin l’Enèl. Il tentativo di salvare il tesoretto accumulato in tutti questi anni e di far annullare la confisca dei beni disposta tre anni fa dopo la definizione delle pene patteggiate al termine del processo in cui era coinvolto sulle scommesse abusive non è andato a buon fine. La giudice Rosa Caramia ha confermato la confisca.

Tra i beni sequestrati alla famiglia anche due appartamenti a Londra, Rolex, gioielli, borse di Louis Vuitton, di Chanel, di Hermes e conti correnti vari. Un tesoretto scoperto dai finanzieri del GICO (Gruppi d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata) nell’ambito dell’inchiesta che nel 2018 portò in carcere 22 persone, accusate di aver messo in piedi una vera e propria holding delle scommesse sportive tale da generare un giro d’affari di un miliardo di euro e con ramificazioni a Londra, Malta e Miami. A capo ci sarebbe stato proprio Vitin l’Enèl, appoggiato tra gli altri anche da Tommaso Parisi, figlio del boss di Japigia Savino.

Vito Martiradonna ha patteggiato 2 anni, i figli Michele e Mariano rispettivamente 3 anni e 2 anni e 8 mesi, Tommy Parisi 1 anno e 10 mesi, Giovanni Memola 2 anni e 8 mesi. Con la definizione del patteggiamento, i beni sono finiti nelle mani dello Stato.

Bari, Vitin l’Enèl prova a recuperare il maxi tesoro confiscato: ci sono Rolex e appartamenti a Londra

Vito Martiradonna, l’ex cassiere del clan Capriati detto Vitin l’Enèl, sta cercando di salvare il tesoretto accumulato in tutti questi anni e di far annullare la confisca dei beni disposta tre anni fa dopo la definizione delle pene patteggiate al termine del processo in cui era coinvolto sulle scommesse abusive.

Tra i beni sequestrati alla famiglia anche due appartamenti a Londra, Rolex, gioielli, borse di Louis Vuitton, di Chanel, di Hermes e conti correnti vari. Un tesoretto scoperto dai finanzieri del GICO (Gruppi d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata) nell’ambito dell’inchiesta che nel 2018 portò in carcere 22 persone, accusate di aver messo in piedi una vera e propria holding delle scommesse sportive tale da generare un giro d’affari di un miliardo di euro e con ramificazioni a Londra, Malta e Miami. A capo ci sarebbe stato proprio Vitin l’Enèl, appoggiato tra gli altri anche da Tommaso Parisi, figlio del boss di Japigia Savino.

Vito Martiradonna ha patteggiato 2 anni, i figli Michele e Mariano rispettivamente 3 anni e 2 anni e 8 mesi, Tommy Parisi 1 anno e 10 mesi, Giovanni Memola 2 anni e 8 mesi. Con la definizione del patteggiamento, i beni possono finire ora nelle mani dello Stato e la famiglia Martiradonna ha giocato la carta dell’incidente di esecuzione, ritenendo come il patteggiamento Essendo diventate definitive le pene patteggiate, questi beni stanno ormai per diventare di proprietà dello Stato sia stato applicato in violazione delle norme di legge e che vada annullata la confisca di beni.

Galatina, 2 milioni e 600mila euro nascosti in frigorifero: sequestrato il tesoro del clan Coluccia

I Carabinieri hanno sequestrato a Galatina, in un’abitazione di proprietà di un uomo di 76 anni, oltre due milioni e 600mila euro messi sottovuoto in buste e occultati in due congelatori fuori uso. Gli investigatori ipotizzano che il tesoro sia riconducibile al clan Coluccia, il sodalizio della Scu egemone su Galatina e dintorni.

Il proprietario è infatti parente di esponenti del clan. I soldi erano stati riposti in vari involucri di cellophane sotto vuoto in due borsoni chiusi con due lucchetti e riposti in due congelatori spenti nel vano scala. Per l’uomo è scattata una denuncia per possesso ingiustificato di valori.

Gli investigatori sono al lavoro per verificare la provenienza del denaro. Nei giorni scorsi la Procura distrettuale antimafia di Lecce ha depositato il verbale delle prime dichiarazioni da collaboratore di giustizia di Gerardo Dino Coluccia, 49 anni, legato da vincoli di parentela ai capi storici del clan.