Trani, arresto cardiaco nell’aula del Tribunale: 60enne salvato da Carabiniere

Un carabiniere in tribunale a Trani per testimoniare salva la vita a un uomo colpito da un arresto cardiaco.

Il vicebrigadiere Patrick Zaia, in servizio da poco al comando provinciale dei carabinieri della provincia Barletta-Andria-Trani, è riuscito a salvare un 60enne colto da malore mentre era in un’aula del tribunale.

Ad attirare l’attenzione del militare, un 30enne originario di Pordenone, sono state le urla di un addetto alla sicurezza che chiedeva se ci fosse un medico per aiutare un uomo quasi esanime.

Il carabiniere ha raggiunto il 60enne, gli ha strappato la camicia e ha alternato i massaggi cardiaci alle manovre con un defibrillatore. Il 60enne è così rimasto in vita fino all’arrivo del personale del 118 che lo ha trasportato in ospedale ad Andria: l’uomo è ancora ricoverato ma non è in pericolo di vita-

“La tempestività dell’intervento” e la competenza del militare “nel corretto uso degli elettrodi del defibrillatore, hanno evitato la tragedia nel palazzo di giustizia”, evidenziano i carabinieri in una nota.

Pistola nell’armadietto e precedenti penali, licenziato custode della Multiservizi di Bari. Il giudice: “Legittimo”

Il Tribunale di Bari ha rigettato il ricorso di un custode della Multiservizi di Bari, un 50enne di Palo del Colle, licenziato per “giusta causa” tra maggio e giugno dello scorso anno a ridosso dello scandalo Codice Interno e prima dell’avvio delle verifiche della Prefettura in Comune e nelle aziende municipalizzate.

L’uomo aveva dimenticato di dichiarare i suoi precedenti penali al momento dell’assunzione e la sentenza del Tribunale di Bari, arrivata nei giorni scorsi, stabilisce che è legittimo il licenziamento dei dipendenti delle società comunali che non lo fanno.

Il custode di Palo del Colle aveva a suo carico due condanne (non definitive) e un rinvio a giudizio per detenzione e spaccio di stupefacenti. Nel suo armadietto è stata trovata una pistola.

La Multiservizi ha avviato negli ultimi mesi una “bonifica” interna disponendo diversi licenziamenti, soprattutto di gente ritenuta vicina ai clan mafiosi della città. Per questo non è stata colpita da alcun provvedimento dopo il lavoro della Commissione nominata dal Viminale, ma sarà chiamata solo a tenere informata la Prefettura.

Tribunale di Bari, avviati i lavori di adeguamento per oltre 14 milioni di euro: cantiere aperto dalla Matarrese Spa

Sono iniziati i lavori per l’efficientamento energetico e l’adeguamento antincendio e degli impianti tecnologici del Tribunale di piazza De Nicola a Bari. Le opere per un totale di 14,3 milioni di euro (finanziati in parte dal Pnrr per l’edilizia giudiziaria e in parte dal ministero della Giustizia), sono realizzate dalla Matarrese Spa.

“In questo inizio d’anno la Matarrese Spa, che ha oggi 18 cantieri aperti in totale, ha avviato altri lavori – si legge in una nota del gruppo – per quasi 60 milioni di euro: dal risanamento di reti idriche al potenziamento di ferrovie, fino alla realizzazione o al restyling di edifici pubblici”.

In particolare, l’impresa barese ha avviato gli interventi di riqualificazione di 17 chilometri della rete idrica Aqp di Mola di Bari per un valore di oltre dieci milioni di euro.

In Puglia, infine, sono partiti anche i lavori per la costruzione di case di comunità e strutture socioassistenziali a Taviano, Taurisano e Squinzano mentre, fuori dalla nostra regione, sono stati avviati l’adeguamento sismico di una scuola di Fermo, nelle Marche, la ristrutturazione di complessi ospedalieri in Calabria, a Corigliano, Cosenza e Rogliano e la realizzazione di tre Case di Comunità in provincia di Benevento.

I dati di bilancio 2024 dell’impresa barese, appena approvati dal CdA, “evidenziano un valore della produzione di 28,6 milioni di euro (in crescita del 16%) e dinamiche positive per i principali indici economico-finanziari, tra i quali l’utile lordo di 1,4 milioni di euro e netto di 716mila euro (in crescita del 57% rispetto al 2023 e con proposta di destinarlo interamente a Riserve, confermando la volontà degli azionisti di continuare a patrimonializzare l’impresa), e per l’occupazione”.

