Arriva a pesare 312 chili, 35enne in cura a Bari scopre tumore alla tiroide: dopo un anno ridotto lo stomaco

“Il rapporto con il cibo era tutto per me, un’esperienza sensoriale, una poesia” racconta Renato Maturo, 35 anni. Cresciuto a Napoli, con una cultura culinaria ricca e irresistibile, il cibo è stato una costante nella sua vita. Ma con il tempo, il peso ha iniziato a limitarlo nelle attività quotidiane: “Non riuscivo più a camminare con i miei figli, a giocare con loro, persino a fare la spesa. Mi trovavo costretto a rimanere in macchina, aspettando che qualcun altro facesse ciò che io non potevo più fare”. Una situazione che lo ha portato a una profonda sofferenza emotiva e alla consapevolezza di dover trovare una soluzione.

Dopo i tentativi falliti con diete alimentari restrittive e il rifiuto di diversi medici ad operare, la svolta è arrivata con il dott. Braun e l’équipe dell’Obesity Center GVM di Santa Maria Hospital di Bari, struttura di GVM Care & Research accreditata con il SSN.

“Durante gli esami preoperatori è emersa una diagnosi inaspettata, ovvero un tumore alla tiroide – spiega il dott. Antonio Braun, responsabile dell’Obesity Center GVM e Specialista in Chirurgia Generale e Bariatrica –. La patologia, silente fino a quel momento, è stata identificata grazie agli approfonditi controlli eseguiti nell’Obesity Center, sottolineando ancora una volta l’importanza di un approccio multidisciplinare e di una valutazione accurata dei pazienti con obesità grave. La neoplasia è stata trattata tempestivamente con un intervento chirurgico di asportazione della tiroide, consentendo al paziente di guarire completamente prima di procedere, a circa un anno di distanza, con la chirurgia bariatrica”.

Renato, che nel frattempo aveva perso qualche chilo scendendo a 295 kg, è stato sottoposto a un intervento di sleeve gastrectomy che ha comportato la riduzione dello stomaco del 70-80%. La procedura è stata eseguita con successo con soli tre accessi laparoscopici in circa 40 minuti e, dopo appena due ore dall’intervento, era già in piedi per muovere i primi passi.

“Questo caso ha evidenziato l’importanza di un centro dedicato alla chirurgia dell’obesità dove pazienti con condizioni complesse possono essere trattati con un approccio multidisciplinare – commenta il dott. Braun –. L’obesità grave è una patologia che richiede un trattamento altamente specializzato, che solo strutture dedicate possono garantire. In un Obesity Center, il paziente viene seguito da un team di esperti che include chirurghi bariatrici, nutrizionisti, endocrinologi, cardiologi, psicologi e fisioterapisti, in grado di affrontare ogni aspetto della sua salute e del suo recupero. L’Obesity Center di Santa Maria Hospital nasce proprio con questa missione: fornire un percorso accurato e personalizzato per ogni paziente, aumentando le probabilità di successo, abbassando i tassi di recidiva, e migliorando la qualità della vita a lungo termine”.

Il paziente è stato dimesso dall’ospedale e ora segue un percorso di recupero con il supporto di nutrizionisti, endocrinologi e psicologi, fondamentali per un cambiamento di vita duraturo. “Dopo l’intervento, la fame non è più la stessa, il rapporto con il cibo cambia. Ma ciò che conta è il supporto continuo, il follow-up è essenziale per il successo a lungo termine – conclude Renato –. A chi si trova nella mia stessa situazione dico: non aspettate! Non lasciate che il peso vi rubi la vita. Questo intervento mi ha ridato la speranza, mi ha restituito la libertà di muovermi, di stare con la mia famiglia, di vivere davvero. Un ringraziamento speciale va all’équipe del dott. Braun, ai medici, agli infermieri, agli operatori socio-sanitari e a mia moglie, che mi ha supportato finora e che continuerà a starmi accanto in questo percorso”.

Bari, chirurgia epatica estrema al Policlinico: rimosso tumore al fegato di 5 chili a paziente 60enne

Chirurgia epatica estrema al Policlinico di Bari per l’asportazione di un tumore di quasi 5 kg e 30 cm di diametro, che occupava più della metà dell’addome in un paziente di 60 anni. Un caso di estrema complessità, giunto in urgenza con un’emorragia epatica in atto, che ha richiesto il coinvolgimento di equipe multidisciplinari per salvare la vita del paziente.

L’uomo è arrivato con un’anemizzazione severa da tumore epatico gigante e sanguinante ed è stato preso in carico dalla chirurgia generale universitaria “V. Bonomo” del Policlinico di Bari, diretta dal Prof. Mario Testini, di turno per le urgenze per il trattamento del caso.

Prima è stato necessario sottoporre il paziente a un trattamento di angioembolizzazione arteriosa per ottenere l’immediato arresto dell’emorragia, l’intervento è stato eseguito dal dott. Mauro D’Addato, dell’equipe dei radiologi interventisti, diretta dal prof. Antonio Stabile Ianora.

Nei giorni successivi, il paziente ha affrontato un’insufficienza renale acuta, trattata con emodialisi e terapia medica, dall’equipe dell’unità operativa di nefrologia diretta dal prof. Loreto Gesualdo, fino al graduale recupero della funzionalità renale, normalizzatasi dopo circa due settimane.

Una volta stabilizzato è stato possibile eseguire l’epatectomia sinistra allargata, intervento chirurgico eseguito dall’equipe del prof. Testini, primo operatore il dottor Panzera con la dott.ssa Arianna Pontrelli, per asportare la grossa massa tumorale e parte del fegato.

Attualmente, l’uomo è stato preso in carico dal prof. Marco Tucci, dell’equipe di oncologia medica diretta dal prof. Camillo Porta, per il proseguimento delle cure oncologiche.

“Venga si può operare”, ma l’ex operaio Ilva è morto da un anno. Caos liste d’attesa in Puglia: aperta inchiesta

La vedova di un ammalato di tumore al duodeno, ex operaio dell’Ilva di Taranto morto a 45 anni nel 2024, ha ricevuto una telefonata nei giorni scorsi nella quale i sanitari la avvisavano che c’era la possibilità di operare il marito, in lista d’attesa per un intervento da circa due anni.

La donna ha pensato subito ad uno scherzo. “Ma quale intervento?”, ha chiesto. E dall’ospedale le hanno risposto: “Quello per il signor Antonio. Avete risolto?”. “Sì, certo. Mio marito è morto nel 2024”, ha replicato Cristina che ha raccontato la storia a Taranto Today.

La Asl di Taranto, dopo aver sentito la donna, spiega che “la convocazione a un anno di distanza” dal decesso per l’intervento “non è stata effettuata da Asl Taranto, ma da altra azienda sanitaria dove (Antonio, ndr) era stato preso in carico prima della Ematologia del Moscati di Taranto”. Quindi, declina ogni responsabilità.

La vedova accusa anche che il marito, prima di rivolgersi alle strutture sanitarie pubbliche, era stato curato dal medico di base con i fermenti lattici per lenire i forti dolori addominali. Da quel momento comincia la loro odissea.

Nel marzo del 2023 il paziente fa un’ecografia addominale, poi una Tac, poi si rivolge ad un ematologo che conferma che si tratta di un linfoma. Il medico spiega che bisogna eseguire una biopsia, quindi serve un radiologo interventista.

A quel punto la coppia – che ha già speso circa 2000 euro per le visite e gli accertamenti specialistici – raggiunge un medico a Taranto (“l’unico che non ci ha chiesto soldi”) che dice che avrebbe ricoverato l’uomo.

Antonio viene ricoverato al Santissima Annunziata e sottoposto a un intervento chirurgico per una biopsia. Dopo due mesi arriva la diagnosi di linfoma non Hodgkin a cellule T. Antonio comincia la chemioterapia, ma dopo un anno muore. L’intervento è ancora lontano.

Ha una ferita infetta ma rifiuta le cure: 86enne allettata è in pericolo di vita

Ci troviamo a Poggiofranco per parlarvi della storia di Maria, nome di fantasia, un’ex insegnante di 86 anni allettata che rischia la vita e che rifiuta ogni tipo di aiuto. Ha un tumore che non vuole curare, oltre una ferita aperta e infetta. Non mangia da giorni. Picchia e manda a quel paese chi prova ad aiutarla. Le immagini che vi proponiamo sono davvero forti. 

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Tumore non le permette di mangiare e respirare, intervento di 6 ore: bimba salvata dai medici sull’asse Napoli-Bari

Non riusciva più a respirare e a mangiare la piccola paziente di un anno di vita affetta da un ampio tumore retrofaringeo salvata al Santobono a Napoli grazie a un intervento chirurgico. La bimba aveva una massa che ostruiva sia le vie aeree che l’apparato digerente e si estendeva dalla base cranio fino al collo, con aderenze alle tonsille, alle carotidi, ai nervi linguale e ipoglosso.

Sono intervenute l’equipe della Chirurgia plastica del Santobono e l’equipe della Chirurgia Maxillo-facciale del Policlinico di Bari. La piccola, nello scorso mese di ottobre, aveva iniziato a manifestare problemi respiratori come russamento e ostruzione, inizialmente attribuiti a un ingrossamento delle adenoidi.