Schiaffi, sculacciate, offese e bestemmie ai bimbi dell’asilo: maestra condannata a Lecce

Avrebbe insultato e minacciato i suoi piccoli alunni di età compresa tra i 3 e i 5 anni generando un clima di paura fatto di offese, sculacciate, ceffoni e bestemmie all’indirizzo dei bambini più indisciplinati.

Per questo il Tribunale di Lecce, prima sezione penale, ha condannato alla pena di tre anni di reclusione un insegnante di 60 anni in servizio, all’epoca dei fatti, in una scuola dell’infanzia della provincia di Lecce, con l’accusa di maltrattamenti.

Secondo l’accusa, la donna avrebbe messo in atto “un comportamento improntato a sterile autoritarismo”, determinando cambiamenti nell’umore e nel comportamento dei piccoli. In un’occasione, la donna avrebbe minacciato un bambino di appenderlo al lampadario, in un’altra avrebbe preso una bambina per i capelli per farla ritornare al suo posto. I fatti contestati risalgono al periodo compreso fra dicembre 2014 a febbraio 2015.

A dare il via alle indagini sono stati alcuni genitori la cui denuncia ai carabinieri ha fatto scattare l’installazione di una telecamera nascosta che ha poi confermato i sospetti. La maestra, che non ha mai subito provvedimenti disciplinari e continua a insegnare in un’altra scuola dell’infanzia, ha respinto ogni addebito. Il pm Luigi Mastroniani aveva chiesto una condanna a quattro anni.

Processo Codice Interno, è il giorno di Giacomo Olivieri: l’ex consigliere regionale torna a parlare in aula a Bari

Giacomo Olivieri ha lasciato il carcere di Lanciano ed è tornato a Bari per rispondere in aula alle domande dei pm nell’ambito del processo Codice Interno. L’ex consigliere regionale, a distanza di un anno dall’arresto, avvenuto il 26 febbraio scorso, è accusato di voto di scambio politico-mafioso e concussione.

Oggi sarà interrogato e le previsioni parlano di un esame fiume. Si trova a processo con il rito abbreviato, l’accusa ha chiesto per lui la condanna a 10 anni di reclusione con le accuse di scambio elettorale politico-mafioso ed estorsione.

I pm Marco D’Agostino e Fabio Buquicchio hanno evidenziato “il ruolo di primo piano” giocato da Olivieri nel reperire voti mafiosi in tre diversi clan della città nel 2019 per ottenere l’elezione al Consiglio comunale di Bari della moglie Maria Carmen Lorusso, oltre che la capacità di piegare “tutto e tutti” alle proprie “spregevoli e bieche esigenze di profitto personale”, anche nella vicenda dell’estorsione all’ex presidente della Banca Popolare di Bari.

Altamura, studente 14enne parla con lingua dei segni. Il Tar dà ragione ai genitori: aumentata l’assistenza a scuola

Il Tribunale di Bari ha accolto il ricorso presentato dai genitori di un ragazzo di 14 anni di Altamura, affetto dalla sindrome di Charge, una malattia rara che lo ha reso ipovedente dalla nascita, riconoscendogli un’insegnante Lis per tutta la durata delle lezioni e non solo per una parte.

Il giovane studente, che frequenta il primo anno di un istituto tecnico, sente pochissimo e parla attraverso la lingua dei segni. I suoi genitori si sono rivolti ad un avvocato per ricevere dalla scuola un assistente alla comunicazione per 32 ore e non solo per 18 ore come avveniva inizialmente

“Ci avevano detto che non c’erano abbastanza fondi, ma non ci siamo arresi. Nostro figlio ha diritto allo studio come ogni altro ragazzo della sue età. Per questo non abbiamo mollato e alla fine il Tar ci ha dato ragione”, le parole dei genitori riportate da La Repubblica.

“Una grande vittoria per il diritto all’istruzione”, il commento dell’associazione malattie rare dell’Alta Murgia (Amaram). “Da quando ha iniziato a frequentare la scuola superiore, è stato accolto in modo positivo; sono nella stessa classe cinque amici con cui condiviso il percorso scolastico dalle medie e che avevano imparato la lingua dei segni per comunicare con lui”, ha aggiunto la mamma.