Una situazione che, tuttavia, era andata rapidamente aggravandosi con un sensibile peggioramento delle problematiche respiratorie accompagnate da difficoltà nel deglutire e un significativo calo di peso. Campanelli di allarme che avevano richiesto ulteriori accertamenti al termine dei quali è arrivata la diagnosi: neoplasia retrofaringea.

La bimba, presa in carico all’ospedale Pausilipon era stata inizialmente trattata con chemioterapia, ma ad un successivo controllo era stato evidenziato un ulteriore ingrossamento della massa, tanto da richiedere una tracheostomia e una gastrostomia salva vita. L’unica via da percorrere era quella chirurgica. Un intervento delicatissimo, sia per la posizione del tumore che per l’estensione, effettuato dalla equipe della UOSD Chirurgia Plastica, diretta dal dr. Marcello Zamparelli, con l’equipe della Chirurgia Maxillo-facciale del Policlinico di Bari, guidata dalla professoressa Chiara Copelli, esperta in chirurgia oncologica e ricostruttiva.

“È stato necessario entrare chirurgicamente dalla mandibola che è stata prima aperta a libro e, successivamente, ricostruita con placche e viti. Un intervento che è perfettamente riuscito e ha permesso la completa rimozione del tumore senza complicanze e, soprattutto, senza che la piccola perdesse la funzionalità della mandibola stessa e degli organi coinvolti” spiega il dr. Zamparelli.

“L’asportazione della lesione è stata resa particolarmente delicata dalle dimensioni del tumore (8 cm di diametro), dalla giovanissima età della bimba, dalla sede e dagli stretti rapporti con strutture vitali (l’arteria carotide interna e la vena giugulare interna: i grossi vasi che portano e drenano sangue per e dal cervello) e con i nervi deputati al funzionamento degli organi della bocca. L’intervento, che è durato circa 6 ore, si è svolto senza complicazioni”, aggiunge Chiara Copelli. Regolare il decorso post operatorio. È stato iniziato, senza complicanze, il progressivo svezzamento dalla tracheostomia, mentre continua un percorso di alimentazione dalla gastrostomia per il recupero del peso.

“Un caso delicatissimo affrontato con elevata professionalità in tutte le fasi, dalla diagnosi all’intervento. Importante la collaborazione con la Chirurgia Maxillo-facciale del Policlinico di Bari, una sinergia che prosegue con successo e che ci permette di offrire approcci innovativi, con importanti benefici sia per il recupero post operatorio che per il miglioramento della qualità di vita dei nostri piccoli pazienti”, è il commento di Rodolfo Conenna, direttore generale dell’Aorn Santobono-Pausilipon.

“Già in passato abbiamo collaborato per casi clinici complessi con l’ospedale Santobono Pausilipon, l’equipe della Chirurgia Maxillo-Facciale del Policlinico di Bari è specializzata in interventi di chirurgia oncologica e ricostruttiva in pazienti adulti e pediatrici e come direzione abbiamo fornito tutto il supporto per una rapida e tempestiva organizzazione dell’intervento per ridare speranza alla piccola paziente”, conclude il direttore generale del Policlinico di Bari, Antonio Sanguedolce.

Cibo e cultura, il pane non si butta. Fippa: “Ogni giorno una fetta con l’olio contro il tumore”

Rilanciare il valore del pane, il re della tavola, e trovare manovalanza per i panifici. Questa è la doppia missione di Fippa, la Federazione Italiana Panificatori E Affini nata nel 1946 a tutela della categoria. Ogni giorno lotta per difendere i diritti dei panificatori, anche durante gli eventi per far conoscere la categoria e il valore del pane fresco.

“Ogni giorno una fetta fresca con l’olio previene cancro e tumore”, la scoperta recente di alcuni ricercatori. La tecnologia e l’attrezzattura permettono anche una produzione innovativa e meno faticosa rispetto a un tempo.

Bari, grosso tumore maligno al torace: 57enne operato e salvato al Mater Dei Hospital

Un uomo di 57 anni affetto da un voluminoso tumore maligno della parete toracica infiltrante il polmone destro è stato operato a Bari, dall’ equipe dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Toracica del Mater Dei Hospital, diretta dal dott. Rocco Leggieri.

Il paziente da alcuni mesi notava un progressivo peggioramento delle sue condizioni respiratorie (affanno ai minimi sforzi, gonfiore e dolore al fianco destro). Si sottopone ad accertamenti e indagini radiologiche che rivelano la presenza di una massa tumorale della gabbia toracica infiltrante il polmone destro sottostante, e dalla biopsia la conferma della diagnosi di sarcoma invasivo, tra i peggiori tumori maligni del torace.