Impiegata dell’Arsenale militare si ammala per l’amianto: Tribunale di Taranto le riconosce la pensione anticipata

Il Tribunale del Lavoro di Taranto ha riconosciuto il diritto a percepire la pensione anticipata e le maggiorazioni contributive a una impiegata tecnica dell’Arsenale militare che aveva lavorato anche a bordo di navi in presenza di amianto, malattia che le aveva provocato – secondo quanto accertato da una consulenza – un carcinoma ovarico.

Il giudice monocratico Miriam Fanelli ha condannato l’Inps a pagare in favore della ricorrente, assistita dall’avv. Fabrizio Del Vecchio, la somma di oltre 58mila euro a titolo di arretrati (dall’1 ottobre del 2018 all’1 luglio 2021, ovvero quando aveva ottenuto la pensione ‘quota 100’), oltre accessori e rivalutazione con le decorrenze di legge.

Sono stati riconosciuti i benefici pensionistici previsti per il periodo 1993-2003, in aggiunta a quelli già riconosciuti dall’Inail per il periodo 1979-1992. “Dalla documentazione in atti – scrive il giudice nella sentenza – si desume che nel periodo successivo al 1992, per cui la ricorrente chiedeva il riconoscimento dell’esposizione”, la stessa “continuava a svolgere le medesime mansioni per cui l’Inail (con sentenza del 10 settembre 2019, ndr) aveva già riconosciuto l’esposizione qualificata ad amianto”.

Sotto tale profilo, “la ricorrente – è detto ancora nella sentenza – risulta aver lavorato come impiegata tecnica nel settore navalmeccanico dal 1984 al 2012 e il curriculum lavorativo della ricorrente non evidenzia alcun mutamento di mansioni”. Vi è inoltre prova del requisito “della natura professionale della malattia – sottolinea il giudice del Lavoro – da cui è affetta la ricorrente, quale conseguenza dell’esposizione protratta ad amianto già dimostrata dalla stessa anche per il periodo 1993-2003”. Le risultanze della consulenza medica “consentono di affermare – si aggiunge – che la neoplasia ovarica diagnosticata alla ricorrente può essere posta in connessione (quantomeno) concausale con l’esposizione ad amianto avvenuta nel corso dell’attività lavorativa espletata dalla stessa dal 1979 al 2013”.

Azioni illiquide, condannata l’ex Banca Popolare di Bari: dovrà risarcire due azioniste per oltre 170mila euro

L’ex Banca popolare di Bari, ora BdM, è stata condannata dal Tribunale di Bari a risarcire due risparmiatrici del Barese per oltre 170mila euro per le azioni illiquide vendute alle due. A renderlo noto l’avvocato Massimo Melpignano, responsabile nazionale Banca e finanza di Konsumer Italia che ha fornito assistenza alle due donne, madre e figlia.

Nella sentenza sono state evidenziate “le gravi responsabilità della banca” e i giudici hanno accolto la domanda di risoluzione degli ordini di acquisto “per grave inadempimento”. Il Tribunale di Bari ha sottolineato il “rischio connaturato alle azioni illiquide della Banca popolare di Bari” e le inadempienze dell’istituto di credito che avrebbe prospettato alle risparmiatrici “il rischio di perdita parziale, prossima alla metà, e non per intero” del capitale. Da qui “la conseguente valutazione d’inadeguatezza degli investimenti in relazione ai comprovati obiettivi” spiegati alle due.

“Viene scritta un’altra pagina favorevole ai risparmiatori nella dolorosa vicenda delle azioni illiquide, in particolare di quelle della ex Banca Popolare di Bari – dichiara Melpignano – Le centinaia di sentenza favorevoli ai diritti di risparmiatori non fanno onore alle banche, colpevoli di aver venduto le azioni illiquide emesse da esse stesse e inidonee alle esigenze dei consumatori”.

“Non ci fermiamo mai e non siamo accomodanti con nessuno, dichiara Premuti. Pronti al dialogo e al confronto, ma irremovibili sulla tutela dei consumatori”, conclude Fabrizio Premuti, presidente di Konsumer Italia.