Dopo aver consultato diversi oncologi e chirurghi in giro per l’ Italia, e iniziato un trattamento chemio-radioterapico senza ottenere il miglioramento sperato, il paziente approda a Bari per consultare il dott. Leggieri il quale, dopo attenta valutazione collegiale in un team multidisciplinare costituito da oncologi, radiologi, pneumologi, anestesisti-rianimatori e cardiologi, ha proposto l’intervento chirurgico.

Trani, 16enne lotta contro il tumore. Papa Francesco lo videochiama e incoraggia: “Non mollare”

“Una luce che si accende nei momenti di buio, un segno di speranza per ognuno di noi”. Don Enzo de Ceglie, sacerdote della parrocchia dedicata ai Santi Angeli custodi di Trani è ancora emozionato quando ripensa a quando accaduto ieri a uno dei suoi parrocchiani più affezionati. Saverio, studente di 16 anni che da poco più di due mesi convive con una diagnosi oncologica, ha ricevuto una videochiamata da Papa Francesco che lo ha incoraggiato ad affrontare la malattia. E se a renderlo noto è stata la mamma Valentina attraverso un post pubblicato sui social, a renderlo possibile sono stati don Enzo e don Dino Cimadomo che lo scorso 24 dicembre hanno inviato una lettera al Santo Padre.

“È stata una nostra iniziativa, una piccola follia perché Saverio parte di questa comunità parrocchiale – racconta – da quando è ricoverato Policlinico di Bari ognuno di noi fa tutto ciò che può per stargli vicino: gli amici, i compagni di scuola, noi della parrocchia. Anche il nostro vescovo (mons. Leonardo D’Ascenzo, arcivescovo di Trani- Barletta – Bisceglie, ndr), ha voluto incontrarlo in ospedale. Per questo abbiamo deciso di raccontare la sua situazione al Pontefice inviandogli una lettera. Non ci aspettavamo che mostrasse la sua vicinanza così e in così breve tempo”. Bergoglio ha infatti videochiamato il 16enne e la sua mamma promettendo le sue preghiere e spingendo Saverio a non mollare. “Valentina era emozionata e quando ha squillato il telefono non voleva rispondere perché il numero era sconosciuto. C’è stato qualche istante di schermo nero e poi il volto sorridente di Papa Francesco”, prosegue don Enzo riferendo che “il Papa ha detto che richiamerà per avere aggiornamenti sulle condizioni di salute di Saverio che vuole incontrare”.

“La nostra è stata una pazzia – conclude don Enzo – e la risposta del Pontefice ci ha sorpreso. È un incoraggiamento per tanti ragazzi e bambini che vivono situazioni analoghe a quella di Saverio che sono davvero difficili”.

Bari, a 6 anni si sottopone a tutte le sedute di radioterapie contro il tumore: come premio un giro in Lamborghini

Una promessa è una promessa. Andrea è un paziente di 6 anni dell’oncoematologia pediatrica del Policlinico di Bari che per il trattamento del suo tumore deve sottoporsi periodicamente alle sedute di radioterapia. Per il corretto posizionamento dei pazienti, fondamentale per garantire la massima accuratezza nell’esecuzione della terapia nelle diverse sedute, vengono utilizzate delle maschere termoplastiche di immobilizzazione.

Immaginate come per i più piccoli comunque non sia facile stare fermi per tutta la durata del trattamento, in cui l’acceleratore lineare irradia millimetricamente le cellule tumorali pur non causando dolore al paziente. E allora i radiologi dell’unità operativa diretta dal dottor Michele Piombino, hanno promesso ad Andrea che se si fosse sottoposto con pazienza a tutte le sedute, avrebbero realizzato il suo desiderio: fare un giro in Lamborghini.

Così prima dell’ultima seduta di radioterapia Andrea ha trovato sotto il padiglione del reparto di oncoematologia, diretto dal dottor Nicola Santoro, una spettacolare Lamborghini Huracán ad accoglierlo. Ed è stato un momento di grande gioia per tutti. L’auto da sogno è stata messa a disposizione da un privato che vuole restare anonimo ma che non si è tirato indietro alla richiesta arrivata grazie al coinvolgimento dell’associazione Apleti, nata quant’anni fa proprio dalla volontà di genitori di bambini oncologici di sostenere i bambini e le famiglie nel difficile percorso di cura del tumore, oggi è presieduta da Gaetano Ciavarella.